Siamo tristemente abituati a guardare l'Italia attraverso il concetto di emergenza e attraverso gli eventi distruttivi che feriscono periodicamente il nostro territorio, generando vittime e danni enormi. È stato calcolato dal Servizio Studi della Camera dei Deputati un costo di 135 miliardi di euro, a valori attuali, degli ultimi cinque terremoti prima di quello abruzzese. Bisogna decidere di spendere i soldi prima delle tragedie, non provare a farlo dopo, sempre in una situazione di emergenza.
A questo proposito, la prima "Grande Opera" di cui l'Italia ha urgente bisogno è la messa in sicurezza dell'intero territorio. Gli investimenti nella manutenzione del territorio, nella prevenzione dal rischio idrogeologico e sismico nel consolidamento del patrimonio edilizio storico pubblico e privato rappresentano una fondamentale azione di governo oltre che una salutare spinta verso misure di sviluppo che tengono insieme competenze scientifiche, professionalità, esperienze delle imprese di ogni dimensione, occupazione, ruolo efficiente delle pubbliche amministrazioni. Programmare la prevenzione, occuparci delle misure di adattamento ai cambiamenti climatici, organizzare e valorizzare strumenti di previsione e monitoraggio, rigenerare e mettere in sicurezza il patrimonio edilizio esistente sono priorità vere del nostro programma.
Particolarmente gravi sono stati i provvedimenti di condono edilizio e di deroga alla normativa urbanistica varati da Berlusconi e dai governi di destra. Per non dire del rischio sismico: negli ultimi 100 anni dei circa 150 terremoti, 40 sono stati classificati come gravissimi, 1600 i comuni colpiti e 250.000 i morti. La recente normativa ha riclassificato tutto il territorio nazionale e ha comportato la necessità di analizzare regione per regione la qualità del patrimonio edilizio esistente, la sicurezza delle strutture ed infrastrutture pubbliche e quindi la necessità di costruire piani conseguenti per l'adeguamento ai parametri di riduzione del rischio. Nel nostro Paese le risorse impegnate fin qui per la difesa del suolo sono poche e mal impiegate: si stima ad esempio che negli ultimi 20 anni i finanziamenti destinati complessivamente alla legge 183/89 (la prima legge organica sulla difesa del suolo) ammontino a poco più di 2 miliardi di euro. Un recente studio dell'Ordine dei Geologi rileva invece che dal dopoguerra a oggi il nostro Paese ha speso 213 miliardi di euro per arginare le mille emergenze che si sono verificate. Il vero problema è che destiniamo la gran parte delle risorse ad affrontare l'emergenza, anziché su una grande opera di prevenzione e messa in sicurezza del territorio. L'utilizzo per l'emergenza delle scarse risorse destinate alla prevenzione è divenuta la regola e l'efficienza del sistema nelle politiche di prevenzione si è molto ridotta, favorendo gli abusi di potere e i fenomeni di corruzione.
Una nuova politica per la messa in sicurezza del territorio a nostro avviso deve valorizzare il lavoro di conoscenza e rilevazione delle priorità messo a frutto da Regioni, Autorità di bacino, Consorzi di bonifica ed enti locali con la collaborazione della Comunità scientifica e delle professioni; coordinare più efficacemente e semplificare gli strumenti esistenti e allo stesso tempo contrastare ogni iniziativa di indebolimento della pianificazione territoriale e di deroga o condono edilizio; dare corso ad un fondo nazionale pluriennale per la difesa del suolo, dotandolo di adeguate e certe risorse. Serve inoltre introdurre meccanismi più trasparenti di assegnazione e gestione delle risorse pubbliche per evitare le infiltrazioni della criminalità organizzata; definire tempi più ridotti per la progettazione degli interventi e per la loro realizzazione, inserendo penalizzazioni a carico dei responsabili dei ritardi; organizzare per le responsabilità governative il definitivo adeguamento alle direttive comunitarie; concorrere alla realizzazione dei piani di messa in sicurezza anche attraverso il coinvolgimento di capitali privati attraverso lo strumento della leva fiscale; ampliare le utilissime misure e gli incentivi del governo Prodi sull'efficientamento energetico del patrimonio edilizio esistente (55%), anche alla messa in sicurezza sismica dei fabbricati privati. L'effetto anticiclico di quelle norme è stato negli ultimi anni l'unico serio rimedio alla crisi del comparto. Dobbiamo sostenere un programma straordinario di manutenzione del territorio e dei corsi d'acqua con piccole e medie opere cantierabili con tempi ridotti da parte delle autonomie locali, privilegiando le forme associate, attraverso deroghe al patto di stabilità interno.
Per quanto riguarda il settore dell'edilizia i dati ANCE di inizio 2013 sono molto allarmanti tra congiuntura, restrizione del credito e ritardo dei pagamenti della PA: i dati sui fallimenti di impresa che nei primi nove mesi del 2012 hanno raggiunto la cifra record di 9500 (+25,3% rispetto al 2009). L'edilizia, settore che prima della crisi impiegava circa 3 milioni di lavoratori, ha un ruolo centrale nelle prospettive di ripresa del Paese, e potrà trovarlo proprio in coerenza con l'attenzione ambientale, senza consumare il territorio e puntando sulla riqualificazione del costruito, sul potenziamento dell'efficienza energetica e su un'attenzione capillare per gli interventi antisismici. Proprio l'aumentare della crisi sta favorendo l'estensione della criminalità organizzata, al nord come al sud, in questo settore nevralgico dell'economia reale italiana. La migliore prevenzione contro le infiltrazioni mafiose nel settore delle costruzioni è la semplificazione delle procedure di aggiudicazione degli appalti (rendendo così anche più efficaci i controlli) elevando i requisiti di qualità dei partecipanti e la possibilità di verifiche puntuali dei cantieri e delle strutture per verificare che non ci siano presenze diverse da quelle delle ditte che si sono aggiudicate le gare. Questo vale sia nel settore delle costruzioni che nel settore dello smaltimento rifiuti. Nei rifiuti è decisivo abbattere la quantità di spazzatura da stoccare nelle discariche tramite la raccolta differenziata, perché le mafie sfruttano soprattutto i momenti di emergenza per far valere la loro forza di controllo del territorio ed infiltrarsi. Non bisogna però dimenticare che la maggior parte dei lavori edili in Italia è svolta da privati per privati ed è in quel settore che si annidano la maggior parte delle imprese mafiose che fanno concorrenza sleale alle imprese sane. Per questo è assolutamente decisivo il contrasto all'abusivismo e l'estensione di metodi di tracciabilità dei pagamenti, come già avviene con le ristrutturazioni grazie alla politica degli incentivi fiscali.
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