Non esiste un problema dell'analfabetismo scientifico distinto da un problema più generale legato alla qualità delle nostre scuole: riqualificare il sistema educativo rappresenta la risposta più piena e meno ipocrita alla minore preparazione degli studenti italiani rispetto a quelli stranieri nelle materie scientifiche. Un problema, peraltro, che tutti i dati (per esempio i test Pisa dell'Ocse) suggeriscono essere particolarmente acuto nelle regioni del Sud, che non è un caso siano caratterizzate da tassi di crescita inferiori a quelli delle regioni centro-settentrionali. Sicuramente ci sono tante misure interessanti per fare della cultura scientifica un mezzo per il progresso del paese e un valore aggiunto anche a livello lavorativo, invece che un costoso peso. Ad esempio incentivare festival scientifici, competizioni tra studenti delle scuole medie e superiori, convegni tematici aperti al pubblico, riviste e programmi televisivi di divulgazione che parlino di scienza in modo chiaro, semplice, ma corretto e non nel modo assolutamente sensazionalista che ci siamo abituati a vedere. Questi interventi possono avere notevole efficacia specie se, a fronte di un miglioramento del rapporto tra cittadini e scienza, si riesce a far corrispondere una valorizzazione delle professioni relative e un accresciuto spirito di investimento in tali attività. Nonostante questo, l'istruzione a livello scolastico è e rimane il primo punto da affrontare. Mettere a posto la scuola significa cambiare paradigma: passare da una scuola costruita attorno agli insegnanti a una scuola costruita attorno agli studenti. Questo non significa sviluppare una scuola a spese dell'insegnante, ma nemmeno considerarlo strumento di ammortizzazione sociale: anzi, valutare la performance degli insegnanti in modo continuativo e rigoroso è il modo migliore per riconoscerne il valore, incoraggiando, con riconoscimenti e retribuzione, chi già lavora bene e obbligando a cambiare marcia chi, invece, si è abituato a non farlo. Oltre ai vari strumenti, già proposti per quanto concerne l'università, occorre garantire la massima autonomia alle singole scuole, inclusa la libertà di scegliere quali insegnanti assumere e quanto e come retribuirli, sia pure all'interno di linee guida nazionali. Andrebbero inoltre seriamente rivalutati gli istituti professionali, un tempo lustro italiano, e la stesura dei programmi stessi: in particolare vanno ripensate le metodologie per l'insegnamento delle scienze affinché venga stimolata l'indagine (Inquiry based science education) e i bambini vengano abituati fin dalla scuola primaria a procedere per tentativi per giungere a un risultato, ed apprendere che lo studio delle discipline scientifiche è basato sia sulla creatività del processo conoscitivo sia sull'interpretazione oggettiva dei dati ottenuti.
Se invece le scuole, per mancanza di competizione tra loro, non cessano di fornire posizioni di rendita a quegli insegnanti che, mediamente, lavorano poche ore (disincentivando lo sforzo di chi, pur lavorando bene, guadagna meno), allora continueremo a perdere l'opportunità di educare in modo appropriato i nostri ragazzi. E, con essa, quella di formare cittadini consapevoli e portati all'approfondimento critico.
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