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Elia

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Inserito il 24/02/2005   Segnala contenuto non adatto   Rispondi Quotando  Nuovo Commento 
I sogni in sintesi

I sogni in sintesi
Una delle principali funzioni dei sogni è quella di farci orientare istantaneamente dopo il risveglio; nel caso dovessimo svegliarci accidentalmente senza un sogno in corso avremmo grossi problemi a spostarci fisicamente nello spazio, a coordinare semplici movimenti, ecc.
Questa è la sintesi di alcuni miei articoli apparsi di recente su alcuni siti internet, tra cui www.bakecafe.altervista.org/pillole_scienza.html, ma non ho citato il caso di una maestra, la quale raccontò di una sera, mentre era impegnata con un’amica a studiare per prepararsi ad un concorso, che si addormentò sui libri, ma improvvisamente sveglia si mise ad urlare terrorizzata perché non capiva cosa facesse quella donna a casa sua. Impiegò del tempo per orientarsi e riconoscere l’amica rimasta sconvolta dall’evento.
Una signora, dopo aver letto i miei articoli, si è rassicurata per un episodio capitato al figlio quindicenne. Una notte sentiva dei rumori, accese le luci e vide il figlio che gironzolava faticosamente nella stanza, ma non era in grado di esprimersi e spiegare cosa stesse facendo. Lei pensò ad un ictus, non sapeva cosa fare; subito intervenne il marito e insieme cercarono di soccorrerlo. Dopo un certo tempo il figlio si riprese completamente e spiegò che aveva accusato quei problemi appena dopo essersi svegliato, inoltre aveva avvertito paralisi ad un braccio.

Elia

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Inserito il 20/02/2005   Segnala contenuto non adatto   Rispondi Quotando  Nuovo Commento 
Sindrome di tourette

Hai mai provato ad usare le tecniche di Programmazione neurolinguistica (PNL)?
Ho utilizzato diverse volte queste metodiche su i più svariati problemi clinici o psicologici e i risultati sono stati rapidi ed eccezionali.
Comunque, non mi sono mai occupato di un problema simile, ma posso dire che molte funzioni comportamentali sono gestite da automatismi inconsci. Ad esempio sbattere le palpebre è un comportamento automatico che non deve essere sostituito da un comportamento volontario. Respirare o camminare sono delle funzioni soprattutto involontarie che se venissero svolte coscientemente causerebbero notevoli problemi, perché la mole d’informazioni da gestire è soverchiante . La nostra coscienza non può elaborare contemporaneamente sette più o meno due pezzi d’informazione, superato questo limite, il cervello accumula confusione e commette errori.
Si potrebbe provare però a comunicare col sintomo e impostare un ‘doppio legame’ chiedendo semplicemente al sintomo se è disposto a comunicare con noi; se il sintomo aumenta vuol dire Si, se diminuisce No. Una volta ottenuta la risposta affermativa, si chiede se sia disposta a eliminare il disturbo, se risponde Si, dici: va bene eliminalo! In caso contrario, il No corrisponde automaticamente alla diminuzione della sintomatologia. Ci sarebbero altre varianti, ma questa è la più facile da eseguire.
Si potrebbe tentare la recita di polarità: mettersi di fronte allo specchio e vedersi esagerare il proprio comportamento problematico, in modo da ribaltare la polarità. Il procedimento è più efficace se la recita è eseguita da una seconda persona.




Elia

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Inserito il 18/02/2005   Segnala contenuto non adatto   Rispondi Quotando  Nuovo Commento 
Neuro-programmazione digitale

La neuro-programmazione digitale è la materia di indagine che sto sviluppando a partire dai modelli terapeutici della programmazione neurolinguistica di Richard Bandler.
Il termine digitale è inteso soprattutto come sistema di codifica delle informazioni provenienti dall’emisfero sinistro del nostro cervello.
In programmazione neurolinguistica, PNL, ogni attività umana è comportamento, dalle semplici espressioni fisiche o di pensiero a quelle più complicate, dalle semplici affezioni alle complesse patologie cliniche.
Sto analizzando diverse metodiche PNL per estrarre l’essenziale in modo da agevolare qualsiasi persona abbia voglia di cimentarsi con queste potenti tecniche di comunicazione. L’obiettivo è di poter fare affidamento su un esiguo numero di procedure, in grado di affrontare qualsiasi problematica terapeutico-comportamentale in un periodo relativamente trascurabile.
Il materiale che sto per presentarvi comincia con esempi di casi clinici risolti, il più delle volte, in modo istantaneo. Nei procedimenti il lettore potrà costatare la semplicità, l’ovvio ed il tempo d’impiego.
L’idea di pubblicare questo lavoro mi venne mentre tenevo un corso dimostrativo di Neuro-programmazione digitale e PNL a Venafro (IS), presso il Centro di guarigione olistica Anam Cara. Allora mi convinsi che il materiale che stavo scrivendo, dispense didattiche per i partecipanti, potesse servire ad un pubblico interessato a modelli innovativi.

Al Centro era possibile partecipare a seminari, corsi e sedute individuali di ‘ VitationR, Pensiero creativo, Biodanza, Feng shui, Firewalking, Yoga, Tai chi chuan, Rebirthing, Sistema corpo-specchio, Kinesiologia, ecc.
Mi avevano invitato perché erano curiosi di sapere com’era possibile, con la PNL, risolvere alcuni problemi clinici o comportamentali in una seduta di breve durata.
Al primo incontro ero un pò teso, avevo di fronte clinici specializzati, esperti in terapie alternative e persone di cultura. Appena mi sentii più rilassato, eliminai in pochi minuti delle fobie a due donne che avevano il problema da più di trent’anni e che avevano provato altri metodi di cura.

Guarigione rapida delle fobie
La dissociazione è particolarmente utile per i ricordi intensamente sgradevoli e per la guarigione rapida delle fobie.
Un conoscente mi chiese se, con la PNL, fosse possibile eliminare la sua fobia del buio che lo costringeva a dormire con la luce accesa. Gli risposi che era possibile in pochi minuti. Facemmo l’esperimento e la cosa riuscì perfettamente.
In quei giorni pensavo a mia figlia di sei anni che da qualche tempo manifestava la stessa fobia e dormiva, tutte le notti, con la testa sotto le coperte.
Una sera, prima che si addormentasse, le raccontai una fiaba dove c’erano tutti gli elementi per la guarigione delle fobie. La notte successiva notai, con soddisfazione di padre, che la sua paura del buio era sparita.
Una donna del gruppo riferisce di avere da oltre trent’anni la fobia dell’acqua: va in piscina ma non riesce ad imparare a nuotare perché, non appena l’acqua le arriva al petto è colta da una forte agitazione e prova un senso di soffocamento e terrore.
Le propongo di provare la cura delle fobie, chiamata anche dissociazione visiva/cenestesica1. Accetta subito l’esperimento perché vorrebbe liberarsi del problema presentatosi all’età di cinque anni… Interrompendola, la informo che non ho bisogno di conoscere la sua storia personale, tanto meno di sapere di che fobia si tratta. Quindi, procediamo: “ Immagina di vedere te stessa proiettata su di uno schermo in un’immagine fissa appena prima di manifestare la reazione fobica (dissociazione), possibilmente in bianco e nero… Adesso trasformi l’immagine fissa in un film e guardati dall’inizio fino al momento immediatamente successivo alla fine dell’esperienza spiacevole… Ora ferma il film ed entra nell’immagine (associazione) in modo da osservare con i tuoi occhi, e a colori, l’ambiente circostante… Fai ripartire il film all’indietro rapidamente, in un paio di secondi. Tutte le cose si muoveranno al contrario, proprio come quando si riavvolge la pellicola di un film…
Adesso pensa alla fobia per sapere se ti da ancora noia”... Risponde di non essere più terrorizzata, ma sente il bisogno di andare in piscina per una conferma.
Nell’incontro successivo uno del gruppo chiede alla donna se abbia fatto la prova in piscina: risponde di sì e afferma di non aver avuto panico nonostante le fosse andata più volte l’acqua in bocca.

Esercitazione
Faccio esercitare i partecipanti sulla dissociazione visiva/ cenestesica. Li divido in gruppi di tre e li invito a provare a turno la tecnica: io stesso faccio parte di un gruppo.
Durante l’esercitazione, una donna attira l’attenzione di tutti per un eccessivo grido d’entusiasmo. Interrompiamo gli esercizi per capire che cosa stia accadendo. Questa dichiara entusiasta e sbalordita, che adesso riesce ad immaginarsi seduta nel vuoto, libera da quella paura che la tormentava fin da bambina, e per 40 anni, perfino nei sogni.
Un altro partecipante dice di aver avuto un evidente sollievo dalla paura dei serpenti che in passato gli aveva causato addirittura delle allucinazioni 2.

Informazioni
Al successivo incontro ho chiesto qualche informazione ad alcuni del gruppo. Alla donna che aveva la fobia dell’acqua ho chiesto come se la cavava in piscina. Ha risposto che va molto bene, che aveva perfino cambiato corsia e stava imparando rapidamente a nuotare.
La partecipante che aveva paura del vuoto ha raccontato la storia della sua fobia. Da bambina si era trovata sul balcone della casa paterna privo d’inferriata, inclinato e con la vista su di uno strapiombo: avrebbe voluto subito rientrare, ma le ante si erano chiuse e dovette restare lì per un certo tempo da sola. Ha continuato parlando del sogno che fece la notte successiva al giorno in cui aveva provato la dissociazione. Si trovava su un balcone senza protezioni, sopra un baratro ed era completamente libera da ogni paura, anzi sembrava divertita. Ad un certo punto la casa crollò e non ebbe alcuna preoccupazione.

Guarigione rapida delle fobie
Un conoscente mi chiese se, con la PNL, fosse possibile eliminare la sua fobia del buio che lo costringeva a dormire con la luce accesa. Gli risposi che era possibile in pochi minuti. Facemmo l’esperimento e la cosa riuscì perfettamente.
In quei giorni pensavo a mia figlia di sei anni che da qualche tempo manifestava la stessa fobia e dormiva, tutte le notti, con la testa sotto le coperte.
Una sera, prima che si addormentasse, le raccontai una fiaba dove c’erano tutti gli elementi per la guarigione delle fobie. La notte successiva notai, con soddisfazione di padre, che la sua paura del buio era sparita.
Una donna del gruppo riferisce di avere da oltre trent’anni la fobia dell’acqua: va in piscina ma non riesce ad imparare a nuotare perché, non appena l’acqua le arriva al petto è colta da una forte agitazione e prova un senso di soffocamento e terrore.
Le propongo di provare la cura delle fobie, chiamata anche dissociazione visiva/cenestesica. Accetta subito l’esperimento perché vorrebbe liberarsi del problema presentatosi all’età di cinque anni… Interrompendola, la informo che non ho bisogno di conoscere la sua storia personale, tanto meno di sapere di che fobia si tratta. Quindi, procediamo: “ Immagina di vedere te stessa proiettata su di uno schermo in un’immagine fissa appena prima di manifestare la reazione fobica (dissociazione), possibilmente in bianco e nero… Adesso trasformi l’immagine fissa in un film e guardati dall’inizio fino al momento immediatamente successivo alla fine dell’esperienza spiacevole… Ora ferma il film ed entra nell’immagine (associazione) in modo da osservare con i tuoi occhi, e a colori, l’ambiente circostante… Fai ripartire il film all’indietro rapidamente, in un paio di secondi. Tutte le cose si muoveranno al contrario, proprio come quando si riavvolge la pellicola di un film…
Adesso pensa alla fobia per sapere se ti da ancora noia”... Risponde di non essere più terrorizzata, ma sente il bisogno di andare in piscina per una conferma.
Nell’incontro successivo uno del gruppo chiede alla donna se abbia fatto la prova in piscina: risponde di sì e afferma di non aver avuto panico nonostante le fosse andata più volte l’acqua in bocca.
Nota un'immagine mentale è associata quando guardiamo la scena con i nostri occhi, ci vediamo le mani, i piedi, la parte anteriore del nostro corpo.
Siamo dissociati all'immagine interna quando vediamo noi stessi e come siamo coinvolti nell'esperienza.
Esercitazione
Faccio esercitare i partecipanti sulla dissociazione visiva/ cenestesica. Li divido in gruppi di tre e li invito a provare a turno la tecnica: io stesso faccio parte di un gruppo.
Durante l’esercitazione, una donna attira l’attenzione di tutti per un eccessivo grido d’entusiasmo. Interrompiamo gli esercizi per capire che cosa stia accadendo. Questa dichiara entusiasta e sbalordita, che adesso riesce ad immaginarsi seduta nel vuoto, libera da quella paura che la tormentava fin da bambina, e per 40 anni, perfino nei sogni.
Un altro partecipante dice di aver avuto un evidente sollievo dalla paura dei serpenti che in passato gli aveva causato addirittura delle allucinazioni.

Informazioni
Al successivo incontro ho chiesto qualche informazione ad alcuni del gruppo. Alla donna che aveva la fobia dell’acqua ho chiesto come se la cavava in piscina. Ha risposto che va molto bene, che aveva perfino cambiato corsia e stava imparando rapidamente a nuotare.
La partecipante che aveva paura del vuoto ha raccontato la storia della sua fobia. Da bambina si era trovata sul balcone della casa paterna privo d’inferriata, inclinato e con la vista su di uno strapiombo: avrebbe voluto subito rientrare, ma le ante si erano chiuse e dovette restare lì per un certo tempo da sola. Ha continuato parlando del sogno che fece la notte successiva al giorno in cui aveva provato la dissociazione. Si trovava su un balcone senza protezioni, sopra un baratro ed era completamente libera da ogni paura, anzi sembrava divertita. Ad un certo punto la casa crollò e non ebbe alcuna preoccupazione.







Elia

Utente non registrato
Inserito il 17/02/2005   Segnala contenuto non adatto   Rispondi Quotando  Nuovo Commento 
Torniamo ai sogni

I sogni
I sogni, come ho detto, servono per ripristinare lo stato fisiologico dell’organismo che ha subito un notevole rallentamento e per creare uno stato mentale che consente, dopo il risveglio, una capacità d’orientamento spazio-temporale istantanea.
Nel caso dovessimo svegliarci accidentalmente, mentre è in atto il calo fisiologico, cioè, senza un sogno in corso, avremmo grossi problemi a spostarci nell’ambiente circostante, scarse capacità sensoriali di vigilanza e difficoltà a coordinare semplici movimenti.

L’amica
Una collega mi raccontò che una sera, mentre era impegnata con un’amica a studiare per prepararsi ad un concorso, si addormentò sui libri, ma improvvisamente si svegliò e si mise ad urlare terrorizzata perché non capiva cosa facesse quella donna in casa sua. Impiegò del tempo ad orientarsi e a riconoscere l’amica che era rimasta sconcertata dall’accaduto.
















Interpretazione
I sogni sia pomeridiani sia notturni rappresentano gli eventi della giornata fino allora trascorsa, ma in modo non sempre riconoscibile. La deformazione è ovvia perché è in attività un solo emisfero cerebrale.
A che cosa può servire un simile procedimento che si ripete inesorabilmente tutte le notti? Sembra che lo scopo fondamentale dei sogni sia quello di collegare le esperienze della giornata trascorsa a quella del giorno successivo.

Eventi di un giorno di dicembre 1999
1) Alle ore 10,30 misuro la temperatura, l’umidità e la pressione atmosferica portando gli strumenti fuori, senza indossare la giacca.
2) Alle 11,30, telefono a mia sorella, per una polizza che scade nel 2000.
3) Alle 13,00 entro in un bar. Nel locale ci sono alcune persone che giocano a poker.
4) Verso le ore 14,00 prelevo i miei figli a scuola e più tardi li porto nella villa comunale a giocare sulle auto scontro. Il maschietto non vuole mettersi il cappello ed io sono preoccupato per il freddo.
5) Alla sera metto a letto il bambino e gli racconto una fiaba ambientata in una foresta.
6) Più tardi mia moglie racconto di aver sognato lo zio di 86 anni.
7) Infine telefono a mio fratello per farmi inviare un documento per posta.

Nel sogno
1) Mi trovo in un bar con un conoscente.
2) Vedo i miei figli, ma la femminuccia fa i capricci perché non vuole mettersi il cappello.
3) I miei genitori sono in un’auto guidata da una donna che ha problemi di vista e porta degli occhiali molto spessi. Sono preoccupato che possano scontrarsi con un’altra auto.
4) Mi trovo nel mio paese nativo in un quartiere chiamato “foresta”.
5) Entro in una casa dove ci sono alcuni miei parenti che festeggiano il capodanno. Dico buon giorno e mi accingo a porgere gli auguri. Mio cugino Claudio, seduto ad un tavolo, racconta delle barzellette a nostra zia Antonietta di 86 anni. Ad un altro tavolo mio fratello gioca a poker. Alla fine esco dalla casa, ma noto sulla porta un termometro che misura –3° C, non ho freddo e penso che dipenda dalla mancanza d’umidità.

(Il capitolo sui sogni rappresenta la sintesi di un lavoro più ampio che elaborai prima di scrivere questo libro. Si trattava di un articolo che avevo inviato ad alcune riviste scientifiche, ma non fu pubblicato. Allora non ero a conoscenza dello spostamento degli indici riferenziali che operano nei sogni e la loro interpretazione, che adesso appare piuttosto semplice, fu, allora, un compito abbastanza arduo).

Commento
La maggior parte dei fatti citati, nel sogno sono modificati. L’episodio dei miei figli che guidano le auto scontro, compare nel sogno come: i miei genitori viaggiano su un’auto guidata da una donna che ha problemi di vista e perciò rischiano di scontrarsi con un’altra auto.
L’evento 7, la telefonata che faccio a mio fratello, possiede più collegamenti: mio fratello talvolta gioca ai videopoker nel bar di Claudio e a Claudio piace raccontare delle barzellette.
L’ultima parte del sogno rappresenta un po’ il sunto della giornata trascorsa.
Nel sogno mi trovavo al mio paese in un quartiere chiamato “foresta”. La foresta è un elemento dell’evento 5, cioè, la fiaba che racconto a mio figlio.
Nel sogno entro in una casa composta di una sola grande stanza, dove alcuni parenti festeggiano il Capodanno e dico loro buon giorno. Probabilmente si tratta dell’anno 2000, appena dopo la mezzanotte.
La grande stanza potrebbe rappresentare il bar dove avevo incontrato il conoscente dell’evento 3; il Capodanno l’evento 2, cioè la polizza che scade nel 2000.
Nel sogno, mio cugino Claudio racconta delle barzellette alla zia Antonietta di 86 anni, la zia rappresenta zio di mia moglie, anche lui ha 86 anni).
Mio cugino rappresenta il barista Claudio (a tutti e due piace raccontare delle barzellette) e Claudio il barista dell’evento 3. Mio fratello che nel sogno gioca a poker è collegato allo stesso evento, ma si ricollega anche a quello n° 7.
Nella parte finale del sogno esco dalla casa e vedo un termometro. Si collega all’evento 1.

Concezione del tempo
Nel sogno non abbiamo il concetto del tempo e delle distanze, gli unici elementi cui possiamo far riferimento sono i movimenti, cioè il moto.
Il moto ci fa pensare alla velocità, descritta come il rapporto tra lo spazio percorso ed il tempo impiegato a percorrerlo: v = s / t. Dalla formula inversa si ricava che il tempo non è altro che il rapporto tra lo spazio e la velocità: t = s / v: in altre parole, direttamente proporzionale allo spazio percorso, ed inversamente proporzionale, alla velocità impiegata a percorrerlo. I tre elementi si presentano nel sogno ad un livello logico digitale, mentre nello stato di veglia sono analogici.
Comunque, non so se ricordate un sogno in cui i vostri movimenti erano decisamente rallentati. Volevate aumentare la velocità per ridurre il tempo della corsa, ma non ci riuscivate. La diminuzione della velocità non fa altro che prolungare il tempo dell’esperienza onirica che coincide con il calo fisiologico, quindi, il ripristino e il ciclo si ripete.
Nei casi opposti in cui la velocità aumenta fino al punto da non poter percepire lo spazio percorso, il tempo si riduce a livello d’intervalli con conseguente azzeramento della memoria spazio temporale. In questi intervalli avviene l’accesso rapido alle informazioni contenute nell’emisfero destro.
Il nostro organismo durante lo stato di sonno effettua dei cicli regolari, cicli sonno-sogno, il cui tempo è codificato in elementi di moto e nel risveglio vengono ricodificati in concetti di tempo.

Sogno del 19 febbraio 2002
Mi trovavo improvvisamente in una città dell’America Latina, avevo la sensazione d’essere appena arrivato dall’Italia, forse in aereo, ma non ricordavo il viaggio. Non sapevo se ero un turista, tanto meno cosa facevo in quel posto.
Non riuscivo a trovare un collegamento agli avvenimenti precedenti al sogno, nonostante avessi frugato in tutti gli eventi, anche quelli meno espressivi, in tutti i pensieri, ricordi e idee.
Non riuscivo ad identificare la città o la nazione in cui il sogno era ambientato. A volte pensavo alla Bolivia, altre volte al Perù, ma non trovavo niente che mi permettesse di fare un minimo collegamento.
Stavo per rinunciare, quando all’improvviso mi ricordai che, quella stessa mattina, avevo riletto alcuni appunti ove avevo annotato una strategia comportamentale di un signore. Sua moglie proviene da San Salvador, la capitale d’El Salvador. Non solo avevo trovato il collegamento, ma avevo identificato anche il luogo dove era ambientato il sogno.
La cosa interessante era l’assenza dello spazio tra l’Italia e la nazione dell’America centrale.
Probabilmente il tragitto era stato percorso ad una velocità tale da ridurre la coordinata tempo ad un intervallo trascurabile. Il tempo di percorrenza reale dura diverse ore.
In quest’intervallo è stato impiegato un operatore d’accesso rapido all’emisfero destro, per delimitare il confine tra due sogni, poi l’interruzione e quindi l’amnesia.
I messaggi che riceviamo dal mondo esterno sono sia analogici sia digitali. L’emisfero destro registra i primi, quello sinistro analizza i secondi.
I sogni, essendo costruiti nell’emisfero dominante, rappresentano esperienze a carattere digitale. Per “digitale” s’intende qualsiasi fenomeno che si manifesti in maniera discontinua e non subisce trasformazioni graduali in altri dello stesso tipo logico. Per “analogico”, s’intende qualsiasi fenomeno continuo a trasformazione graduale.
Lo spazio percorso, le rappresentazioni di uno stesso sogno ecc. si presentano con delle interruzioni che sono degli elementi digitali.
L’associazione richiede un’attenzione particolare: nello stato di veglia è in atto una funzione dell’emisfero destro, durante il sogno di quello sinistro.

Il sogno di mia moglie
Un giorno mia moglie mi raccontò il sogno che aveva fatto nell’ultima notte. Si trovava a Napoli e la città era pulita ed i bidoni dell’immondizia vuoti: rimase sorpresa della novità.
Subito le spiegai: “Ieri mattina volevi fare le pulizie di casa, ma non le hai fatte. Avevi pensato di andare a Napoli con la tua amica, ma non ci sei andata; volevi portare fuori la spazzatura, ma te ne sei dimenticata. Confermò che era tutto esatto.




Elia

Utente non registrato
Inserito il 17/02/2005   Segnala contenuto non adatto   Rispondi Quotando  Nuovo Commento 
Antivirus, trasferimento interemisferico

Anche se l'argomento non ha molto a che vedere con i sogni, presenta un analogia con gli interventi terapeutici operata dai sogni.

UN ANTIVIRUS INFORMATICO PER INTERVENIRE SULLE MALATTIE DEGENERATIVE

L’antivirus
L’idea di un antivirus informatico mi venne mentre studiavo un caso di gastrite. Il paziente era certo che il suo problema non dipendesse da cause estrinseche, in quanto seguiva un’alimentazione corretta, conduceva una vita regolare, non faceva abuso di farmaci o di altre sostanze, ecc.. Chiesi al signore di identificare un pensiero, un’esperienza vissuta, un’immagine mentale o una qualsiasi rappresentazione, anche di scarsa importanza, che poteva essere collegata al problema.
Gli venne in mente la figura del dirigente aziendale che lo riprendeva con un certo tono di voce. Domandai se tale pensiero gli provocasse una intensificazione del disturbo gastrico: rispose affermativamente. Lo invitai, allora, a rimpicciolire l’immagine del dirigente e immediatamente riferì che il fastidio si era affievolito, gli suggerii allora di trasformare il tono di voce del dirigente in quello di un simpatico cartone animato: il disagio scomparve e a distanza di tempo non si ripresentò.
L’episodio confermava una mia ipotesi: alcune esperienze passate, immagini mentali, rappresentazioni interne ecc. archiviate in memoria possono provocare nel tempo disturbi psicosomatici. Chiamai le strutture interiori ‘agenti causali interni ’ della malattia, ma non compresi la consistenza della loro struttura e il fattore stimolante l’affezione. Pensai che gli ‘agenti causali interni ’ dovevano possedere qualcosa di anomalo. Scoprii infatti, più tardi, che questi possedevano una o più submodalità analogiche visive o auditive insolite che facilitavano la formazione di caratteristiche alterazioni, pertanto bastava identificarle e correggere, proprio come fanno alcuni antivirus o programmi informatici, e ripristinare il sistema alterato.
Le submodalità analogiche visive sono: dimensione, il colore, luminosità, distanza, film o fotografia, ecc. delle nostre immagini interne; le submodalità analogiche auditive sono: volume, tono, ritmo, ecc. dei suoni o voci prodotti internamente.
Sperimentai ancora una volta la metodica su una donna affetta dalla ‘rosacea’: da tempo aveva chiazze rosse sul viso e raccontò che il problema le era comparso poco tempo dopo il verificarsi di un’esperienze sgradevole. Consigliai alla signora di rivedere mentalmente quella esperienza al contrario, proprio come quando un film è proiettato alla rovescia. Appena dopo la lei constatò che il pensiero non le dava più noia e quando si guardò allo specchio le macchie si erano alquanto dissolte e nel giro di pochi giorni scomparvero completamente.
Usai la metodica su altri soggetti e la tecnica si dimostrò efficace. Alcune persone, però, non riuscivano a trovare dei collegamenti alle affezioni, allora feci scegliere loro esperienze a caso e le modificammo e il procedimento funzionò su alcuni di essi, mentre su altri si svilupparono solo dei miglioramenti. Sperimentai di conseguenza una tecnica affine, senza che il paziente partecipasse in modo attivo e i risultati furono più che incoraggianti, non facevo altro che raccontare una storia inserendo qua e là delle istruzioni antivirali di identificazione dell’agente causale interno e della sua correzione.
Una volta raccontai la stessa storia con tono di voce differente e la tecnica sembrò possedere maggiore efficacia. Avevo inserito involontariamente un ‘operatore modale di necessità ’ nel tono di voce e probabilmente l’informazione era arrivata nel punto ove agiscono gli operatori modali, cioè tra la struttura di riferimento (la somma di tutte le nostre esperienze), e la struttura linguistica completa.
Provai la variante su di un ragazzo affetto da epilessia e nel giro di una settimana le crisi scomparvero; poi su di un signore affetto da tumore cerebrale, dopo quindici giorni la massa tumorale si era dissolta di ¾ e dopo circa un mese era praticamente scomparsa; in questo ultimo caso poteva trattarsi di una coincidenza perché il paziente molto tempo prima del mio intervento si era sottoposto a radioterapia; alcuni suoi parenti, tuttavia, sostengono che il successo sia dipeso da me.
Non è da escludere che le malattie degenerative possano essere causate da zone di memoria contenenti submodalità abnormi la cui attività può provocare nel tempo effetti patologici anche devastanti mettendo in ginocchio interi apparati organici e in crisi altri sistemi. Non ho prove che le anomalie presenti in alcuni punti della struttura di riferimento possano infettare la struttura stessa, ciò nonostante l’idea dell’antivirus è una possibilità da prendere in considerazione.
Per le malattie degenerative penso che la soluzione definitiva sia quella di installare nel paziente un programma comportamentale in grado di leggere rapidamente la struttura di riferimento, d’identificare parti contenenti submodalità anomale, pulirle o metterle in quarantena e proteggerla da input esterni in grado di attivare altri siti di memoria quiescenti in essi archiviati.
Si può anche pensare ad un programma che aggiorni la struttura di riferimento. E’ possibile che le esperienze vissute, rappresentazioni, ecc. della nostra prima infanzia contengano delle submodalità diverse da quelle che pensiamo di avere. L’esempio è quello di un adulto che visita la casa dove aveva vissuto la prima infanzia e nota che le dimensioni delle stanze o del giardino, ecc. sono diverse, sembrano più piccole di come le aveva registrate in memoria, e pertanto da automaticamente l’avvio all’aggiornamento del ricordo.
Per quanto riguarda la progettazione bisognerebbe codificare le istruzioni antivirali in un programma comportamentale (strategia) e installarle in un paziente. L’istallazione dovrebbe avvenire tra la struttura di riferimento e la struttura linguistica completa, ove agiscono gli operatori modali. Probabilmente la struttura di riferimento, cioè la somma di tutte le nostre esperienze, produce il linguaggio, capacità, convinzioni, creatività, ecc. e da un lato, talvolta, restrizioni o blocchi psicologici, spesso traducibili in limitazioni psicofisiche. Per la progettazione e installazione delle strategie (seguenze di sistemi rappresentazionali) vedi ‘Programmazione neurolingiustica di Richard B. & company, Astrolabio, 1982 Roma’ o mediante le modalità di programmazione vedi ‘Neuro-programmazione digitale, Terapie istantanee, Pitagora Editrice, 2004 Bologna.
L’idea dell’antivirus possiede qualche analogia col metodo del reimprinting di Robert Dilts (vedi Convinzioni, 1998 Astrolabio, Roma), il suo metodo consiste nel trovare l’imprinting, l’esperienza alla base della patologia, prelevare risorse dallo stato presente e immetterle nella fase d’imprinting.


TRASFERIMENTO INTEREMISFERICO DELLE INFORMAZIONI

Trasferimento interemisferico
Una signora interessata al mio modello disse di avere molti problemi. Le feci scegliere il più grave e immediatamente alzò gli occhi in alto a destra, un’immagine costruita. Riferì di avere il problema da diverso tempo.
Le spiegai che l’emisfero destro per memorizzare un’immagine impiega meno di un decimo di secondo e, nonostante fosse già trascorso quel tempo, il suo cervello non lo aveva ancora fatto.
Probabilmente, l’immagine possedeva delle submodalità anomale che, una volta inviata nell’emisfero destro, avrebbero generato delle somatizzazioni nel tempo e perciò l’emisfero le aveva riconosciute e aveva impedito il suo trasferimento.
Un problema, serio, sarebbe stato quello di un mancato riconoscimento e di un invio irregolare, anche se la cosa poteva essere risolta con un’estrazione e correzione a livello dell’emisfero dominante e di un nuovo invio nel destro.
Per costruirsi il problema, in ogni modo, era costretta ad un certo dispendio d’energia: doveva ripetere in qualsiasi momento della giornata, in ogni istante, la stessa immagine, altrimenti questa sarebbe svanita, sia perché nell’emisfero sinistro ci si trova a memoria zero sia per l’entrata in azione di un correttore naturale.
Si trattava di un’immagine a distanza normale, ma due elementi erano rappresentati in modo inconsueto: la sua immagine più piccola e quella di una seconda persona più grande del normale. Quando le feci allontanare l’immagine i due elementi rimasero inalterati e la cosa fu insolita perché la distanza fa diminuire le dimensioni. A quel punto le consigliai di ingrandire la sua figura e rimpicciolire l’altra persona e subito riferì di non avvertire più noie.
Provai a farle allontanare nuovamente l’immagine, ma dopo aver spostato gli occhi in alto a sinistra (immagine ricordata), spiegò di non avere più problemi. La nuova immagine, arrivata in memoria, non le avrebbe causato conseguenze future, ma solo un ricordo di scarsa importanza (Tratto da Elia Tropeano, Terapie istantanee, Pitagora Editrice, 2004 Bologna, cfr. pp. 72-73).
Nota: quando una persona sposta gli occhi in alto a destra sta costruendo delle immagine mentali; quando li sposta in alto e a sinistra si tratta di immagini ricordate, localizzate in memoria, cioè nell’emisfero destro del cervello. Lo schema è valido per le persone normalmente organizzate, per i mancini gli indizi di scansione oculari sono invertiti.


Elia

Utente non registrato
Inserito il 17/02/2005   Segnala contenuto non adatto   Rispondi Quotando  Nuovo Commento 
Re: Sogno, funzione e interpretazione

Anche io ho studiato genetica e circa venti anni fa ho fatto una ricerca di ingegneria genetica sulle cellule vegetali.
Per quanto riguarda i sogni posso raccontare un episodio che riguarda l'applicazione terapeutica dei sogni.

L’EMATOMA CEREBRALE

Alcuni conoscenti mi fecero sapere che un loro parente era stato ricoverato d’urgenza in una clinica ospedaliera. Aveva subito un intervento alla scatola cranica perché i medici gli avevano riscontrato un ematoma cerebrale. L’intervento aveva provocato un’infiammazione ed il paziente era andato in coma.
Mi recai in ospedale e l’anestesista m’informò che il degente era uscito dal coma e respirava in modo autonomo, ma lo staff medico che lo seguiva era preoccupato per l’afasia e la deambulazione della metà destra del suo corpo.
Entrai nel reparto di Terapia intensiva insieme alla sorella del paziente e questa cominciò a parlargli; ma lo faceva così in fretta che non dava tempo al fratello di orientarsi. Le suggerii di parlare più adagio, seguendo il ritmo respiratorio del fratello, ma non era molto brava e perciò le chiesi di far parlare me.
Aveva gli occhi aperti e mi guardava mentre gli impartivo delle suggestioni ipnotiche (i pazienti sotto l’effetto d’anestetici o in uno stato di semicoscienza accettano le istruzioni meglio di qualunque altro).
Non era ancora in grado di orientarsi nel tempo e nello spazio e rinunciò a comprendere le mie parole. Gli suggerii che poteva comunicarmi qualcosa e non era davvero importante in che modo lo facesse: la cosa importante era comunicare. Dopo un po’ l’infermo fece muovere la maschera dell’ossigeno che aveva sul viso. Chiesi ad un’infermiera se poteva toglierla un momento perché il paziente voleva comunicare qualcosa. L’infermiera un po’ seccata della richiesta, acconsentì. Appena le tolse la maschera dell’ossigeno, il paziente alzò la testa e diede un bacio alla sorella e pronunciò alcune frasi.
Nel frattempo, però, avevo notato che le frasi che egli aveva pronunciato erano semanticamente ben formate.
Spiegai la cosa alla conoscente e affermai, con sicurezza, che il fratello non aveva subito alcun danno psichico o neurologico perché le stesse regole che controllano il linguaggio, controllano il comportamento.
Ero convinto che non appena il paziente si fosse orientato nel tempo e nello spazio, i suoi problemi si sarebbero risolti spontaneamente. Avevo delle ipotesi, le avevo fatte mentre elaboravo uno studio sui sogni. Pensavo che i pazienti sottoposti a terapia intensiva, a causa di traumi di una certa gravità, sospendono, per motivi di protezione, le funzioni dell’emisfero sinistro e, perciò, anche della fase R E M. Quest’ultima indica un sogno in atto ed è rivelabile all’esterno per i movimenti rapidi dei globi oculari sotto le palpebre.
Nella ricerca sui sogni (vedi fisiologia e interpretazione) ipotizzai che la funzione dei sogni consisteva principalmente nel farci orientare istantaneamente dopo il risveglio.
Avevo capito, inoltre, che il paziente non era afasico perché il linguaggio serve per rappresentare il nostro modello del mondo e per comunicarlo agli altri, poiché, il degente era in uno stato di disorientamento generale, non poteva rappresentare il suo modello e perciò non poteva comunicarlo. Oltre a ciò, la parte destra del corpo è controllata dall’emisfero sinistro, sede del linguaggio verbale e il movimento è una sua componente analogica.
Spiegai brevemente la questione alla sorella e pilotai un sogno al paziente. Gli suggerii che poteva fare dei sogni e che non era davvero importante se questi fossero stati belli o brutti, anche perché, poi, non li ricordiamo nemmeno. Dopo un po’ il paziente chiuse gli occhi e cominciarono a muoversi i globi oculari sotto le palpebre: era iniziata la fase REM. Alcuni minuti dopo, egli si svegliò e iniziò a parlare, a ricordare alcuni avvenimenti e a muovere la mano e la gamba destra.
Il giorno successivo, l’Aiuto primario ci riferì che durante la sua visita al reparto aveva notato con interesse il paziente, il quale mostrava dei leggeri movimenti alla mano destra, si era avvicinato, ma si era spaventato quando questi gli afferrò il braccio e glielo strinse con forza. Affermò, infine, che il malato non era ancora fuori pericolo e che gli occorrevano ancora diverse settimane di degenza.
Dopo il colloquio, la conoscente ed io ci recammo nel reparto, ma prima di entrare le dissi che il medico aveva bisogno di una risposta adeguata.
Parlai nuovamente al paziente. Gli raccontai la storia dei macrofagi: le cellule spazzine dell’organismo e li paragonai a dei netturbini che puliscono le strade di una città affollata, poi una sugli antibiotici ed un’altra sugli anticorpi.
Il giorno successivo, i clinici riferirono che il paziente stava bene e non aveva bisogno di un’altra TAC e, al più presto, sarebbe stato cambiato di reparto, ma dovettero ammettere di non aver ancora compreso le ragioni di simili risultati.
Chiesi, allora, alla mia conoscente se si ricordava che dovevamo dare al medico una risposta adeguata e lei replicò che l’avevamo data.
Presto nell’ospedale si sparse la voce circa il mio metodo di terapia ed una signora mi chiese se potevo provare anche con il marito che aveva un problema simile al fratello della mia conoscente, ma l’ematoma era stato provocato da un’emorragia cerebrale.
Andai a visitare il marito della donna in neurochirurgia. Si trovava in uno stato di semicoscienza e, alla presenza d’altri degenti e loro familiari, cominciai a parlare sotto voce e per circa venti minuti.
Il giorno successivo incontrai la moglie e la figlia del nuovo paziente, le quali mi ringraziarono, ma mi chiesero anche cosa avessi fatto. Dissi loro di aver suggerito al paziente, con una certa insistenza, di dover sorprendere tutti.
Le donne dichiararono che tutti erano sorpresi perché dalle ultime indagini, non gli erano state più riscontrate infezioni in atto.
Ritornai nella mia città e dopo alcuni giorni la conoscente telefonò per farmi sapere che il fratello stava bene, poteva camminare in modo autonomo e svolgere qualsiasi funzione.
Tratto dal mio libro: Elia tropeano, Terapie istantanee, manuale di neuro-programmazione digitale, Pitagora Editrice, 2004, Bologna, cap. 7.



Romeo Lucioni

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Re: Sogno, funzione e interpretazione

A volte sembra quasi incredibile dover constatare quanto tardino a diffondersi, ancor oggi, le rilevanze degli studi scientifici. Poco tempo fa, leggendo le schede che vengono pubblicate nel 2005 per la scuola, ho dovuto constatare che ancora non parlano si “sonno REM” e della rivoluzione che questa scoperta ha indotto in tutto il sapere psico-neuro-biologico.
Mi sorprendo ancora come ci siano delle scuole di pensiero abbarbicate a quanto ha scritto o detto il loro maestro magari cento e più anni fa, senza tenere in conto le nozioni che quotidianamente vengono pubblicate e che, per onestà mentale e culturale, dovrebbero essere prese in considerazione per “andare avanti” posando, però, i piedi in terra.
Quando leggo certe elucubrazioni mentali mi ritorna l’immagine della servetta di Talete e cerco di afferrarmi ancor più alle evidenze scientifiche serie, che si basano sulle osservazioni e sulle valutazioni dei risultati.
Per arrivare allo scritto che sto leggendo, mi sorprende che con un semplice colpo di spugna si cerchi di cancellare il sonno REM, la fasicità del sonno e tutte le letture sulla biologia del ritmo nictemerale.
Il significato dei sogni non è ancora per nulla chiaro, soprattutto perché ormai è accertato che ce ne sono di due tipi. Quale dei due sarà più utile per dare delle interpretazioni psicoanalitiche? Quali sono quelli che servono per il “… ripristino degli indici referenziali”?
Lavoro con bambini autistici e mi chiedo spesso quali saranno i contenuti dei loro sogni ed anche se, in realtà, sognino o No.
A volte sembra che comincino a sognare dopo qualche anno di psicoterapia (improvvisamente arrivano dicendo “questa notte ho sognato”) e per questo mi sono chiesto se la comparsa del sogno e del ricordo del sognare sia un segno di vero miglioramento, un indice per farci pensare che “sta uscendo dal tunnel”.
Mi chiedo se il sogni (quale non so!) non rappresenti il recupero di una attività psico-mentale inconscia necessaria per strutturare la mente nei suoi parametri emotivi, affettivi e cognitivi.
Mi spaventano i misteri che ancora ci sovrastano e questo anche quando penso alla dominanza emisferica. Certamente la PET ci aiuterà a scoprire molte cose (e mi spiace di non poter utilizzare personalmente questo spettacolare metodo di ricerca), ma mi ricordo come i miei primi studi sull’EEG avevano messo in evidenza come la cosiddetta dominanza deriva da una lettura delle oscillazioni più che da un vero processo. Purtroppo non ho più potuto seguire questi studi, ma da loro ho appreso che il cervello nella sua totalità pulsa elettricamente e che le variazioni EEG forse devono essere messe in relazione con lievi modificazioni del funzionamento che richiedono ancora studio ed applicazioni.
Chiudo questa simpatica polemica ricordando a me stesso, che da neurofisiologi sono diventato psicoanalista, quanto stia modulandosi il mio pensare scientifico da quando ha dovuto prendere in esame i lavori più recenti sulle modificazioni genetiche o, meglio, sulla complessità del nostro patrimonio genetico che può modificarsi e cambiare le sue indicazioni anche sotto l’input di un trauma o di una situazione fortemente drammatica.


elia

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Fisiologia, funzione e interpretazione

I sogni: fisiologia, funzione ed interpretazione

Fisiologia e funzione
Il passaggio dallo stato di veglia a quello di sonno avviene in modo graduale e coincide con il rallentamento delle nostre funzioni fisiologiche.
Il calo fisiologico, non appena giunge il livello critico, attiva l’emisfero sinistro (emisfero dominante del cervello), il quale inizia a costruire immagini, suoni e sensazioni: i sogni, con lo scopo di ripristinare i valori chimico-fisici dello stato di veglia. Dopo il ripristino avviene nuovamente il calo ed il ciclo si ripete per tutta la durata del sonno.
I sogni sono in grado di provocare l’innalzamento dei parametri chimico-fisici, ma devono essere continuamente interrotti per evitare che essi raggiungano valori elevati, quindi il rischio di farci svegliare. Le interruzioni continue provocano una condizione d’amnesia sempre più profonda, proporzionale alle interruzioni.
Durante il sogno, non avendo totale accesso all’emisfero destro, non abbiamo identità, né facoltà di ricordare, anzi la funzione mnemonica è circoscritta agli eventi della giornata appena trascorsa. Non abbiamo il concetto del tempo e delle distanze, né di residenza.
L’unica funzione mnemonica che rimane è quella di tipo spazio-temporale, la quale entra in attività mediante collegamenti rapidi d’accesso all’emisfero destro. Diventiamo consapevoli, infatti, di avere un fratello, un figlio, una moglie, ecc. solo se essi compaiono nel sogno.
Per svegliarci è indispensabile che entrino in attività entrambi gli emisferi e, precisamente, quando i collegamenti rapidi d’accesso all’emisfero destro si fanno sempre più frequenti. In questo caso, più coordinate spazio-temporali si congiungono e il sogno appare sempre più collegato alla vita reale.
A livello fisiologico, la sveglia avviene quando le sensazioni aumentando d’intensità provocando un innalzamento dei parametri chimico-fisici.
A livello neurologico quando entrambi gli emisferi hanno attività simultanea.

I sogni
I sogni servono per ripristinare lo stato fisiologico dell’organismo che ha subito un notevole rallentamento e per creare uno stato mentale che consente, dopo il risveglio, una capacità d’orientamento spazio-temporale istantanea.
Nel caso dovessimo svegliarci accidentalmente, mentre è in atto il calo fisiologico, cioè, senza un sogno in corso, avremmo grossi problemi a spostarci nell’ambiente circostante, scarse capacità sensoriali di vigilanza e difficoltà a coordinare semplici movimenti.
I sogni mantengono il nostro cervello in fase on (acceso), se dovesse andare, anche per brevissimo tempo, in fase off (spento) si rischia la perdita di tutti i programmi comportamentali, pertanto, essi rappresentano anche un meccanismo di salvataggio delle impostazioni e/o informazioni raccolte nella giornata appena trascorsa e caricamento di tutti i programmi motori o di pensiero, dai più semplici a quelli più complicati, dalle banali affezioni alle complesse patologie cliniche. Gli eventi memorizzati e le abitudini non necessitano di essere recuperati perciò non sono rappresentate nei sogni, ma solo connessi concettualmente.
Quando i sogni sono sospesi per motivi accidentali o per traumi, recupero e caricamento non saranno eseguiti pertanto le persone avranno difficoltà a ricordare eventi ed esperienze anche lontane; le abitudine potrebbe essere dimenticate e le malattie non caricate.
I sogni spostano gli indici riferenziali, in altre parole le informazioni dall’emisfero destro a quello sinistro e trasformano gli eventi in processo in corso. Prima del risveglio gli indici sono ripristinati e i processi convertiti in eventi secondo l’originale sequenza temporale.
Esempio, vado all’ufficio in auto: sogno di viaggiare in un pullman e di entrare in un palazzo, gli indici di riferimento sono spostati dall’auto al pullman e dall’ufficio al palazzo. Parlo a mio fratello: sogno di parlare ad un amico, l’indice si sposta da mio fratello all’amico.
Prima del risveglio gli indici sono sistemati perciò potrò ricordare di essere andato in ufficio e di aver parlato con mio fratello.
A livello linguistico i processi in corso sono rappresentati da verbi: apprendere, pensare, camminare …; gli eventi sono rappresentati da nominalizzazioni: apprendimento, pensiero, camino … . Le trasformazioni dei processi in eventi (nominalizzazioni) sono dovuti a procedimenti universali di modellamento. Alcuni trasformano i processi in eventi come nella difficoltà di apprendimento; altri, eventi in processi come nelle fobie.
Nota: per eventi della giornata trascorsa si intendono pensieri, rappresentazioni e idee, non solo fatti accaduti.

Interpretazione
L’interpretazione dei sogni si realizza semplicemente con il ripristino degli indici riferenziale, questi sono stati cambiati nella fase onirica col fine di deformare o camuffare gli eventi della giornata trascorsa (il riconoscimento potrebbe farci svegliare), pertanto l’interpretazione porta inevitabilmente a ricostruire fatti da poco accaduti, anche quelli meno significativi.
Un caso semplice di interpretazione è quello di un sogno in cui un mio amico puliva la finestra di un ufficio, mi ricordai che quel giorno avevo pulito il finestrino della mia auto. Un caso più complesso: sognai di trovarmi in una grande stanza dove alcuni parenti giocavano a carte, durante la giornata ero entrato in un bar dove c’erano delle persone che giocavano a poker (la grande stanza rappresentava il Bar).
La sindrome del faraone
Il sogno del faraone: sette vacche magre che divoravano sette vacche grasse, citato nella Bibbia, fu interpretato da Giuseppe come sette anni di abbondanza e sette di carestia.
Gli indici furono così spostati:
sette vacche = sette anni
vacche magre = carestia
vacche grasse = abbondanza.
Il faraone non riconobbe l’interpretazione come qualcosa scaturita dai suoi stessi pensieri, nonostante Giuseppe lo avesse aiutato a ripristinare gli indici di riferimento. Il faraone non riusciva a ricordare la sua stessa premonizione, probabilmente era affetto da una sindrome che non gli consentiva il ripristino dei dati in memoria; si può anche ipotizzare che il sogno l’abbia fatto Giuseppe.
Giuseppe quasi certamente interpretava i sogni del faraone per il ripristino degli indici riferenziali: un giustificato intervento terapeutico per l’attivazione dell’emisfero destro di cui alcune funzioni erano soggette ad un procedimento di cancellazione delle informazioni.

Associazione / dissociazione
Durante la fase di sogno le nostre immagini mentali sono solo di tipo associate. Siamo associati ad un’immagine quando, ad esempio, ci vediamo le mani, i piedi, la parte anteriore del nostro corpo, ma non il viso; siamo dissociati quando vediamo noi stessi, la nostra figura; se dovessimo dissociarci, immediatamente ci svegliamo, la ragione di tale fenomeno non è ancora chiara, mi riservo tuttavia di spiegarlo in una prossima pubblicazione.
La differenza tra lo stato di veglia e quello di sogno può essere così riassunta: nello stato di veglia siamo sia associati che dissociati, in quello di sogno siamo sempre associati.
Nota: l’associazione fa aumentare l’intensità delle sensazioni.

Sovrapposizione
Un sogno è l’insieme di singoli pezzi di sogni fatti nel periodo relativo al calo fisiologico, cioè, in un solo ciclo. I pezzi di sogni presentano contesti differenti come fosse un singolo sogno a diversi contenuti.
Generalmente nei sogni si verificano sovrapposizioni d’immagini, che all’indagine presentano relazioni concettuali. Ad esempio, mentre sogniamo di parlare con un amico vi si sovrappone l’immagine di un’altra persona (la sovrapposizione non è sempre percettibile e perciò improvvisamente ci troviamo a parlare con un’altra persona). La sovrapposizione, cioè, lo spostamento dell’indice riferenziale, segnala la fine di un pezzo di sogno e l’inizio di un altro, ma l’interruzione provoca il mancato invio in memoria dell’immagine precedente.
Tratto dal mio libro: Elia Tropeano ‘TERAPIE ISTANTANEE’ manuale di neuro-programmazione digitale, Bologna 2004, Pitagora Editrice, cfr. capitolo 5 pag. 61; cfr. capitolo12, pp. 103-104.


elia

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Re: Sonno e sogni: nuove considerazioni

Ottime considerazioni

Romeo Lucioni

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Sogno come fenomenologia dell'inconscio

SONNO E SOGNI
FENOMENOLOGIA DELL'INCONSCIO

Romeo Lucioni


Sono trascorsi più di 40 anni dalle scoperte di Aserinsky e il tema del sonno risulta tuttora stimolante anche se resta ancora coperto dal velo del mistero, dall'ombra del non sapere.
La neurofisiologia ci ha insegnato a distinguere nell'iter del sonno diverse fasi, di cui la più sorprendente é quella del sonno REM, così chiamato per i caratteristici movimenti rapidi e sincroni degli occhi; esso si accompagna a riduzione di tutti i cosiddetti fenomeni vitali, scomparsa del tono muscolare, erezione e, quasi sicuramente, di sogni. Si é anche potuto dimostrare che il sonno REM diminuisce percentualmente dal momento della nascita sino all’età adulta ed alla vecchiaia; che la privazione di sonno REM porta a gravissimi disturbi psichici ed anche a quadri psicotici nelle aree della depressione e delle allucinazioni.
Un’ altra caratteristica è che, dopo un periodo di privazione, l'individuo tende a recuperare il sonno REM perduto, dormendo più lunghi o più frequenti periodi dello stesso.
Vivere il sonno REM per un periodo determinato rappresenta una necessità inderogabile essendo responsabile da un lato del ripristino delle energie biologiche e biofisiche necessarie all'organismo per mantenere il suo stato ottimale di energia o status biologico e, dall'altro, del mantenimento dell'equilibrio psichico.
Parlare in questi termini della necessità di un determinato e specifico (della specie e dell'individuo) equilibrio del ritmo nictemerale risulta quasi fantascientifico, ma possiamo anticipare che la parte intuitiva e' molto meno seducente di quanto risulti la realtà se con Freud immaginassimo il mondo dei sogni intravedendo connessioni tra il biologico e lo psichico, punto di passaggio del dilemma medioevale: corpo e anima.


SONNO PARADOSSALE - REM

Prima di Aserinsky, si era sempre pensato al sonno come a un fenomeno passivo, risultato dell'affievolimento della veglia: la scoperta dei centri attivatori del mesencefalo aveva appunto supportato l'interpretazione del sonno come progressiva e sempre più profonda entrata nel sonno da cui si usciva con un lento recupero della vigilanza.
La scoperta del sonno REM, invece, ha dimostrato che il sonno é un fenomeno attivo e, per di più ciclico: durante la notte, si susseguono 3-4 periodi di sonno REM, della durata di 20 minuti circa ciascuno, che si ripetono tra una e due ore. Si è osservato anche che questo momento fisiologico tanto caratteristico ha il suo detonatore nei nuclei del ponte del tronco cerebrale.
Da questi pochi accenni di fisiologia, si può capire la complessità del fenomeno sonno, ma vale la pena di tralasciare l'approfondimento del tema anatomo-funzionale per affrontare problematiche che riguardano quotidianamente ogni persona.
In primo luogo vanno ricordate le comunissime sensazioni di "caduta" (come se si sprofondasse) che si verificano per lo più nei primi momenti del sonno. La spiegazione sta nel verificarsi di una specie di frattura orizzontale dei meccanismi cerebrali: subiamo un’inibizione del tono muscolare (sensazione di caduta vertiginosa) che non si accompagna alla corrispondente perdita della vigilanza così lo stato di coscienza può "percepire" la perdita del tono muscolare provocando una notevole tensione emotiva ed ansiosa.

Poiché quando finisce una fase di sonno REM si osserva sempre una tendenza al risveglio, molto spesso un uomo, in questa circostanza, costata l'erezione del proprio pene: questo indica che non si é ancora esaurito il fenomeno che accompagna normalmente il sonno REM, senza avere il benché minimo significato di eccitazione o altro fenomeno della stessa natura.
Tale esperienza, del tutto fisiologica, insignificante nell'uomo giovane, si trasforma in esperienza fastidiosa, se non proprio dolorosa, nella terza età quando il risveglio dell'anziano è accompagnato da una sensazione di urgenza ad urinare e dalla concomitante impossibilità o ritardo ad iniziare la minzione. L'osservazione di questi casi ha portato a considerazioni di grande importanza.
Come si è detto, il sonno REM si accompagna ai sogni: in queste circostanze è facile raccogliere racconti di molti sogni spontanei in una situazione del tutto particolare e, si direbbe, favorevole dal momento che questi soggetti non sono ancora del tutto "svegli" e coscienti quando si alzano spinti dal bisogno fisiologico.

Dall'analisi di questi dati scaturiscono alcune domande:

· C’è un solo tipo di sogno?
Diciamo subito che si riscontrano due tipi di sogno: i "sogni veri" e le "insognazioni";

· Quali sono le caratteristiche del sogno vero?
Il sogno vero è difficilmente memorizzabile e, quando ci svegliamo, viviamo l'impressione d'aver sognato qualcosa di cui non ricordiamo nulla, oppure memorizziamo una parte che, però, scompare come una bolla di sapone, improvvisamente e senza lasciare tracce.
L'analisi dei ricordi onirici in soggetti anziani, ha permesso di definire le caratteristiche essenziali dei sogni veri:
1) non sono memorizzabili (o per lo meno, per memorizzarli in parte è necessario un grande sforzo di concentrazione subito dopo il risveglio);
2) il loro contenuto è aspaziale ed atemporale: non si svolgono come un racconto, ma si presentano come una visione, come un "aleph", poiché sono come una specie di intuizione che tutto comprende: il presente, il passato, il futuro, il qui, il prossimo, il lontano. Non c'è rottura di continuità tra il succeduto ieri ed il vissuto l'anno scorso, per esempio: possono convivere i personaggi di ieri e di domani.

· Quali sono le caratteristiche delle insognazioni?
Sono memorizzabili; si ricordano come una "storia", un racconto che si svolge con tutti i legami ed i nessi, come se fossero film (si ricordi che i sogni sono per lo più a colori e con movimento).
Si può quindi affermare che nel sonno REM si hanno i sogni veri; nelle altre fasi del sonno si sviluppano le insognazioni. Con queste conclusioni si dà una risposta anche al fenomeno dell'inserimento di stimoli esterni nei sogni che agiscono solamente durante le insognazioni, poiché, durante il sonno REM, non possono oltrepassare il filtro posto sull'imput con un aumento della soglia.

Evidentemente i meccanismi neurofisiologici che sottendono i due tipi di sogno debbono essere differenti, anche se a noi risultano del tutto sconosciuti.
Considerando il tema da un punto di vista cibernetico, potremmo affermare che le insognazioni sono il risultato di associazioni, deduzioni, confronti, analisi, ecc.: vengono utilizzati tutti o quasi tutti i meccanismi caratteristici dello stato di veglia e presupposti della coscienza. Quando parliamo invece di sogni veri, quello che succede nelle strutture cerebrali é come una liberazione totale. Il nostro computer utilizza nello stesso momento tutti i suoi bit di memoria, derivandone un miscuglio indecifrabile dal punto di vista della logica e delle connessioni temporo-spaziali. Un tale sistema, o meglio un sistema che lavori in questo modo, se da un punto di vista logico-razionale non ha nessuna utilità, da quello creativo, indubbiamente, permette connessioni impensate e ricchissime.
Se allora pensiamo al sogno vero (quello che si verifica nel sonno REM, quando si ha anche un relativo silenzio di imput sensoriale, percettivo ed enterocettivo), lo vediamo come un "meccanismo globale" e ci si presenta come una possibilità di verifica e di ampia creatività.
Potremmo considerare un sistema di ricerca di possibilità nuove; come il substrato dell'immaginazione e di tutte quelle capacità di cui la mente umana è orgogliosa e ne fa "esclusivismo prioritario".
Naturalmente se questo "sistema globale" potesse funzionare liberamente durante i periodi di coscienza, ne saremmo sconcertati, disturbati o anche dissociati. Nessuno potrebbe mettere ordine nella sua testa, trovandosi bombardato da imput disordinati, fuori di ogni controllo, alienati dalle regole di spazio e tempo.

Se prendiamo in considerazione questo tipo di "attività globale", finalisticamente potremmo affermare che la perdita della memoria dei sogni veri è una semplice forma di difesa; l'organismo si difende dalla alienazione e dalla dissociazione: nessuno potrebbe sopportare la sovrapposizione in un solo istante, di tutte le proprie esperienze presenti, passate e future (nel senso di immaginate o deducibili).

Come già accennato, dare una risposta supera le possibilità scientifiche ed immaginative, ma talora serve da sprone a nuove ricerche; cercheremo quindi di chiederci il perché di un meccanismo funzionale di tali caratteristiche e di elaborare qualche "ipotesi".
Prima di tutto abbiamo potuto verificare e dimostrare che il nostro cervello, che travalica il mero essere un meccanismo cibernetico risultato dalla somma di centri funzionali separati, debba essere invece considerato un tutt'uno, "un campo".
Ormai più nessuno può considerarlo un elaboratore a settori che permette una sintesi successiva. Anche l'analisi della funzione di percezione ha dimostrato che il cervello funziona in forma globale, si autorevole e si auto-predispone, si "gestisce" nella sua totalità in qualsiasi momento, in ogni circostanza (questo dà anche un'idea delle enormi possibilità di autoriparazione o di varianti o scelte sostitutive nel momento dell'accadere di qualunque danno anche grave).



CERVELLO E ANIMA

Torniamo al sogno vero che ci si presenta ora non solo come una possibilità di produrre una storia più o meno interessante, ma acquista la dimensione di una potenzialità funzionale insostituibile.
Durante il sogno, il nostro "organo prioritario" (il cervello) produce un’attività che si potrebbe chiamare di "autosviluppo". Far fluire connessioni all'infinito, senza limitazioni spazio-temporali, è come fornire mezzi infiniti, circuiti inimmaginabili perché la potenzialità intellettuale non risulti limitata; sarebbe come possedere un meccanismo a potenzialità infinita e, una simile visione, più che come centro dell'intelligenza, proietta il nostro elaboratore biologico a una dimensione nuova che può essere compresa solo se la paragoniamo a quanto gli antichi saggi chiamavano "animus" o "anima".
In questa ottica ci rendiamo quindi conto dell'assurdità del dualismo corpo-anima, dando invece (come del resto e' anche successo solo pochi anni fa nel campo astronomico e astrofisico) al nostro “povero e limitato” cervello un’importanza prodigiosamente infinita.

Questa è più una convinzione che un’ipotesi, ma dobbiamo considerare che, nel campo del sonno e soprattutto in quello dei sogni, molti postulati non sono né dimostrati né dimostrabili. D'altra parte, ormai le scienze fisiche non si fondano più su un rigido schema casuale e deterministico poiché anche le leggi della natura si sono rivelate non strettamente immutabili: si è tralasciato dunque il preteso principio dell'oggettività, sostituendolo con il "principio di indeterminazione" che definisce il limite oltre il quale ogni previsione è impossibile, introducendo anche il concetto che l'osservatore e l'oggetto osservato non possono essere separati.
Nel nostro caso infatti, nel difficile tentativo di studiare un altro essere umano in sonno, solo il più grossolano degli osservatori potrà ignorare che l'oggetto della sua ricerca é condizionato dalle sue personali osservazioni e questo, oltre che sul piano della manipolazione per le registrazioni, succede specialmente sul piano emotivo ed affettivo. Bisogna sottolineare anche che i sogni raccolti in questo modo hanno un valore estremamente dubbio e possono benissimo essere interpretati in modo diverso dalla realtà quando non, addirittura, allinearsi, in forma del tutto inconsapevole, con i desideri e le aspettative dell'osservatore.
In ultima analisi, non si vuole qui negare la validità dell'ordine oggettivo, ma soltanto mettere in evidenza che la partecipazione dell'osservatore va inclusa nello schema delle cose osservate e che una sua esclusione sarebbe altrettanto oggettivamente ingiustificata.

Tornando alla differenza tra sogno vero ed insognazione, dobbiamo anche tenere conto della problematica che investe il campo del coscio e quello dell'inconscio.
Quando parliamo di conscio, subconscio o inconscio, consideriamo questi stati come substrati funzionali diversi: il conscio è legato alla contingenza neurofisiologica e biochimica (risultato di connessioni e neurotrasmissioni), mentre il subconscio e l'inconscio risultano essere qualcosa di impalpabile, extrafisico, più legato allo spirito o all'anima.
Ora invece, avendo scoperto che il sonno REM e i sogni veri che lo accompagnano possiedono una nuova dimensione operativo-integrativa, diamo anche all'inconscio una possibilità di analisi fenomenologica, un substrato più quantificabile, più concreto, legato indubbiamente a quello che è il nostro vero "personal computer" racchiuso nelle rigide e schematiche funzioni che si "biforcano" in un modo che può essere quantificato come “astronomico”.

É quindi necessario chiarire cosa mai significhi l'analisi dei sogni e tutto il bagaglio psicoanalitico. Gli studi sul sonno e sui sogni non tolgono nulla alle scoperte freudiane, anzi le convalidano dal momento che si può parlare di sogno come funzione psicologica specificamente valutabile ed anche quantificabile.
I sogni che i pazienti raccontano agli psicoanalisti sono sicuramente insognazioni che, tra l'altro, sono influenzate dalle esperienze quotidiane. Resta pero' aperta una possibilità che si propone come quesito: potremo entrare ad indagare, a studiare e verificare quel mondo personale, inscrutabile e sicuramente indecifrabile che è l'attività intrinseca del nostro bio-maxi-computer quando si racchiude in se stesso, nel silenzio della notte, dopo aver "spento tutte le luci", quando, in forma solitaria e libera, elabora connessioni, circuiti, variazioni, ecc.?
Definire concretamente conscio, subconscio ed inconscio é possibile poiché possiamo contare su valutazioni sperimentali o anche solo su osservazioni specifiche. In nessun modo possiamo stabilire come l'attività cerebrale che si sviluppa nel sogno vero e che si caratterizza per l'atemporalità e l'aspazialità, possa interferire o comunque agire con l'attività che sottende invece tutti i sistemi percettivi, logici, analitici, consequenziali, ecc.

Probabilmente questa attività, che chiameremo di "sviluppo intrinseco", non ha un preciso valore per la vita di relazione e non filtra, non affiora durante lo stato di coscienza.


STATO COSCIENTE

Per poter capire meglio il problema riassumiamo ciò che riteniamo essenziale per determinare lo stato di coscienza:
1- capacità percettiva
2- capacità di stabilire correlazioni spaziali e temporali
3- capacità mnestica, in tutte le sue forme:
nozionistica, visiva, uditiva, di numeri, di nomi, di parole, di idiomi
4- capacità associative, analitiche, deduttive
5- controllo delle risposte emotive, affettive, impulsive
6- controllo del comportamento (finalistico)
7- orologio biologico.

Evidentemente il sogno vero non entra per nulla in questo schema, dal momento che:
a) i suoi parametri non si muovono nell'ambito dello spazio e del tempo;
b) non utilizza schemi associativi, analitici e deduttivi;
c) non si accompagna a componenti emotive ed affettive.

Per non cadere nell'assurdo, dal momento che tutti conoscono sogni angoscianti, risvegli improvvisi accompagnati da grande ansietà ripetiamo che tutte queste esperienze sono legate alle insognazioni e non ai sogni veri. A tal riguardo ci sembra necessario puntualizzare il problema della durata dei sogni.
Se diciamo che il sonno REM si accompagna ai sogni, considerando che ogni fase di sonno REM dura all'incirca 20 minuti, ci sembra oltremodo significativo pensare che il racconto di un sogno di tale durata richiederebbe, anche tenuto conto degli speciali rapporti spazio-tempo che sono caratteristici del sogno, un tempo notevole. Dobbiamo quindi far riferimento ad un altro meccanismo che giustifichi e supporti la verità dell'osservato.



SONNO REM E ATTIVITA' DI SVILUPPO INTRINSECO

Nel momento in cui termina il sonno REM, in forma spontanea o coercitiva perché qualcuno ci sveglia, torniamo allo stato di veglia molto rapidamente. Proprio in questo momento stimoli vari (interni ed esterni) mettono in movimento processi mnemonici che riferiamo come sogni e che, invece, abbiamo definito “insognazioni”.
Queste che, come abbiamo visto, rispondono a strutture di racconto che rispettano lo spazio-tempo, evidentemente sono caricate emotivamente e sono anche facilmente ricordabili. Ciò spiega perché i sogni che si raccontano sono generalmente molto corti e non hanno alcuna relazione con la lunghezza del sonno REM. L'attività onirica che si sviluppa durante il sonno REM ha dunque caratteristiche, specificità e significato del tutto propri e, per tali motivi, siamo portati a chiamarla "attività di sviluppo interno".
Questo per indicare che durante il sonno REM si sviluppa un’attività capace di predisporre circuiti e connessioni che equivalgono a risposte non usuali, non comuni, magari non automatiche che risultano già possibili entro uno schema o per una schematicità nuova e differente.
Occorre che la nostra esperienza sia già dentro di noi come possibile, che la nostra conoscenza sia come un congegno che scatta per essere stato già preordinato o predisposto o, comunque, organizzato nella dinamicità del possibile come se si utilizzasse una capacità quasi cibernetica di immagazzinare adattamenti o risposte preordinate per farne uso al momento opportuno.
Lo "sviluppo intrinseco" è dunque una possibilità ed una capacità importante che viene offerta e che magari è veramente caratteristica per il genere umano che può contare su reazioni, comportamenti, osservazioni relazionali, idee proprie e rivoluzionarie già sperimentate nel "mondo del possibile immaginario", nel crogiuolo possibilistico che è, come ci appare ora, il mondo del sonno REM e del sogno, del sogno vero che, solo pochi anni fa, ritenevamo come tempo perduto in confronto all'ipervalorizzato tempo di veglia, al tempo degli occhi aperti per approfittare delle occasioni, senza sapere che tutte le decisioni importanti e le scoperte geniali sono già state sperimentate e vissute nel nostro mondo onirico ed inconscio.
Cosa dire poi delle intuizioni di C.G. Jung che, con la sua straordinaria sagacità e capacità intellettuale, ha, per così dire, preconizzato tutto ciò che ora stiamo cercando di capire?.


JUNG E L'INCONSCIO

Secondo Freud i processi mentali derivano dal gioco reciproco di forze che si trovano nella natura degli istinti e, di conseguenza, hanno origine organica. In ogni uomo poi, esiste una forza della mente capace di escludere dalla coscienza tutte quelle tendenze che questa non può accettare. Si tratta delle tendenze "rimosse", ricacciate cioè oltre la soglia della coscienza e che quindi diventano "inconsce".
Jung accetta questi contenuti repressi che costituiscono "l'inconscio personale", ma aggiunge anche un "inconscio collettivo".
Il corpo umano, oltre che una “anatomia comune” che supera le differenze razziali, possiede anche un inconscio collettivo, patrimonio mentale comune, che trascende le differenze di cultura e di coscienza e che consiste in contenuti capaci di diventare consci ed in disposizioni latenti che permettono reazioni particolari ed identiche. Ciò significa che abbiamo istinti comuni di ideazione (immaginazione) e di azione; che quindi ogni tipo di immaginazione e di azione conscia sono nate da questi prototipi inconsci e a loro rimangono legati.
Questa è la differenza ideologica tra i due pensatori: mentre per Freud tutto il patrimonio inconscio deriva da processi consci, quindi dalla razionalità, per Jung è il conscio che deriva da pre-concetti, immaginativi e di azione, che derivano, a loro volta, da un patrimonio-potenzialità inconscia.
Mentre Freud dà all'inconscio un ruolo puramente secondario, Jung, al contrario, ne fa un fattore prioritario, vedendolo in realtà come matrice della coscienza. Per Jung, anche l'inconscio personale è il risultato di inibizioni e perversioni che compaiono durante il processo di differenziazione della coscienza.
Secondo il punto di vista razionalistico di Freud, noi siamo portati a identificare la psiche con la coscienza, riducendo l'inconscio ad un mero derivato di questa. Dobbiamo però riconoscere il carattere peculiare dell'inconscio i cui contenuti, intuitivi, "collettivi" e "primordiali", risalendo ed affiorando, giungono alla coscienza, plasmandola e differenziandola (il "mare da cui emerge l'IO conscio").
"Queste immagini primordiali sono i pensieri più profondi e più universali dell'umanità”; sono insieme sensazioni e pensieri che condizionano l'esistenza individuale, che, come appercezione dell'inconscio (Steiner), sono fonte di accrescimento della coscienza verso la configurazione, attraverso l'identificazione, dell'uomo "totale", dell'uomo "perfetto" (come dice Jung). Questa identificazione è il meccanismo che permette l'unicità dell'individuo, non come stranezza o singolarità, ma come "combinazione peculiare di elementi, o differenziazione graduale di funzioni e capacità che, in se stesse, sono universali", come realizzazione di una struttura unica e propria, però infinitamente diversa dall'egoismo proprio dell'individualismo.


CONSCIO - SUBCONSCIO - INCONSCIO

Solo ipoteticamente possiamo stabilire queste relazioni:
veglia í strutture intellettive consce
insognazioni í strutture intellettive subconsce
sogni veri í strutture intellettive inconsce.

Possiamo quindi dare una dimensione concreta e fenomenologica al famoso inconscio, inconscio collettivo ed avere un’ idea più chiara di come sia difficile sottoporre, anche solo parzialmente, tutto il nostro mondo potenziale all'analisi conscia e razionale.
Questo sipario che ci separa dal mondo onirico è anche la nostra fortuna dal momento che se si sollevasse avremmo una tale invasione di idee (che chiameremo "connessioni" perché sono ancora allo stato di "possibilità di idee"). Non potremmo in nessun modo resistere a tanta illogicità, sopportare un vero e proprio sconquasso nel nostro mondo cristallizzato della ragione.
Questo fenomeno può in parte spiegare il mondo dell’ alienazione, della dissociazione psichica e delle allucinazioni.



DEFICIT DI SONNO

Parlare di sonno oggi, presuppone anche affrontare il problema che è stato chiamato "deficit di sonno".
La cultura consumistica, ma forse anche la mentalità moderna dominante in quasi tutto il mondo civilizzato possono essere collocate nella sfera dell'accelerazione e hanno portato l'uomo a scegliere una forma di vita intensa, senza pause, dominata in generale dallo stress.
Senza voler entrare nel terreno della critica o comunque in dimostrazioni generali o statistiche, è però sicuramente vero che la civiltà moderna spinge l'uomo, fin dalla prima età, a utilizzare vorticosamente il tempo, cercando anche di ridurre il tempo dedicato al sonno. Alcuni uomini di cultura preconizzano l'utilizzo del tempo in maniera multipla (per es. ascoltare musica a tutto volume mentre si compie qualche altro lavoro anche di tipo intellettuale) e si vantano d'essere riusciti a moltiplicare per tre l'uso del tempo, tanto che a 45 anni possono dire d'aver vissuto 110 anni! "A quale scopo?", direbbero gli antichi filosofi!.

Indubbiamente le tensioni e la dimensione dei tempi operativi conduce ad uno stato che ipervalorizza il fare sull'essere.
A questo punto riconosciamo che, per mantenere il "ritmo",
oltre all'impegno personale, ricorriamo a stimolanti di tutti i generi. Consideriamo pero' che:
a) ogni tipo di stimolante (che chiameremo anfetaminosimile, per es. anche la caffeina) porta ad una maggiore attività psicomotoria che può anche risultare efficace per quanto concerne la performance, ma che si accompagna ad una riduzione del sonno REM;
b) ogni stimolazione conduce ad un bisogno di riparazione del sonno REM che si traduce in un recupero percentuale (fenomeno chiamato: REM rebound).

L'organismo quindi tende naturalmente a riprendersi il suo fabbisogno di sonno REM e questo fenomeno possiamo comprovarlo giornalmente osservando che, dopo una notte di veglia, siamo costantemente spinti a addormentarci in qualsiasi posto, anche il più inusuale e scomodo.

Un'altra osservazione sperimentale ha dimostrato che stimoli acustici e visivi, che normalmente producono reazione di allerta, in fase di sonnolenza favoriscono invece risposte paradossali che inducono un più rapido passaggio al sonno vero e proprio.
Particolarmente interessante è il fenomeno che si osserva in quelle persone che sono abituate a consumare, durante la giornata, alte dosi di caffeina (molte tazze di caffè o gran quantità di bibite ad alto contenuto dello stesso alcaloide): l'ingestione di caffeina provoca sonnolenza (che combattono con altra caffeina). L'assurdo viene spiegato dal fatto che l'organismo, dopo i primi giorni di deficit di sonno REM (la caffeina ne riduce la comparsa) induce uno stimolo al sonno che non si può contrarrestare per cui queste persone, pur avendo assunto degli stimolanti, si trovano a sonnecchiare in continuazione.
Da queste osservazioni, traiamo due considerazioni importanti:
a) risulta molto dubbio e di difficile dimostrazione che si possa parlare di un vero e proprio "debito" di sonno perché il sistema di recupero é altamente attivo ed efficace;
b) da un punto di vista operativo invece, è estremamente importante questo sistema che induce il recupero del sonno REM perché il deficit è responsabile di molti incidenti automobilistici. Quando si è sottoposti ad uno stress (una notte in discoteca) il ritorno a casa risulta una vera e propria "roulette russa". L'impulso al sonno è praticamente invincibile (soprattutto se si sono ingerite delle bevande alcooliche e specialmente quelle cosiddette bianche) ed uno stimolo luminoso può scatenare, invece del risveglio, una scarica di onde lente, presupposto inequivocabile dell'inizio del sonno.

Riassumendo, è importante valutare l’aumento dei rischi dovuti allo stimolo incontenibile della messa in funzione dei meccanismi inibitori che tendono sempre a riparare il debito di sonno.
Abbiamo voluto accennare a questa tematica perché un debito di sonno cronico dovrebbe accompagnarsi a un "debito di sogno vero" e quindi, seguendo le nostre considerazioni, ad una riduzione della "attività di sviluppo intrinseco": ci troveremmo quindi di fronte ad una riduzione delle potenzialità intellettuali intrinseche.

Sperimentalmente, si é potuto ottenere in animali la scomparsa totale del sonno, sia REM sia delle altri fasi cosiddette lente, che hanno dimostrato un comportamento irrequieto, tendenzialmente aggressivo, non per rabbia, ma per una incapacità a adeguarsi alle circostanze della sperimentazione (le registrazioni quotidiane), come dire al fabbisogno normale e quotidiano di accomodamento emozionale.
Questo tipo di esperimento ci ha dimostrato che un individuo (in questo caso un gatto) non muore per la privazione totale del sonno, ma perde completamente la capacità di modulare il comportamento e di imparare nuove possibilità di relazionarsi e quindi si rifugia in un isolamento guardingo ed autodifensivo del tutto paralizzante.

Nell'uomo, possiamo affermare che non si riscontrano casi estremi paragonabili a quelli ottenuti nella sperimentazione (con la stimolazione cronica della sostanza reticolare del mesencefalo in entrambi i lati); il deficit di sonno porta a una poderosa messa in funzione dei processi inibitori responsabili del sonno che si fa sempre più invincibile e quindi si tende a recuperare il sonno perduto. Da qui, è nostro parere che difficilmente, nell'uomo normale, si può instaurare un vero e proprio deficit di sonno, o deficit di sonno REM, o deficit di sogno.


SONNO REM E COSCIENZA

Il tentativo di affrontare l'interpretazione del sonno e dei sogni da un punto di vista di strutture e contenuti, ci porta a addentrarci nel mondo inscrutabile della psiche o, per meglio dire, a studiare i meccanismi che legano le strutture cerebrali alle funzioni psichiche più complesse.
Come prima osservazione dobbiamo riportarci al significato della comparsa del sonno REM. Questa è indubbiamente una funzione biologica del tutto particolare che si accompagna a:
- scomparsa dello stato di coscienza (è la fase di sonno più profonda);
- riduzione, fino quasi al blocco, dell'imput sensoriale esterno ed interno (esterocettivo, propriocettivo ed interocettivo);
- riduzione delle attività biologiche fondamentali;
- scomparsa totale del tono muscolare;
- comparsa di sogni o di uno "stato di sogno" da contrapporre allo "stato di coscienza";
- (naturalmente si osservano altri fenomeni specifici che pero' ci sembrano secondari per la nostra analisi, per es. movimenti oculari rapidi, erezione, ecc.).

Questo quadro evidenzia l'entrata in funzione di meccanismi neurofisiologici particolari che portano a:

- liberazione di una attività cerebrale del tutto particolare, totalmente separata e
differente da quella caratteristica dello stato di coscienza;
- mancata utilizzazione dei parametri dello spazio e del tempo;
- assenza di reazioni emotive;
- mancanza di memorizzazione;
- impossibilità ad utilizzare relazioni analitiche, associative e deduttive così il
pensiero si presenta come un insieme di idee-percezioni non districabili,
messaggi cifrati e non comprensibili, che forse neppure hanno un significato di
vissuto perché legate ad una realtà solo possibile, immaginativa ed intuitiva;
- assenza rapporti (se non fosse solo come isole emergenti) con lo stato di
coscienza;
- non referibilità alla vita quotidiana dei contenuti del racconto onirico che si
evidenziano per il loro carattere simbolico e per il fatto che i personaggi e le
situazioni acquistano una dimensione "mitica".

Le attività cerebrali legate allo stato di coscienza ed allo stato di sonno sono tanto dissimili che scoprirle e metterle a confronto fa sorgere il dilemma e l'enigma dell'essere pensante identificato come possibilità consce e possibilità inconsce: le strutture cerebrali che sottendono le due funzioni non possono essere differenti, per cui dobbiamo riferirci indubbiamente a modalità funzionali diverse.

Abbiamo riassunto le funzioni dello stato di coscienza; ora possiamo dividerle in due gruppi:

- coscienza conoscitiva
- coscienza operativa

Tralasciando la parte operativa, ritorniamo allo stato di coscienza come struttura del conoscere: occorre puntualizzare che ogni atto di coscienza implica una percezione autonomamente configurata, non atomistica. L'esperienza conoscitiva non é derivazione di sensazioni parcellari riunite successivamente attraverso un processo associativo, ma una globalità strutturale, una vera e propria “wahrnehmung”, ossia la presa di coscienza della verità.



SONNO REM E STRUTTURA DEL CONOSCERE

Si ribadisce che lo stato di coscienza si configura nell'atto del conoscere, che si struttura su processi di percezione-appercezione che, a loro volta, si fondano su processi di:

- memoria
- dimensionamento spazio-temporale
- processi critici: analisi, associazione, deduzione
- riordinamento delle esperenziale
- delle aspettative
- delle premonizioni.

Da tutto questo riconosciamo che la prima causale necessaria per il mantenimento dello stato di coscienza è l'imput sensoriale in tutte le sue forme: esterocettiva, enterocettiva e propriocettiva.
Successivamente, la relazione spazio-tempo suggerisce l'idea di stabilire certi gradi di ordine e di inserimento in un meccanismo schematico che porterà a "vivere" l'esperienza da una parte in forma critica e, dall'altra, finalistica, tendente cioè a integrarsi con le esperienze, i propri bisogni, oltre che alle aspettative, alle premonizioni, eccetera.
Il mondo della esperienza onirica ci risulta, a questo punto, veramente “sui generis” poiché:
- non è mantenuto da un imput sensoriale (innalzamento della soglia; perdita del
tono muscolare; ecc.);
- l'esperienza non tiene conto dei parametri strutturali dello spazio e del tempo;
non viene sottoposta al vaglio della critica;
- non subisce riordinamenti esperenziali né di altro tipo;
- non viene memorizzata.
A differenza di quella di coscienza, l’esperienza onirica non riveste nessun significato o carattere conoscitivo; è una esperienza a se stante, afinalistica; da qui anche il suo carattere non operativo, non solo nella sfera della relazione interpersonale (è evidente per la totale perdita del tono muscolare e quindi l'impossibilita' di movimento alcuno), ma anche, sicuramente, nella sfera emotiva ed affettiva.
Risulta quasi sconcertante che una attività tanto intensa e complessa non debba rivestire alcun fine utilitaristico e i movimenti oculari rapidi ingenerano un simbolismo, una allegoria: occhi come unico elemento vivo in un deserto immobile; occhi come finestre aperte, come sguardo attonito sul mondo, ma un mondo interno (vale a dire che non guardano fuori, ma guardano dentro) composto da tutte le esperienze, le situazioni, i rapporti, ecc.
Il nostro "personal computer" sta facendo passare sullo schermo tutti i propri bit di memoria, fa passare davanti a questo nostro "sguardo interno" tutto ciò che si è vissuto o che si sarebbe potuto anche vivere, forse anche le cose che, in un determinato momento, abbiamo sognato o fantasticato ad occhi aperti; tutto questo senza nessuna partecipazione emotiva, né affettiva.
E' come un enorme schermo del deja vu, del deja connu; come l'azione di uno scanner che corre su e giù per il "campo" scandagliando e visualizzando, ma senza poter mettere in movimento nessuna connessione operativa.
Aggiungiamo subito che tutta questa attività non viene immagazzinata, ricordata: d'altra parte sarebbe assurdo memorizzare ciò che è già memorizzato seppure in forma diversa, specifica, ordinata, secondo principi o schematismi, durante lo stato cosciente.
L'attività onirica è a sé stante; comincia e si esaurisce quando finisce il sogno e si ritira la "cassetta".



SONNO REM E STRUTTURE CEREBRALI


Abbiamo analizzato e messo a fuoco il contenuto e le modalità operative dell'attività cerebrale che si sviluppa nello stato di coscienza e nello stato di sogno, dovremmo ora poter concludere con un discorso sulle strutture, sui meccanismi precipui che supportano:

lo stato di coscienza conoscitivo
lo stato di incoscienza onirico

ma tutto sfugge alle possibilità di analisi oggettive e non si possono che formulare delle ipotesi.

Tentando di riassumere il problema delle possibilità funzionali potremmo sottolineare che:

a) nello stato di coscienza tutto il "campo" cerebrale si trova in azione: sotto l'effetto dell'imput sensoriale le strutture mesencefaliche attivano tutti i centri e, soprattutto, la corteccia. Il risultato e' la messa in funzione di sistemi che sottendono prima di tutto la memoria, intesa come deposito per immagazzinare, ma anche da dove estrarre tutti gli elementi conoscitivi, affettivi ed emotivi caratteristici della nostra vita quotidiana (comportamento-personalità); in secondo luogo i sistemi responsabili di una esatta appercezione (wahrnehmung = piena coscienza della verità); le capacità critiche; le possibilità di risposte comportamentali, emotive ed affettive.

b) nello stato di sogno, il sistema bulbare inibisce attivamente da un lato il sistema motorio (perdita totale del tono muscolare) e, dall'altra, il sistema sottocorticale centroencefalico. Questo permette la liberazione dell'attività corticale che si presenta all'EEG come attività desincronizzata, del tutto simile a quella registrabile durante lo stato di veglia o allerta cosciente.

Moderne ricerche hanno dimostrato che l'attivazione corticale del sonno REM è totalmente differente da quella dello stato di all'erta e che anche la sostanza reticolare del mesencefalo presenta una attività elevata che giustifica il termine di "occlusione". L'elevazione della soglia sensoriale, caratteristica del sonno REM, sarebbe quindi dovuta non ad una inibizione delle cellule reticolari del mesencefalo, ma dal fatto che queste risultano occupate e non possono ricevere altri imput.
Queste ricerche hanno dimostrato quindi che durante il sonno con sogni si sovrappongono attività bioelettriche riferibili allo stesso tempo al sonno profondo ed alla veglia, tanto da giustificare il termine, ormai classico, di "sonno paradossale".
Incontrovertibile resta però lo stato di attivazione corticale. Quella che abbiamo chiamato "attività corticale libera" sarebbe dunque quella "appercezione inconscia" che riscontriamo nei sogni e che abbiamo indicato come" contenuto incontrovertibile dell'inconscio".
Continuando sul piano interpretativo, è indubbio dover riconoscere nella corteccia il substrato strutturale di tutte le funzioni cerebrali superiori dal momento che è proprio qui che si stabiliscono le connessioni, le articolazioni, tutti i circuiti che rendono possibile da un lato l'ampia e sempre più complessa struttura della nostra coscienza e, dall'altro, la possibilità di circuiti, connessioni e articolazioni dell'attività onirica e dell'inconscio.
A questo punto, riprendendo il concetto di Jung del "mare da cui emerge l'IO conscio", risulta estremamente difficile poter strutturare un'immagine che giustifichi o renda possibile il passaggio di contenuti inconsci al livello conscio. Si potrebbe immaginare che questa possibilità non sia diretta o automatica, ma, al contrario, legata alla casualità o a sistemi di rinforzo.
Per spiegare questo concetto, dovremmo poter vedere se, durante l'attività onirica, si formino nella corteccia connessioni e circuiti inusuali che possano essere rinforzati da meccanismi di fissazione ripetitivi: in questa maniera, quando si stabilisca la attività cosciente, risulta facile che queste connessioni-circuiti-idee "rinforzati" possono interferire od essere coinvolti nell'attività psichica cosciente.
Per usare ancora una immagine cibernetica, diremo che questi raggruppamenti di configurazioni o circuiti diventeranno ripetitivi e, per tale ragione, sarà più probabile la loro comparsa nel piano cosciente. E ricordiamo che questo tipo di agire si chiama, nella teoria dell'informazione, "processo stocastico".


CORTECCIA CEREBRALE E RISPOSTE EMERGENTI

A questo punto, queste "isole emergenti" potranno comparire come un semplice fenomeno di intuizione, qualcosa di autonomo ed incontrollabile, come l'atto creativo-intuitivo dell'artista. Si potrebbe pensare anche come risultato di uno sforzo mnemonico particolare o il frutto di una intensa concentrazione. In ogni caso però (e sembra molto probabile che sia cosi'), queste "idee emergenti" appaiono e si manifestano nel campo cosciente come libere, al di fuori della volontà o di un preciso atto razionale.
Molte volte si sente affermare che è in attimi di relax, in un momento quasi "magico" che il pensatore, l'artista, lo scienziato, ecc., affermano: "... mi stavo prendendo un attimo di respiro e si è fatta la luce!!".
Molte volte questi "momenti creativi" insorgono la mattina presto, nel silenzio, nella tranquillità e, soprattutto, in un clima di grande serenità e distensione mentale, come se la psiche, in quel momento, si trovasse in "bianco".
Molte altre volte, queste "idee emergenti" compaiono nel dormiveglia, subito dopo essersi coricati o durante il famoso "pisolino pomeridiano"; difficilmente fanno la loro comparsa quando le strutture legate alle funzioni razionali stanno lavorando al massimo dell'impegno.

I loro contenuti sono i più svariati e possono spaziare, sempre però in forma intuitiva, acritica e senza alcuna particolare colorazione emotiva, nel campo intellettuale, scientifico, artistico-creativo, politico-sociale, ma anche e soprattutto, nel campo delle relazioni come "ordinativi comportamentali". In questi casi, evidentemente, le strutture imperative coscienti (le chiameremo Super-IO ?) entrano a criticare ed a giudicare queste idee che, se troppo conflittuali o insopportabili per le strutture etico-morali della coscienza, vengono ricacciate nel mondo profondo, nel mondo dell'inconscio.
Si ipotizza che queste "idee emergenti" , quando hanno trovato la via, la connessione, il circuito che ha permesso la loro emergenza, sempre più facilmente tornano ad invadere il campo razionale, cosciente e conoscitivo. Possono quindi diventare "idee ossessive", più difficilmente ricacciabili nei substrati inconsci: sentiamo spesso artisti, pensatori ed anche pazienti che parlano di idee nuove che invadono più o meno periodicamente il fluire normale della idee, dapprima in forma nebulosa, successivamente in forma sempre più chiara ed esatta.

Sarebbe come poter configurare le "idee emergenti", che una volta penetrate nel campo cosciente trovano in esso giustificazioni tali da permettere il passaggio del vaglio critico e possono accoccolarsi in un preciso spazio operativo, come punti nevralgici di un "nuovo" circuito di pensiero, di nuove convinzioni, di nuovi ordinamenti etico-morali, che fanno sparire dubbi e conflittualità.

Ci sembra anche di poter trovare una spiegazione per quei meccanismi ormai riconosciuti come fondamentali per la strutturazione della personalità. Ci riferiamo particolarmente ai processi di introiezione e di proiezione che, visti in relazione con la "attività di sviluppo interno" acquistano una dinamicità ed una proponibilità periodica che si sviluppa prima a livello inconscio, per passare poi a quello subconsio ed infine a quello conscio-conoscitivo.

SONNO REM E ATTIVITÀ ISTINTIVA

Queste osservazioni ci portano a considerare la vita "istintiva" o, per meglio dire, la "risposta istintiva". Non consideriamo come istintivo ciò di cui parla Freud, ma la vita e la risposta degli animali. Pur riconoscendo a questi ultimi una capacità di apprendimento conoscitivo ed un'ampia possibilità di risposta emotiva, dobbiamo però riconoscere loro anche una certa difficoltà nel produrre modulazioni comportamentali.
Riconsiderando i dati sperimentali relativi ai gatti in privazione cronica di sonno, siamo attratti dalla loro impossibilità di strutturare un comportamento modulato mentre si trovano costretti a dare una risposta univoca, ripetitiva, immodificabile, inadeguata.
I gatti invece che, sempre per esigenze di laboratorio, mostravano un normale od aumentato sonno REM, si caratterizzavano per le loro notevoli capacità di adeguarsi alle esigenze sperimentali, dimostrando, anzi, un atteggiamento che si potrebbe definire di collaborazione-piacevole, trovandosi gli animali in uno stato di "condizionamento positivo".
Queste osservazioni ci farebbero pensare che un normale sviluppo del sonno REM e dei sogni (i gatti come tutti i mammiferi hanno un sonno REM del tutto simile a quello degli uomini) si accompagna ad un arricchimento esperenziale interno a potenzialità positiva, nel senso che può permettere di inglobare possibilità istintuali modulate, cioè non automatiche, non semplicemente reattive, ma più consone ai vissuti e, di conseguenza, superare quella che è stata definita la "tirannide dell'istinto" o "la massificazione istintuale".




OROLOGIO BIOLOGICO

Per concludere queste osservazioni formulate sul sonno e sul sogno, vorremmo toccare un tema che, anche se non ad essi legato, ugualmente ne risulta condizionato.
Forse non abbiamo mai pensato o non ci siamo mai soffermati a considerare quanto il sonno REM sia straordinariamente "ordinato". Tutte le notti si mette in funzione rispettando un ritmo di comparsa (periodi di un'ora e mezzo, due ore), con una durata di 20-30 minuti per ogni periodo.
Questi ritmi sicuramente necessitano di un misuratore automatico (che per altro noi regolarmente cerchiamo di mandare in tilt con le nostre sregolatezze, nutrendoci disordinatamente, assumendo stimolanti di ogni genere, ecc. ecc.), ma certamente è troppo presto per poter proporre qualche idea, anche solo approssimativamente valida, su questo meccanismo. Vogliamo solo accennarne perché ci sembra un tema nuovo, ma interessantissimo, che aprirebbe orizzonti veramente insperati.

Nella spiegazione schematica dei meccanismi che riguardano il ritmo del sonno e della veglia, abbiamo considerato come la veglia sia sostenuta dall'imput sensoriale e dalla conseguente attivazione corticale mediante l’attività della sostanza reticolare del mesencefalo. Ad onor del vero questo meccanismo è solo parziale perché esperimenti su soggetti rinchiusi in grotte e quindi sottoposti ad un imput sensoriale decisamente atipico, hanno dimostrato di sviluppare un ritmo nictemerale del tutto simile a quello dell'uomo in libertà ed in superficie. Si è potuto così dimostrare un ritmo quasi-circadiano (di 24 ore) che fa sicuramente riferimento ad un orologio biofisico che attiva corteccia e mesencefalo in forma automatica.
Bisognerà quindi aspettarci che le prossime ricerche sulle attività automatiche ci illustrino come funzionano i vari (per lo meno due) orologi fisiologici o patterns temporali neurobiologici che regolano i ritmi delle nostre veglie e dei nostri sonni unitamente ai nostri sogni veri ed alle insognazioni.



UOMO TOTALE - UOMO PERFETTO


All'inizio di questo lavoro avevamo anticipato che sarebbe stato sorprendente parlare di tante cose che appena conosciamo. Ora forse sappiamo qualcosa di più e quindi possiamo anche "coricarci e sognare" tranquillamente, sicuri che le nostre prossime "idee emergenti", frutto della nostra "attività di sviluppo interno", ci porteranno tante sorprese e tante possibilità per capire qualcosa di più di questa meravigliosa macchina che è l’ "Uomo totale", l’ "Uomo perfetto " a cui si riferiva Carl Gustav Jung.



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