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Romeo Lucioni

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Sogno come fenomenologia dell'inconscio

SONNO E SOGNI
FENOMENOLOGIA DELL'INCONSCIO

Romeo Lucioni


Sono trascorsi più di 40 anni dalle scoperte di Aserinsky e il tema del sonno risulta tuttora stimolante anche se resta ancora coperto dal velo del mistero, dall'ombra del non sapere.
La neurofisiologia ci ha insegnato a distinguere nell'iter del sonno diverse fasi, di cui la più sorprendente é quella del sonno REM, così chiamato per i caratteristici movimenti rapidi e sincroni degli occhi; esso si accompagna a riduzione di tutti i cosiddetti fenomeni vitali, scomparsa del tono muscolare, erezione e, quasi sicuramente, di sogni. Si é anche potuto dimostrare che il sonno REM diminuisce percentualmente dal momento della nascita sino all’età adulta ed alla vecchiaia; che la privazione di sonno REM porta a gravissimi disturbi psichici ed anche a quadri psicotici nelle aree della depressione e delle allucinazioni.
Un’ altra caratteristica è che, dopo un periodo di privazione, l'individuo tende a recuperare il sonno REM perduto, dormendo più lunghi o più frequenti periodi dello stesso.
Vivere il sonno REM per un periodo determinato rappresenta una necessità inderogabile essendo responsabile da un lato del ripristino delle energie biologiche e biofisiche necessarie all'organismo per mantenere il suo stato ottimale di energia o status biologico e, dall'altro, del mantenimento dell'equilibrio psichico.
Parlare in questi termini della necessità di un determinato e specifico (della specie e dell'individuo) equilibrio del ritmo nictemerale risulta quasi fantascientifico, ma possiamo anticipare che la parte intuitiva e' molto meno seducente di quanto risulti la realtà se con Freud immaginassimo il mondo dei sogni intravedendo connessioni tra il biologico e lo psichico, punto di passaggio del dilemma medioevale: corpo e anima.


SONNO PARADOSSALE - REM

Prima di Aserinsky, si era sempre pensato al sonno come a un fenomeno passivo, risultato dell'affievolimento della veglia: la scoperta dei centri attivatori del mesencefalo aveva appunto supportato l'interpretazione del sonno come progressiva e sempre più profonda entrata nel sonno da cui si usciva con un lento recupero della vigilanza.
La scoperta del sonno REM, invece, ha dimostrato che il sonno é un fenomeno attivo e, per di più ciclico: durante la notte, si susseguono 3-4 periodi di sonno REM, della durata di 20 minuti circa ciascuno, che si ripetono tra una e due ore. Si è osservato anche che questo momento fisiologico tanto caratteristico ha il suo detonatore nei nuclei del ponte del tronco cerebrale.
Da questi pochi accenni di fisiologia, si può capire la complessità del fenomeno sonno, ma vale la pena di tralasciare l'approfondimento del tema anatomo-funzionale per affrontare problematiche che riguardano quotidianamente ogni persona.
In primo luogo vanno ricordate le comunissime sensazioni di "caduta" (come se si sprofondasse) che si verificano per lo più nei primi momenti del sonno. La spiegazione sta nel verificarsi di una specie di frattura orizzontale dei meccanismi cerebrali: subiamo un’inibizione del tono muscolare (sensazione di caduta vertiginosa) che non si accompagna alla corrispondente perdita della vigilanza così lo stato di coscienza può "percepire" la perdita del tono muscolare provocando una notevole tensione emotiva ed ansiosa.

Poiché quando finisce una fase di sonno REM si osserva sempre una tendenza al risveglio, molto spesso un uomo, in questa circostanza, costata l'erezione del proprio pene: questo indica che non si é ancora esaurito il fenomeno che accompagna normalmente il sonno REM, senza avere il benché minimo significato di eccitazione o altro fenomeno della stessa natura.
Tale esperienza, del tutto fisiologica, insignificante nell'uomo giovane, si trasforma in esperienza fastidiosa, se non proprio dolorosa, nella terza età quando il risveglio dell'anziano è accompagnato da una sensazione di urgenza ad urinare e dalla concomitante impossibilità o ritardo ad iniziare la minzione. L'osservazione di questi casi ha portato a considerazioni di grande importanza.
Come si è detto, il sonno REM si accompagna ai sogni: in queste circostanze è facile raccogliere racconti di molti sogni spontanei in una situazione del tutto particolare e, si direbbe, favorevole dal momento che questi soggetti non sono ancora del tutto "svegli" e coscienti quando si alzano spinti dal bisogno fisiologico.

Dall'analisi di questi dati scaturiscono alcune domande:

· C’è un solo tipo di sogno?
Diciamo subito che si riscontrano due tipi di sogno: i "sogni veri" e le "insognazioni";

· Quali sono le caratteristiche del sogno vero?
Il sogno vero è difficilmente memorizzabile e, quando ci svegliamo, viviamo l'impressione d'aver sognato qualcosa di cui non ricordiamo nulla, oppure memorizziamo una parte che, però, scompare come una bolla di sapone, improvvisamente e senza lasciare tracce.
L'analisi dei ricordi onirici in soggetti anziani, ha permesso di definire le caratteristiche essenziali dei sogni veri:
1) non sono memorizzabili (o per lo meno, per memorizzarli in parte è necessario un grande sforzo di concentrazione subito dopo il risveglio);
2) il loro contenuto è aspaziale ed atemporale: non si svolgono come un racconto, ma si presentano come una visione, come un "aleph", poiché sono come una specie di intuizione che tutto comprende: il presente, il passato, il futuro, il qui, il prossimo, il lontano. Non c'è rottura di continuità tra il succeduto ieri ed il vissuto l'anno scorso, per esempio: possono convivere i personaggi di ieri e di domani.

· Quali sono le caratteristiche delle insognazioni?
Sono memorizzabili; si ricordano come una "storia", un racconto che si svolge con tutti i legami ed i nessi, come se fossero film (si ricordi che i sogni sono per lo più a colori e con movimento).
Si può quindi affermare che nel sonno REM si hanno i sogni veri; nelle altre fasi del sonno si sviluppano le insognazioni. Con queste conclusioni si dà una risposta anche al fenomeno dell'inserimento di stimoli esterni nei sogni che agiscono solamente durante le insognazioni, poiché, durante il sonno REM, non possono oltrepassare il filtro posto sull'imput con un aumento della soglia.

Evidentemente i meccanismi neurofisiologici che sottendono i due tipi di sogno debbono essere differenti, anche se a noi risultano del tutto sconosciuti.
Considerando il tema da un punto di vista cibernetico, potremmo affermare che le insognazioni sono il risultato di associazioni, deduzioni, confronti, analisi, ecc.: vengono utilizzati tutti o quasi tutti i meccanismi caratteristici dello stato di veglia e presupposti della coscienza. Quando parliamo invece di sogni veri, quello che succede nelle strutture cerebrali é come una liberazione totale. Il nostro computer utilizza nello stesso momento tutti i suoi bit di memoria, derivandone un miscuglio indecifrabile dal punto di vista della logica e delle connessioni temporo-spaziali. Un tale sistema, o meglio un sistema che lavori in questo modo, se da un punto di vista logico-razionale non ha nessuna utilità, da quello creativo, indubbiamente, permette connessioni impensate e ricchissime.
Se allora pensiamo al sogno vero (quello che si verifica nel sonno REM, quando si ha anche un relativo silenzio di imput sensoriale, percettivo ed enterocettivo), lo vediamo come un "meccanismo globale" e ci si presenta come una possibilità di verifica e di ampia creatività.
Potremmo considerare un sistema di ricerca di possibilità nuove; come il substrato dell'immaginazione e di tutte quelle capacità di cui la mente umana è orgogliosa e ne fa "esclusivismo prioritario".
Naturalmente se questo "sistema globale" potesse funzionare liberamente durante i periodi di coscienza, ne saremmo sconcertati, disturbati o anche dissociati. Nessuno potrebbe mettere ordine nella sua testa, trovandosi bombardato da imput disordinati, fuori di ogni controllo, alienati dalle regole di spazio e tempo.

Se prendiamo in considerazione questo tipo di "attività globale", finalisticamente potremmo affermare che la perdita della memoria dei sogni veri è una semplice forma di difesa; l'organismo si difende dalla alienazione e dalla dissociazione: nessuno potrebbe sopportare la sovrapposizione in un solo istante, di tutte le proprie esperienze presenti, passate e future (nel senso di immaginate o deducibili).

Come già accennato, dare una risposta supera le possibilità scientifiche ed immaginative, ma talora serve da sprone a nuove ricerche; cercheremo quindi di chiederci il perché di un meccanismo funzionale di tali caratteristiche e di elaborare qualche "ipotesi".
Prima di tutto abbiamo potuto verificare e dimostrare che il nostro cervello, che travalica il mero essere un meccanismo cibernetico risultato dalla somma di centri funzionali separati, debba essere invece considerato un tutt'uno, "un campo".
Ormai più nessuno può considerarlo un elaboratore a settori che permette una sintesi successiva. Anche l'analisi della funzione di percezione ha dimostrato che il cervello funziona in forma globale, si autorevole e si auto-predispone, si "gestisce" nella sua totalità in qualsiasi momento, in ogni circostanza (questo dà anche un'idea delle enormi possibilità di autoriparazione o di varianti o scelte sostitutive nel momento dell'accadere di qualunque danno anche grave).



CERVELLO E ANIMA

Torniamo al sogno vero che ci si presenta ora non solo come una possibilità di produrre una storia più o meno interessante, ma acquista la dimensione di una potenzialità funzionale insostituibile.
Durante il sogno, il nostro "organo prioritario" (il cervello) produce un’attività che si potrebbe chiamare di "autosviluppo". Far fluire connessioni all'infinito, senza limitazioni spazio-temporali, è come fornire mezzi infiniti, circuiti inimmaginabili perché la potenzialità intellettuale non risulti limitata; sarebbe come possedere un meccanismo a potenzialità infinita e, una simile visione, più che come centro dell'intelligenza, proietta il nostro elaboratore biologico a una dimensione nuova che può essere compresa solo se la paragoniamo a quanto gli antichi saggi chiamavano "animus" o "anima".
In questa ottica ci rendiamo quindi conto dell'assurdità del dualismo corpo-anima, dando invece (come del resto e' anche successo solo pochi anni fa nel campo astronomico e astrofisico) al nostro “povero e limitato” cervello un’importanza prodigiosamente infinita.

Questa è più una convinzione che un’ipotesi, ma dobbiamo considerare che, nel campo del sonno e soprattutto in quello dei sogni, molti postulati non sono né dimostrati né dimostrabili. D'altra parte, ormai le scienze fisiche non si fondano più su un rigido schema casuale e deterministico poiché anche le leggi della natura si sono rivelate non strettamente immutabili: si è tralasciato dunque il preteso principio dell'oggettività, sostituendolo con il "principio di indeterminazione" che definisce il limite oltre il quale ogni previsione è impossibile, introducendo anche il concetto che l'osservatore e l'oggetto osservato non possono essere separati.
Nel nostro caso infatti, nel difficile tentativo di studiare un altro essere umano in sonno, solo il più grossolano degli osservatori potrà ignorare che l'oggetto della sua ricerca é condizionato dalle sue personali osservazioni e questo, oltre che sul piano della manipolazione per le registrazioni, succede specialmente sul piano emotivo ed affettivo. Bisogna sottolineare anche che i sogni raccolti in questo modo hanno un valore estremamente dubbio e possono benissimo essere interpretati in modo diverso dalla realtà quando non, addirittura, allinearsi, in forma del tutto inconsapevole, con i desideri e le aspettative dell'osservatore.
In ultima analisi, non si vuole qui negare la validità dell'ordine oggettivo, ma soltanto mettere in evidenza che la partecipazione dell'osservatore va inclusa nello schema delle cose osservate e che una sua esclusione sarebbe altrettanto oggettivamente ingiustificata.

Tornando alla differenza tra sogno vero ed insognazione, dobbiamo anche tenere conto della problematica che investe il campo del coscio e quello dell'inconscio.
Quando parliamo di conscio, subconscio o inconscio, consideriamo questi stati come substrati funzionali diversi: il conscio è legato alla contingenza neurofisiologica e biochimica (risultato di connessioni e neurotrasmissioni), mentre il subconscio e l'inconscio risultano essere qualcosa di impalpabile, extrafisico, più legato allo spirito o all'anima.
Ora invece, avendo scoperto che il sonno REM e i sogni veri che lo accompagnano possiedono una nuova dimensione operativo-integrativa, diamo anche all'inconscio una possibilità di analisi fenomenologica, un substrato più quantificabile, più concreto, legato indubbiamente a quello che è il nostro vero "personal computer" racchiuso nelle rigide e schematiche funzioni che si "biforcano" in un modo che può essere quantificato come “astronomico”.

É quindi necessario chiarire cosa mai significhi l'analisi dei sogni e tutto il bagaglio psicoanalitico. Gli studi sul sonno e sui sogni non tolgono nulla alle scoperte freudiane, anzi le convalidano dal momento che si può parlare di sogno come funzione psicologica specificamente valutabile ed anche quantificabile.
I sogni che i pazienti raccontano agli psicoanalisti sono sicuramente insognazioni che, tra l'altro, sono influenzate dalle esperienze quotidiane. Resta pero' aperta una possibilità che si propone come quesito: potremo entrare ad indagare, a studiare e verificare quel mondo personale, inscrutabile e sicuramente indecifrabile che è l'attività intrinseca del nostro bio-maxi-computer quando si racchiude in se stesso, nel silenzio della notte, dopo aver "spento tutte le luci", quando, in forma solitaria e libera, elabora connessioni, circuiti, variazioni, ecc.?
Definire concretamente conscio, subconscio ed inconscio é possibile poiché possiamo contare su valutazioni sperimentali o anche solo su osservazioni specifiche. In nessun modo possiamo stabilire come l'attività cerebrale che si sviluppa nel sogno vero e che si caratterizza per l'atemporalità e l'aspazialità, possa interferire o comunque agire con l'attività che sottende invece tutti i sistemi percettivi, logici, analitici, consequenziali, ecc.

Probabilmente questa attività, che chiameremo di "sviluppo intrinseco", non ha un preciso valore per la vita di relazione e non filtra, non affiora durante lo stato di coscienza.


STATO COSCIENTE

Per poter capire meglio il problema riassumiamo ciò che riteniamo essenziale per determinare lo stato di coscienza:
1- capacità percettiva
2- capacità di stabilire correlazioni spaziali e temporali
3- capacità mnestica, in tutte le sue forme:
nozionistica, visiva, uditiva, di numeri, di nomi, di parole, di idiomi
4- capacità associative, analitiche, deduttive
5- controllo delle risposte emotive, affettive, impulsive
6- controllo del comportamento (finalistico)
7- orologio biologico.

Evidentemente il sogno vero non entra per nulla in questo schema, dal momento che:
a) i suoi parametri non si muovono nell'ambito dello spazio e del tempo;
b) non utilizza schemi associativi, analitici e deduttivi;
c) non si accompagna a componenti emotive ed affettive.

Per non cadere nell'assurdo, dal momento che tutti conoscono sogni angoscianti, risvegli improvvisi accompagnati da grande ansietà ripetiamo che tutte queste esperienze sono legate alle insognazioni e non ai sogni veri. A tal riguardo ci sembra necessario puntualizzare il problema della durata dei sogni.
Se diciamo che il sonno REM si accompagna ai sogni, considerando che ogni fase di sonno REM dura all'incirca 20 minuti, ci sembra oltremodo significativo pensare che il racconto di un sogno di tale durata richiederebbe, anche tenuto conto degli speciali rapporti spazio-tempo che sono caratteristici del sogno, un tempo notevole. Dobbiamo quindi far riferimento ad un altro meccanismo che giustifichi e supporti la verità dell'osservato.



SONNO REM E ATTIVITA' DI SVILUPPO INTRINSECO

Nel momento in cui termina il sonno REM, in forma spontanea o coercitiva perché qualcuno ci sveglia, torniamo allo stato di veglia molto rapidamente. Proprio in questo momento stimoli vari (interni ed esterni) mettono in movimento processi mnemonici che riferiamo come sogni e che, invece, abbiamo definito “insognazioni”.
Queste che, come abbiamo visto, rispondono a strutture di racconto che rispettano lo spazio-tempo, evidentemente sono caricate emotivamente e sono anche facilmente ricordabili. Ciò spiega perché i sogni che si raccontano sono generalmente molto corti e non hanno alcuna relazione con la lunghezza del sonno REM. L'attività onirica che si sviluppa durante il sonno REM ha dunque caratteristiche, specificità e significato del tutto propri e, per tali motivi, siamo portati a chiamarla "attività di sviluppo interno".
Questo per indicare che durante il sonno REM si sviluppa un’attività capace di predisporre circuiti e connessioni che equivalgono a risposte non usuali, non comuni, magari non automatiche che risultano già possibili entro uno schema o per una schematicità nuova e differente.
Occorre che la nostra esperienza sia già dentro di noi come possibile, che la nostra conoscenza sia come un congegno che scatta per essere stato già preordinato o predisposto o, comunque, organizzato nella dinamicità del possibile come se si utilizzasse una capacità quasi cibernetica di immagazzinare adattamenti o risposte preordinate per farne uso al momento opportuno.
Lo "sviluppo intrinseco" è dunque una possibilità ed una capacità importante che viene offerta e che magari è veramente caratteristica per il genere umano che può contare su reazioni, comportamenti, osservazioni relazionali, idee proprie e rivoluzionarie già sperimentate nel "mondo del possibile immaginario", nel crogiuolo possibilistico che è, come ci appare ora, il mondo del sonno REM e del sogno, del sogno vero che, solo pochi anni fa, ritenevamo come tempo perduto in confronto all'ipervalorizzato tempo di veglia, al tempo degli occhi aperti per approfittare delle occasioni, senza sapere che tutte le decisioni importanti e le scoperte geniali sono già state sperimentate e vissute nel nostro mondo onirico ed inconscio.
Cosa dire poi delle intuizioni di C.G. Jung che, con la sua straordinaria sagacità e capacità intellettuale, ha, per così dire, preconizzato tutto ciò che ora stiamo cercando di capire?.


JUNG E L'INCONSCIO

Secondo Freud i processi mentali derivano dal gioco reciproco di forze che si trovano nella natura degli istinti e, di conseguenza, hanno origine organica. In ogni uomo poi, esiste una forza della mente capace di escludere dalla coscienza tutte quelle tendenze che questa non può accettare. Si tratta delle tendenze "rimosse", ricacciate cioè oltre la soglia della coscienza e che quindi diventano "inconsce".
Jung accetta questi contenuti repressi che costituiscono "l'inconscio personale", ma aggiunge anche un "inconscio collettivo".
Il corpo umano, oltre che una “anatomia comune” che supera le differenze razziali, possiede anche un inconscio collettivo, patrimonio mentale comune, che trascende le differenze di cultura e di coscienza e che consiste in contenuti capaci di diventare consci ed in disposizioni latenti che permettono reazioni particolari ed identiche. Ciò significa che abbiamo istinti comuni di ideazione (immaginazione) e di azione; che quindi ogni tipo di immaginazione e di azione conscia sono nate da questi prototipi inconsci e a loro rimangono legati.
Questa è la differenza ideologica tra i due pensatori: mentre per Freud tutto il patrimonio inconscio deriva da processi consci, quindi dalla razionalità, per Jung è il conscio che deriva da pre-concetti, immaginativi e di azione, che derivano, a loro volta, da un patrimonio-potenzialità inconscia.
Mentre Freud dà all'inconscio un ruolo puramente secondario, Jung, al contrario, ne fa un fattore prioritario, vedendolo in realtà come matrice della coscienza. Per Jung, anche l'inconscio personale è il risultato di inibizioni e perversioni che compaiono durante il processo di differenziazione della coscienza.
Secondo il punto di vista razionalistico di Freud, noi siamo portati a identificare la psiche con la coscienza, riducendo l'inconscio ad un mero derivato di questa. Dobbiamo però riconoscere il carattere peculiare dell'inconscio i cui contenuti, intuitivi, "collettivi" e "primordiali", risalendo ed affiorando, giungono alla coscienza, plasmandola e differenziandola (il "mare da cui emerge l'IO conscio").
"Queste immagini primordiali sono i pensieri più profondi e più universali dell'umanità”; sono insieme sensazioni e pensieri che condizionano l'esistenza individuale, che, come appercezione dell'inconscio (Steiner), sono fonte di accrescimento della coscienza verso la configurazione, attraverso l'identificazione, dell'uomo "totale", dell'uomo "perfetto" (come dice Jung). Questa identificazione è il meccanismo che permette l'unicità dell'individuo, non come stranezza o singolarità, ma come "combinazione peculiare di elementi, o differenziazione graduale di funzioni e capacità che, in se stesse, sono universali", come realizzazione di una struttura unica e propria, però infinitamente diversa dall'egoismo proprio dell'individualismo.


CONSCIO - SUBCONSCIO - INCONSCIO

Solo ipoteticamente possiamo stabilire queste relazioni:
veglia í strutture intellettive consce
insognazioni í strutture intellettive subconsce
sogni veri í strutture intellettive inconsce.

Possiamo quindi dare una dimensione concreta e fenomenologica al famoso inconscio, inconscio collettivo ed avere un’ idea più chiara di come sia difficile sottoporre, anche solo parzialmente, tutto il nostro mondo potenziale all'analisi conscia e razionale.
Questo sipario che ci separa dal mondo onirico è anche la nostra fortuna dal momento che se si sollevasse avremmo una tale invasione di idee (che chiameremo "connessioni" perché sono ancora allo stato di "possibilità di idee"). Non potremmo in nessun modo resistere a tanta illogicità, sopportare un vero e proprio sconquasso nel nostro mondo cristallizzato della ragione.
Questo fenomeno può in parte spiegare il mondo dell’ alienazione, della dissociazione psichica e delle allucinazioni.



DEFICIT DI SONNO

Parlare di sonno oggi, presuppone anche affrontare il problema che è stato chiamato "deficit di sonno".
La cultura consumistica, ma forse anche la mentalità moderna dominante in quasi tutto il mondo civilizzato possono essere collocate nella sfera dell'accelerazione e hanno portato l'uomo a scegliere una forma di vita intensa, senza pause, dominata in generale dallo stress.
Senza voler entrare nel terreno della critica o comunque in dimostrazioni generali o statistiche, è però sicuramente vero che la civiltà moderna spinge l'uomo, fin dalla prima età, a utilizzare vorticosamente il tempo, cercando anche di ridurre il tempo dedicato al sonno. Alcuni uomini di cultura preconizzano l'utilizzo del tempo in maniera multipla (per es. ascoltare musica a tutto volume mentre si compie qualche altro lavoro anche di tipo intellettuale) e si vantano d'essere riusciti a moltiplicare per tre l'uso del tempo, tanto che a 45 anni possono dire d'aver vissuto 110 anni! "A quale scopo?", direbbero gli antichi filosofi!.

Indubbiamente le tensioni e la dimensione dei tempi operativi conduce ad uno stato che ipervalorizza il fare sull'essere.
A questo punto riconosciamo che, per mantenere il "ritmo",
oltre all'impegno personale, ricorriamo a stimolanti di tutti i generi. Consideriamo pero' che:
a) ogni tipo di stimolante (che chiameremo anfetaminosimile, per es. anche la caffeina) porta ad una maggiore attività psicomotoria che può anche risultare efficace per quanto concerne la performance, ma che si accompagna ad una riduzione del sonno REM;
b) ogni stimolazione conduce ad un bisogno di riparazione del sonno REM che si traduce in un recupero percentuale (fenomeno chiamato: REM rebound).

L'organismo quindi tende naturalmente a riprendersi il suo fabbisogno di sonno REM e questo fenomeno possiamo comprovarlo giornalmente osservando che, dopo una notte di veglia, siamo costantemente spinti a addormentarci in qualsiasi posto, anche il più inusuale e scomodo.

Un'altra osservazione sperimentale ha dimostrato che stimoli acustici e visivi, che normalmente producono reazione di allerta, in fase di sonnolenza favoriscono invece risposte paradossali che inducono un più rapido passaggio al sonno vero e proprio.
Particolarmente interessante è il fenomeno che si osserva in quelle persone che sono abituate a consumare, durante la giornata, alte dosi di caffeina (molte tazze di caffè o gran quantità di bibite ad alto contenuto dello stesso alcaloide): l'ingestione di caffeina provoca sonnolenza (che combattono con altra caffeina). L'assurdo viene spiegato dal fatto che l'organismo, dopo i primi giorni di deficit di sonno REM (la caffeina ne riduce la comparsa) induce uno stimolo al sonno che non si può contrarrestare per cui queste persone, pur avendo assunto degli stimolanti, si trovano a sonnecchiare in continuazione.
Da queste osservazioni, traiamo due considerazioni importanti:
a) risulta molto dubbio e di difficile dimostrazione che si possa parlare di un vero e proprio "debito" di sonno perché il sistema di recupero é altamente attivo ed efficace;
b) da un punto di vista operativo invece, è estremamente importante questo sistema che induce il recupero del sonno REM perché il deficit è responsabile di molti incidenti automobilistici. Quando si è sottoposti ad uno stress (una notte in discoteca) il ritorno a casa risulta una vera e propria "roulette russa". L'impulso al sonno è praticamente invincibile (soprattutto se si sono ingerite delle bevande alcooliche e specialmente quelle cosiddette bianche) ed uno stimolo luminoso può scatenare, invece del risveglio, una scarica di onde lente, presupposto inequivocabile dell'inizio del sonno.

Riassumendo, è importante valutare l’aumento dei rischi dovuti allo stimolo incontenibile della messa in funzione dei meccanismi inibitori che tendono sempre a riparare il debito di sonno.
Abbiamo voluto accennare a questa tematica perché un debito di sonno cronico dovrebbe accompagnarsi a un "debito di sogno vero" e quindi, seguendo le nostre considerazioni, ad una riduzione della "attività di sviluppo intrinseco": ci troveremmo quindi di fronte ad una riduzione delle potenzialità intellettuali intrinseche.

Sperimentalmente, si é potuto ottenere in animali la scomparsa totale del sonno, sia REM sia delle altri fasi cosiddette lente, che hanno dimostrato un comportamento irrequieto, tendenzialmente aggressivo, non per rabbia, ma per una incapacità a adeguarsi alle circostanze della sperimentazione (le registrazioni quotidiane), come dire al fabbisogno normale e quotidiano di accomodamento emozionale.
Questo tipo di esperimento ci ha dimostrato che un individuo (in questo caso un gatto) non muore per la privazione totale del sonno, ma perde completamente la capacità di modulare il comportamento e di imparare nuove possibilità di relazionarsi e quindi si rifugia in un isolamento guardingo ed autodifensivo del tutto paralizzante.

Nell'uomo, possiamo affermare che non si riscontrano casi estremi paragonabili a quelli ottenuti nella sperimentazione (con la stimolazione cronica della sostanza reticolare del mesencefalo in entrambi i lati); il deficit di sonno porta a una poderosa messa in funzione dei processi inibitori responsabili del sonno che si fa sempre più invincibile e quindi si tende a recuperare il sonno perduto. Da qui, è nostro parere che difficilmente, nell'uomo normale, si può instaurare un vero e proprio deficit di sonno, o deficit di sonno REM, o deficit di sogno.


SONNO REM E COSCIENZA

Il tentativo di affrontare l'interpretazione del sonno e dei sogni da un punto di vista di strutture e contenuti, ci porta a addentrarci nel mondo inscrutabile della psiche o, per meglio dire, a studiare i meccanismi che legano le strutture cerebrali alle funzioni psichiche più complesse.
Come prima osservazione dobbiamo riportarci al significato della comparsa del sonno REM. Questa è indubbiamente una funzione biologica del tutto particolare che si accompagna a:
- scomparsa dello stato di coscienza (è la fase di sonno più profonda);
- riduzione, fino quasi al blocco, dell'imput sensoriale esterno ed interno (esterocettivo, propriocettivo ed interocettivo);
- riduzione delle attività biologiche fondamentali;
- scomparsa totale del tono muscolare;
- comparsa di sogni o di uno "stato di sogno" da contrapporre allo "stato di coscienza";
- (naturalmente si osservano altri fenomeni specifici che pero' ci sembrano secondari per la nostra analisi, per es. movimenti oculari rapidi, erezione, ecc.).

Questo quadro evidenzia l'entrata in funzione di meccanismi neurofisiologici particolari che portano a:

- liberazione di una attività cerebrale del tutto particolare, totalmente separata e
differente da quella caratteristica dello stato di coscienza;
- mancata utilizzazione dei parametri dello spazio e del tempo;
- assenza di reazioni emotive;
- mancanza di memorizzazione;
- impossibilità ad utilizzare relazioni analitiche, associative e deduttive così il
pensiero si presenta come un insieme di idee-percezioni non districabili,
messaggi cifrati e non comprensibili, che forse neppure hanno un significato di
vissuto perché legate ad una realtà solo possibile, immaginativa ed intuitiva;
- assenza rapporti (se non fosse solo come isole emergenti) con lo stato di
coscienza;
- non referibilità alla vita quotidiana dei contenuti del racconto onirico che si
evidenziano per il loro carattere simbolico e per il fatto che i personaggi e le
situazioni acquistano una dimensione "mitica".

Le attività cerebrali legate allo stato di coscienza ed allo stato di sonno sono tanto dissimili che scoprirle e metterle a confronto fa sorgere il dilemma e l'enigma dell'essere pensante identificato come possibilità consce e possibilità inconsce: le strutture cerebrali che sottendono le due funzioni non possono essere differenti, per cui dobbiamo riferirci indubbiamente a modalità funzionali diverse.

Abbiamo riassunto le funzioni dello stato di coscienza; ora possiamo dividerle in due gruppi:

- coscienza conoscitiva
- coscienza operativa

Tralasciando la parte operativa, ritorniamo allo stato di coscienza come struttura del conoscere: occorre puntualizzare che ogni atto di coscienza implica una percezione autonomamente configurata, non atomistica. L'esperienza conoscitiva non é derivazione di sensazioni parcellari riunite successivamente attraverso un processo associativo, ma una globalità strutturale, una vera e propria “wahrnehmung”, ossia la presa di coscienza della verità.



SONNO REM E STRUTTURA DEL CONOSCERE

Si ribadisce che lo stato di coscienza si configura nell'atto del conoscere, che si struttura su processi di percezione-appercezione che, a loro volta, si fondano su processi di:

- memoria
- dimensionamento spazio-temporale
- processi critici: analisi, associazione, deduzione
- riordinamento delle esperenziale
- delle aspettative
- delle premonizioni.

Da tutto questo riconosciamo che la prima causale necessaria per il mantenimento dello stato di coscienza è l'imput sensoriale in tutte le sue forme: esterocettiva, enterocettiva e propriocettiva.
Successivamente, la relazione spazio-tempo suggerisce l'idea di stabilire certi gradi di ordine e di inserimento in un meccanismo schematico che porterà a "vivere" l'esperienza da una parte in forma critica e, dall'altra, finalistica, tendente cioè a integrarsi con le esperienze, i propri bisogni, oltre che alle aspettative, alle premonizioni, eccetera.
Il mondo della esperienza onirica ci risulta, a questo punto, veramente “sui generis” poiché:
- non è mantenuto da un imput sensoriale (innalzamento della soglia; perdita del
tono muscolare; ecc.);
- l'esperienza non tiene conto dei parametri strutturali dello spazio e del tempo;
non viene sottoposta al vaglio della critica;
- non subisce riordinamenti esperenziali né di altro tipo;
- non viene memorizzata.
A differenza di quella di coscienza, l’esperienza onirica non riveste nessun significato o carattere conoscitivo; è una esperienza a se stante, afinalistica; da qui anche il suo carattere non operativo, non solo nella sfera della relazione interpersonale (è evidente per la totale perdita del tono muscolare e quindi l'impossibilita' di movimento alcuno), ma anche, sicuramente, nella sfera emotiva ed affettiva.
Risulta quasi sconcertante che una attività tanto intensa e complessa non debba rivestire alcun fine utilitaristico e i movimenti oculari rapidi ingenerano un simbolismo, una allegoria: occhi come unico elemento vivo in un deserto immobile; occhi come finestre aperte, come sguardo attonito sul mondo, ma un mondo interno (vale a dire che non guardano fuori, ma guardano dentro) composto da tutte le esperienze, le situazioni, i rapporti, ecc.
Il nostro "personal computer" sta facendo passare sullo schermo tutti i propri bit di memoria, fa passare davanti a questo nostro "sguardo interno" tutto ciò che si è vissuto o che si sarebbe potuto anche vivere, forse anche le cose che, in un determinato momento, abbiamo sognato o fantasticato ad occhi aperti; tutto questo senza nessuna partecipazione emotiva, né affettiva.
E' come un enorme schermo del deja vu, del deja connu; come l'azione di uno scanner che corre su e giù per il "campo" scandagliando e visualizzando, ma senza poter mettere in movimento nessuna connessione operativa.
Aggiungiamo subito che tutta questa attività non viene immagazzinata, ricordata: d'altra parte sarebbe assurdo memorizzare ciò che è già memorizzato seppure in forma diversa, specifica, ordinata, secondo principi o schematismi, durante lo stato cosciente.
L'attività onirica è a sé stante; comincia e si esaurisce quando finisce il sogno e si ritira la "cassetta".



SONNO REM E STRUTTURE CEREBRALI


Abbiamo analizzato e messo a fuoco il contenuto e le modalità operative dell'attività cerebrale che si sviluppa nello stato di coscienza e nello stato di sogno, dovremmo ora poter concludere con un discorso sulle strutture, sui meccanismi precipui che supportano:

lo stato di coscienza conoscitivo
lo stato di incoscienza onirico

ma tutto sfugge alle possibilità di analisi oggettive e non si possono che formulare delle ipotesi.

Tentando di riassumere il problema delle possibilità funzionali potremmo sottolineare che:

a) nello stato di coscienza tutto il "campo" cerebrale si trova in azione: sotto l'effetto dell'imput sensoriale le strutture mesencefaliche attivano tutti i centri e, soprattutto, la corteccia. Il risultato e' la messa in funzione di sistemi che sottendono prima di tutto la memoria, intesa come deposito per immagazzinare, ma anche da dove estrarre tutti gli elementi conoscitivi, affettivi ed emotivi caratteristici della nostra vita quotidiana (comportamento-personalità); in secondo luogo i sistemi responsabili di una esatta appercezione (wahrnehmung = piena coscienza della verità); le capacità critiche; le possibilità di risposte comportamentali, emotive ed affettive.

b) nello stato di sogno, il sistema bulbare inibisce attivamente da un lato il sistema motorio (perdita totale del tono muscolare) e, dall'altra, il sistema sottocorticale centroencefalico. Questo permette la liberazione dell'attività corticale che si presenta all'EEG come attività desincronizzata, del tutto simile a quella registrabile durante lo stato di veglia o allerta cosciente.

Moderne ricerche hanno dimostrato che l'attivazione corticale del sonno REM è totalmente differente da quella dello stato di all'erta e che anche la sostanza reticolare del mesencefalo presenta una attività elevata che giustifica il termine di "occlusione". L'elevazione della soglia sensoriale, caratteristica del sonno REM, sarebbe quindi dovuta non ad una inibizione delle cellule reticolari del mesencefalo, ma dal fatto che queste risultano occupate e non possono ricevere altri imput.
Queste ricerche hanno dimostrato quindi che durante il sonno con sogni si sovrappongono attività bioelettriche riferibili allo stesso tempo al sonno profondo ed alla veglia, tanto da giustificare il termine, ormai classico, di "sonno paradossale".
Incontrovertibile resta però lo stato di attivazione corticale. Quella che abbiamo chiamato "attività corticale libera" sarebbe dunque quella "appercezione inconscia" che riscontriamo nei sogni e che abbiamo indicato come" contenuto incontrovertibile dell'inconscio".
Continuando sul piano interpretativo, è indubbio dover riconoscere nella corteccia il substrato strutturale di tutte le funzioni cerebrali superiori dal momento che è proprio qui che si stabiliscono le connessioni, le articolazioni, tutti i circuiti che rendono possibile da un lato l'ampia e sempre più complessa struttura della nostra coscienza e, dall'altro, la possibilità di circuiti, connessioni e articolazioni dell'attività onirica e dell'inconscio.
A questo punto, riprendendo il concetto di Jung del "mare da cui emerge l'IO conscio", risulta estremamente difficile poter strutturare un'immagine che giustifichi o renda possibile il passaggio di contenuti inconsci al livello conscio. Si potrebbe immaginare che questa possibilità non sia diretta o automatica, ma, al contrario, legata alla casualità o a sistemi di rinforzo.
Per spiegare questo concetto, dovremmo poter vedere se, durante l'attività onirica, si formino nella corteccia connessioni e circuiti inusuali che possano essere rinforzati da meccanismi di fissazione ripetitivi: in questa maniera, quando si stabilisca la attività cosciente, risulta facile che queste connessioni-circuiti-idee "rinforzati" possono interferire od essere coinvolti nell'attività psichica cosciente.
Per usare ancora una immagine cibernetica, diremo che questi raggruppamenti di configurazioni o circuiti diventeranno ripetitivi e, per tale ragione, sarà più probabile la loro comparsa nel piano cosciente. E ricordiamo che questo tipo di agire si chiama, nella teoria dell'informazione, "processo stocastico".


CORTECCIA CEREBRALE E RISPOSTE EMERGENTI

A questo punto, queste "isole emergenti" potranno comparire come un semplice fenomeno di intuizione, qualcosa di autonomo ed incontrollabile, come l'atto creativo-intuitivo dell'artista. Si potrebbe pensare anche come risultato di uno sforzo mnemonico particolare o il frutto di una intensa concentrazione. In ogni caso però (e sembra molto probabile che sia cosi'), queste "idee emergenti" appaiono e si manifestano nel campo cosciente come libere, al di fuori della volontà o di un preciso atto razionale.
Molte volte si sente affermare che è in attimi di relax, in un momento quasi "magico" che il pensatore, l'artista, lo scienziato, ecc., affermano: "... mi stavo prendendo un attimo di respiro e si è fatta la luce!!".
Molte volte questi "momenti creativi" insorgono la mattina presto, nel silenzio, nella tranquillità e, soprattutto, in un clima di grande serenità e distensione mentale, come se la psiche, in quel momento, si trovasse in "bianco".
Molte altre volte, queste "idee emergenti" compaiono nel dormiveglia, subito dopo essersi coricati o durante il famoso "pisolino pomeridiano"; difficilmente fanno la loro comparsa quando le strutture legate alle funzioni razionali stanno lavorando al massimo dell'impegno.

I loro contenuti sono i più svariati e possono spaziare, sempre però in forma intuitiva, acritica e senza alcuna particolare colorazione emotiva, nel campo intellettuale, scientifico, artistico-creativo, politico-sociale, ma anche e soprattutto, nel campo delle relazioni come "ordinativi comportamentali". In questi casi, evidentemente, le strutture imperative coscienti (le chiameremo Super-IO ?) entrano a criticare ed a giudicare queste idee che, se troppo conflittuali o insopportabili per le strutture etico-morali della coscienza, vengono ricacciate nel mondo profondo, nel mondo dell'inconscio.
Si ipotizza che queste "idee emergenti" , quando hanno trovato la via, la connessione, il circuito che ha permesso la loro emergenza, sempre più facilmente tornano ad invadere il campo razionale, cosciente e conoscitivo. Possono quindi diventare "idee ossessive", più difficilmente ricacciabili nei substrati inconsci: sentiamo spesso artisti, pensatori ed anche pazienti che parlano di idee nuove che invadono più o meno periodicamente il fluire normale della idee, dapprima in forma nebulosa, successivamente in forma sempre più chiara ed esatta.

Sarebbe come poter configurare le "idee emergenti", che una volta penetrate nel campo cosciente trovano in esso giustificazioni tali da permettere il passaggio del vaglio critico e possono accoccolarsi in un preciso spazio operativo, come punti nevralgici di un "nuovo" circuito di pensiero, di nuove convinzioni, di nuovi ordinamenti etico-morali, che fanno sparire dubbi e conflittualità.

Ci sembra anche di poter trovare una spiegazione per quei meccanismi ormai riconosciuti come fondamentali per la strutturazione della personalità. Ci riferiamo particolarmente ai processi di introiezione e di proiezione che, visti in relazione con la "attività di sviluppo interno" acquistano una dinamicità ed una proponibilità periodica che si sviluppa prima a livello inconscio, per passare poi a quello subconsio ed infine a quello conscio-conoscitivo.

SONNO REM E ATTIVITÀ ISTINTIVA

Queste osservazioni ci portano a considerare la vita "istintiva" o, per meglio dire, la "risposta istintiva". Non consideriamo come istintivo ciò di cui parla Freud, ma la vita e la risposta degli animali. Pur riconoscendo a questi ultimi una capacità di apprendimento conoscitivo ed un'ampia possibilità di risposta emotiva, dobbiamo però riconoscere loro anche una certa difficoltà nel produrre modulazioni comportamentali.
Riconsiderando i dati sperimentali relativi ai gatti in privazione cronica di sonno, siamo attratti dalla loro impossibilità di strutturare un comportamento modulato mentre si trovano costretti a dare una risposta univoca, ripetitiva, immodificabile, inadeguata.
I gatti invece che, sempre per esigenze di laboratorio, mostravano un normale od aumentato sonno REM, si caratterizzavano per le loro notevoli capacità di adeguarsi alle esigenze sperimentali, dimostrando, anzi, un atteggiamento che si potrebbe definire di collaborazione-piacevole, trovandosi gli animali in uno stato di "condizionamento positivo".
Queste osservazioni ci farebbero pensare che un normale sviluppo del sonno REM e dei sogni (i gatti come tutti i mammiferi hanno un sonno REM del tutto simile a quello degli uomini) si accompagna ad un arricchimento esperenziale interno a potenzialità positiva, nel senso che può permettere di inglobare possibilità istintuali modulate, cioè non automatiche, non semplicemente reattive, ma più consone ai vissuti e, di conseguenza, superare quella che è stata definita la "tirannide dell'istinto" o "la massificazione istintuale".




OROLOGIO BIOLOGICO

Per concludere queste osservazioni formulate sul sonno e sul sogno, vorremmo toccare un tema che, anche se non ad essi legato, ugualmente ne risulta condizionato.
Forse non abbiamo mai pensato o non ci siamo mai soffermati a considerare quanto il sonno REM sia straordinariamente "ordinato". Tutte le notti si mette in funzione rispettando un ritmo di comparsa (periodi di un'ora e mezzo, due ore), con una durata di 20-30 minuti per ogni periodo.
Questi ritmi sicuramente necessitano di un misuratore automatico (che per altro noi regolarmente cerchiamo di mandare in tilt con le nostre sregolatezze, nutrendoci disordinatamente, assumendo stimolanti di ogni genere, ecc. ecc.), ma certamente è troppo presto per poter proporre qualche idea, anche solo approssimativamente valida, su questo meccanismo. Vogliamo solo accennarne perché ci sembra un tema nuovo, ma interessantissimo, che aprirebbe orizzonti veramente insperati.

Nella spiegazione schematica dei meccanismi che riguardano il ritmo del sonno e della veglia, abbiamo considerato come la veglia sia sostenuta dall'imput sensoriale e dalla conseguente attivazione corticale mediante l’attività della sostanza reticolare del mesencefalo. Ad onor del vero questo meccanismo è solo parziale perché esperimenti su soggetti rinchiusi in grotte e quindi sottoposti ad un imput sensoriale decisamente atipico, hanno dimostrato di sviluppare un ritmo nictemerale del tutto simile a quello dell'uomo in libertà ed in superficie. Si è potuto così dimostrare un ritmo quasi-circadiano (di 24 ore) che fa sicuramente riferimento ad un orologio biofisico che attiva corteccia e mesencefalo in forma automatica.
Bisognerà quindi aspettarci che le prossime ricerche sulle attività automatiche ci illustrino come funzionano i vari (per lo meno due) orologi fisiologici o patterns temporali neurobiologici che regolano i ritmi delle nostre veglie e dei nostri sonni unitamente ai nostri sogni veri ed alle insognazioni.



UOMO TOTALE - UOMO PERFETTO


All'inizio di questo lavoro avevamo anticipato che sarebbe stato sorprendente parlare di tante cose che appena conosciamo. Ora forse sappiamo qualcosa di più e quindi possiamo anche "coricarci e sognare" tranquillamente, sicuri che le nostre prossime "idee emergenti", frutto della nostra "attività di sviluppo interno", ci porteranno tante sorprese e tante possibilità per capire qualcosa di più di questa meravigliosa macchina che è l’ "Uomo totale", l’ "Uomo perfetto " a cui si riferiva Carl Gustav Jung.



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