L'efficienza energetica deve connotare l'Italia perché è l'opzione economicamente più efficace verso la green economy. Al riguardo il primo intervento da fare è dare stabilità normativa alla detrazione fiscale del 55% che, sebbene abbia conseguito ottimi risultati, è stato mantenuto in una logica di precarietà; occorre poi rafforzare sia il meccanismo dei certificati bianchi per il settore industriale sia il cosiddetto "Conto Termico" con particolare focus sugli edifici pubblici. Anche sulle fonti rinnovabili si può andare ben oltre gli obiettivi europei ma superando la logica dell'incentivazione da scaricare sulle bollette dei consumatori. Almeno in parte l'onere va progressivamente trasferito sulla fiscalità generale sia per questioni di equità contributiva sia per non compromettere la competitività delle imprese. D'altra parte per lo sviluppo di alcune fonti sono ormai più efficaci strumenti diversi, come ad esempio lo sviluppo di smart grids che valorizzino la produzione discontinua attraverso la telegestione, su cui l'Italia è leader, e sistemi di accumulo, quali i pompaggi e le batterie. Per il fotovoltaico può essere ampliato lo scambio sul posto riservando gli incentivi solo agli impianti di particolare valenza tecnologica o ambientale, come la sostituzione dell'amianto. Per le altre rinnovabili elettriche bisogna cambiare il sistema di registri e di aste prevedendo un'automatica riduzione dell'incentivo in caso di eccesso di richieste. Va poi irrobustito l'impegno per le rinnovabili termiche e l'attenzione alla ricerca e alla promozione industriale. Infine sui biocarburanti vanno sostenute le tecnologie italiane per il bioetanolo di II e III generazione e soprattutto va promosso l'utilizzo, attraverso la rete di distribuzione del gas, del biometano da allevamenti, imprese alimentari e discariche, di cui abbiamo una larga disponibilità; ciò va collegato ad un progetto con l'industria italiana dell'auto, che possiede già la leadership europea dei veicoli a metano.
Tuttavia la politica energetica non è solo efficienza e ambiente. L'energia nel mondo è in una fase di straordinaria evoluzione: le nuove tecnologie di estrazione di gas e di petrolio consentono agli USA di puntare all'autosufficienza energetica con eventuali riflessi sulla politica estera USA rispetto ad alcune aree come il medio Oriente, il Caspio e l'Africa. Sul piano economico, l'Europa si trova stretta tra il Nord America, dove i prezzi sia del petrolio e soprattutto del metano sono molto inferiori, e l'Asia che continua a trarre convenienza dal massiccio uso di carbone; tale situazione perdurerà perché tali tecnologie, ad elevato impatto ambientale, non potranno essere utilizzate nei Paesi europei più fragili e antropizzati come ad esempio l'Italia. Occorre dunque una strategia per fronteggiare tale problema e su questo la bozza di SEN (strategia energetica nazionale) del governo, cui pure va riconosciuto di aver riproposto il tema, non è del tutto convincente.
La prima direttrice di intervento è quella di contrastare la segmentazione dei mercati, ovvero le artificiali differenze di prezzo con i mercati esteri; la ricetta è un giusto mix di liberalizzazioni e di nuove infrastrutture che elimini i colli di bottiglia fisici e normativi e quindi le rendite degli operatori. Il sistema del gas è il più bisognoso di interventi: oltre al livello elevato dei prezzi, il Paese convive con le incertezze connesse con le crisi dei Paesi del Nord Africa e con le dispute tra Russia e Ucraina. Grazie anche alla separazione della rete di trasporto del gas è oggi possibile creare un mercato a termine all'ingrosso regolato e promuovere nuove infrastrutture di importazione e di stoccaggio. Il calo della domanda e i contratti di lungo termine indicizzati ai prodotti petroliferi non devono costituire un alibi per rinviare queste iniziative. Intervenire sul sistema del gas è la via maestra anche per risolvere il problema del costo dell'energia elettrica e quindi del sovradimensionamento del parco termoelettrico che potrebbe avere più opportunità di esportazione. Tuttavia nel settore elettrico occorre anche accelerare la realizzazione delle linee di trasmissione sia per ridurre gli oneri di congestione sia per incrementare gli scambi con l'Europa e con i Paesi del Mediterraneo.
Anche nel settore petrolifero occorre un'iniezione di concorrenza: l'ingresso sul mercato delle cosiddette "pompe bianche", ha dimostrato la fattibilità di una significativa riduzione dei prezzi. A tal fine bisogna dare trasparenza alla formazione dei prezzi all'ingrosso, attraverso una Borsa dei carburanti, e superare l'esclusiva a cui sono obbligati i gestori, consentendo loro di rifornirsi liberamente sul mercato garantendo le giuste compensazioni ai proprietari degli impianti. Occorre poi affrontare la crisi della raffinazione; la soluzione non è la chiusura degli impianti ma l'uso di nuove tecnologie, anche italiane, per produrre carburanti più puliti che contribuiscano a ridurre le polveri sottili che sono il problema della qualità dell'aria nelle città.
Sull'upstream il principio che deve guidare le scelte del Paese è l'ambiente e non il petrolio; detto ciò non bisogna nemmeno inseguire i fantasmi e quindi, ad esempio, in mare è necessario distinguere l'estrazione di petrolio da quella del gas, che non può inquinare le acque. Infine, affinché la politica energetica possa essere attuata, è necessario riformare la governance del sistema: non deve più esistere un'amministrazione per lo sviluppo e un'altra per l'ambiente; serve un unico soggetto decisionale per lo sviluppo sostenibile, che componga le esigenze e gli eventuali conflitti. In secondo luogo occorrono norme che, senza escludere dalle decisioni gli enti locali, consentano di distinguere con grande nettezza, a livello centrale e locale, le decisioni politiche dalle procedure autorizzative. L'Italia è un Paese logorato dall'incertezza, dall'inefficienza e dall'opacità delle procedure; la fiducia nell'amministrazione deve tornare ad essere, insieme alle aspirazioni e le capacità di intrapresa, il fondamento dello sviluppo.
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