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Tizio

Utente non registrato
Inserito il 17/04/2005   Segnala contenuto non adatto   Rispondi Quotando  Nuovo Commento 
Re: Autismo

Ho sempre avuto dei problemi comportamentali, che potrei definire autismo. Mancato inserimento sociale e difficoltà di linguaggio, periodi di autentica dissociazione mentale con perdita di molte facoltà della memoria.

Un mio cugino soffre di autismo diagnosticato da personale medico specialistico, mentre un mio fratello ha problemi della personalità simili ai miei.

Mi sembra di aver risolto molti miei problemi facendo una specie di inversione delle facoltà mentali, nel senso di usare come aree del linguaggio quelle dell'emisfero destro, e come aree visive quelle dell'emisfero sinistro. Posso affermare tali cose in quanto sperimento da tempo che non posso fissare i volti delle persone col campo visivo sinistro, perché ciò mi comporta gravi stati nevrotici tra cui deliri di persecuzione e agorafobia, pertanto l'uso del campo sinistro è esclusivamente spaziale. Benché il campo visivo destro mi dev'essere deputato al riconoscimento degli oggetti di uso quotidiano e dei volti, altrimenti accuserei una grave difetto nelle capacità linguistiche, con impossibilità sia alla lettura ma anche alla comprensione delle parole udite.

Faccio tali considerazioni dopo aver riflettuto sulla mia esperienza di una vita.

Ho trovato molto giovamento seguendo una prassi quotidiana di addestramento alla inversione : usando un normale televisore assisto ai programmi seguendoli col campo visivo destro, mentre ascolto con una cuffia auricolare con l'orecchio sinistro. Di tanto in tanto alleno il campo visivo sinistro a percerpire lo spazio e cancellare i volti.

Spero che la mia esperienza sia utile a qualcuno.

MANZELLI

Utente non registrato
Inserito il 24/03/2005   Segnala contenuto non adatto   Rispondi Quotando  Nuovo Commento 
Einstein non era autistico ma folle

EINSTEIN e' un classico esempio di chi sa distorcere il pensiero corrente mente storicizzato formandosi una mentalita' individuale diversa dal normale e quindi relativamente folle.

Le relazioni cerebrali infatti non sono da correlarle al classico dualismo MENTE-CERVELLO, ma alla triade ( CERVELLO - PENZIERO - STORICO SOCIALE - FORMAZIONE MENTALE ) . Cio conduce a capire come una cervello ( malato da lieve follia e comunque da depressione o forme in parte autistiche) possa essere facilitato nel leggere in modo distorto e frammentario il pensiero storico corrente , e di conseguenza poter impattare con la propria mente creativa come catalizzatore della trasformazione storica del pensiero sociale.

Paolo Manzelli - Buona Pasqua a tutti.

Rita

Utente non registrato
Inserito il 23/03/2005   Segnala contenuto non adatto   Rispondi Quotando  Nuovo Commento 
Re: Einstein non era autistico.

Salve. Ho cercato un po' in giro su Internet e ho trovato sempre gli stessi sintomi, per quanto riguarda la Sindrome di Asperger.
Mi scusi se le dico che lei mi sembra proprio non aver niente a che vedere con quella sintomatologia descritta. Allora, mi chiedo, ci sono sintomi che passano quasi inosservati, che si notano a mala pena? Sintomi che magari possono venir confusi con altro? E come si fa a stabilire che questi sintomi sono effettivamente propri dell'autismo?


alewitt

Utente non registrato
Inserito il 23/03/2005   Segnala contenuto non adatto   Rispondi Quotando  Nuovo Commento 
Sacrificati

Sono stati sacrificati. Hanno sofferto per poter donare qualcosa al Mondo.

Aspie

Utente non registrato
Inserito il 07/01/2005   Segnala contenuto non adatto   Rispondi Quotando  Nuovo Commento 
Re: Einstein non era autistico.


Io sono un autistico (sindrome di Asperger) e sono abbastanza convinto che anche
Einstein e Newton lo fossero cosi come molti altri "geni" (non necessariamente fisici o matematici, per es. Mozart, Michelangelo, Tolkien etc.). Non tanto per simpatia ma perche' vari aneddoti sulle loro vite mostrano quel tipo di problemi nelle relazioni sociali che vivo tutti i giorni in prima persona.

Francamente non ho capito molto del suo ragionamento: unita', dualismo, ma che c'entra ?
L'identita' di spazio e tempo e' un concetto puramente fisico (la nostra percezione ci fa credere che il tempo sia qualcosa di diverso dallo spazio, quando non e' altro che una quarta dimensione: potremmo misurare il tempo in centimetri o lo spazio in secondi, ma a volte sembra che un neuro-tipico non arrivera' mai a capire veramente questo concetto...non a caso la maggior parte dei fisici che riescono a comprendere a fondo queste teorie mostrano caratteristiche dell'Aperger, ma non divaghiamo)

lei dice: " nella sindrome di Asperger non riesce più a scegliere, a riunire, a unificare la realtà perché gli opposti (bene-male; giusto-ingiusto; bello-brutto) sono qualità che invadono contemporaneamente gli oggetti che, quindi, perdono valore, vengono rifiutati ed eliminati come inservibili."

Concetto interessante, cosa significa ?
Alla prima parte ci arrivo, si', bene e male, giusto-ingiusto, bello-brutto convivono nello stesso oggetto, ma perche' verrebbero rifiutati/eliminati ?

Ho l'impressione che lei faccia troppa speculazione e si allontani dalla realta'.
I problemi che noi autistici viviamo nella vita di tutti i giorni sono ben altri.

Oltre ai casi di autismo molto gravi (che sono poi quelli maggiormente incontrati dagli specialisti) ci sono dei casi "moderati", che spesso non vengono neanche diagnosticati, ma che comportano pur sempre dei problemi al soggetto.
Spesso le nostre "stranezze", o "eccentricita'" ci vengono perdonate perche'
magari riusciamo ad ottenere risultati eccellenti nella nostra attivita' professionale.
Ma nonostante questo viviamo comunque dei problemi gravissimi nella sfera personale, che spesso ci teniamo dentro per l'impossibilita' di comunicare con gli altri (con chi, poi? vista anche l'estrema difficolta' che incontriamo nello stringere relazioni con altre persone...).

Mi scusi nel caso fossi stato un po' rude, non era mia intenzione.

(preferisco restare anonimo, non ho ancora deciso se rendere pubblica
la mia condizione, che io non considero una malattia o un disturbo ma che
altri potrebbero fraintendere)



Romeo Lucioni

Utente non registrato
Inserito il 22/12/2004   Segnala contenuto non adatto   Rispondi Quotando  Nuovo Commento 
Autismo

L’AUTISMO

Romeo Lucioni


L’autismo cos’è?

L’autismo è definito, dalla maggioranza dei ricercatori, come un “disturbo dello sviluppopsico-mentale a carattere pervasivo” e che determina uno stato di disabilità e di handicap gravi.
Il disturbo interessa molti aspetti della condotta umana e dei funzionamenti psico-mentali: movimento, attenzione, memoria, coscienza, empatia, apprendimento, linguaggio, carattere e interazione sociale.
A. Molto spesso il bambino autistico presenta un periodo iniziale nel quale lo sviluppo appare come normale con le sue risposte sensoriali, i movimenti dei quattro arti e del capo, le prime parole, anche se in una osservazione accurata si possono mettere in evidenza movimenti rotatori del capo e del corpo, stare seduti immobili per diverso tempo, camminare e gattonare in forma un po’ scoordinata, balbettamenti monotoni.
B. Tra i 18 e i 30 mesi, il bambino
- non segnala gli oggetti e le persone,
- non guarda negli occhi,
- non segue l’attenzione degli altri,
- non risponde alle modulazioni espressive dei famigliari.
C. A partire dai 2-3 anni, l’espressione fenomenologica si sottolinea per:
- mancanza di linguaggio;
- manierismi e stereotipie;
- disinteressamento per le iniziative e la presenza degli altri;
- incontinenza emotiva sostenuta dall’impossibilità di sopportare cambiamenti e/o spostamenti di oggetti intorno;
- mancato sviluppo del limguaggio;
- disturbo dell’elaborazione percettiva da cui consegue incontinenza emotiva, iperirritabilità, crisi oppositive e aggressività anche violenta;
- comportamenti rituali, stereotipi e compulsivi;
- deficit grave delle capacità associativo-deduttive e incoerenza nelle risposte comportamentali;
- impoverimento affettivo ed incapacità di stabilire contatti con gli altri, strutturandosi così il quadro di “isolamento autistico”.

Il quoziente intellettivo Q.I. degli autistici è variabile, come succede anche nei normali, ma, al contrario, è il quoziente emotivo-affettivo che è del tutto deficitario, poiché:
- manca la capacità di riconoscere le emozioni ed i sentimenti degli altri;
- risulta inadeguata l’organizzazione comportamentale che, quindi, appare slegata dal contesto;
- non si instaurano i processi di contenimento e di consolazione di fronte alle contrarietà;
- sono assenti le funzioni imitative e l’autosoddisfazione nel rapporto interpersonale;
- non si instaurano le funzioni adattive, riparative, di gratificazione e neppure assume un significato preciso il rimprovero e/o il castigo;
- non si strutturano i legami di reciprocità e di gratitudine, sostituiti da semplici risposte controfobiche;
- si evidenzia incapacità ad assumere responsabilità nelle iniziative motorie e comportamentali;
- c’è limitazione degli interessi e l’osservazione su quanto succede intorno diventa un fatto puramente a carattere difensivo;
- il pensiero deriva solamente dall’esperienza percettiva e/o da quella affettiva, risultando precluso il sistema simbolico;
- non c’è preoccupazione per capire l’uso e il significato pratico degli oggetti o dei giocattoli che, per lo più, vengono abbandonati e sostituiti da biglie, palline od altre cose che permettono comportamenti monotoni, ripetitivi e senza finalità pratica;
- gesti comunicativi e/o espressivi vengono utilizzati per indirizzare il comportamento degli altri (far prendere qualcosa), ma non “creano” una gestualità simbolica;
- possono esprimere piacere per l’esecuzione corretta di un compito (battimani), ma non riescono ad esprimere una “orgogliosa soddisfazione” che richiederebbe la “organizzazione” delle aspettative dell’Altro.

D. L’inserimento scolastico acuisce la sintomatologia poiché aumentano le richieste di socializzazione e quelle normalmente legate alle necessità educative e formative. Se non hanno ricevuto una adeguata terapia, gli autistici non riescono ad inserirsi nella scuola dove vagano senza finalità, si rassicurano restando sulle loro stuoie e negli “angoli di sicurezza”, rispondono inadeguatamente agli stimoli derivati dalla stretta vicinanza dei compagni e degli insegnanti, rimangono isolati, indifferenti, scontrosi, oppositivi e, talora, pericolosi per gli altri.

E. Il quadro autistico, se non si interviene precocemente con una terapia adeguata, evolve verso la cronicità che si caratterizza per una disabilità veramente importante derivata dall’incapacità di adeguarsi e di sopportare i rapporti interpersonali e che conduce inesorabilmente all’istituzionalizzazione.

Autismo e funzionamento cerebrale.

Un bambino autistico, prescindendo dalle problematiche più caratteristiche (isolamento sociale; comportamenti ripetitivi e problematici), dimostra:
· incontinenza emotiva;
· siderazione affettiva;
· difficoltà nella discriminazione percettiva;
· perseverazione nelle risposte (reazioni oppositive e/o aggressive).

Queste osservazioni, insieme alla considerazione che un autistico può presentare uno sviluppo psico-mentale pressoché normale nei primi 15-20 mesi e cominciare a dimostrare disturbi a partire dai 15-25 mesi, ha fatto pensare ad una relazione stretta con la maturazione del lobo frontale, struttura notoriamente legata allo sviluppo dell’affettività.
Recentemente lo psichiatra Benedicto Crespo-Facorro ha messo in evidenza come l’anedonia caratteristica della schizofrenia possa essere messa in relazione con un alterato funzionamento delle strutture corticali frontali che vicarierebbero la loro attività con attività percettive.
Crespo-Facorro ha osservato “… como si las regiones frontales fueran secuestradas para asegurar el reconocimiento de olores desagradables y la capacidad del citado lòbulo se hubiera perdido”.
Questa osservazione ci sembra di particolare importanza per migliorare la comprensione della relazione tra espressione clinica e basi biologiche, non solo per quanto riguarda la schizofrenia, ma, soprattutto nel caso dell’autismo.
Abbiamo sempre sostenuto che dobbiamo ritenere questo disturbo dello sviluppo psico-mentale come risultato di un disequilibrio dell’organizzazione strutturale (biologia del cervello) che funzionale (strutturazione dei processi psico-affettivi) in un’età (tra i 10 ed i 30 mesi) nei quali le due funzioni si stanno sviluppando e integrando.
Ci sembra però difficile dire che funzioni percettive vadano a “sequestrare” aree corticali frontali che quindi sostituirebbero il lobo limbico.
Dal momento che nell’autismo è presente una iper-eccitabilità o incontinenza emotiva, possiamo pensare a che il funzionamento psico-mentale subisce una alterazione non per “segregazione”, ma per “invasione” dell’eccitazione emotiva ad origine limbica, di quelle strutture che notoriamente sonolegate alla corteccia frontale e prefrontale con un’ampia via a doppia mandata (andata e ritorno).
L’attività della corteccia frontale viene identificata come riguardante soprattutto:
- contenimento dell’attività emotivo-istintiva del lobo limbico;
- sviluppo della partecipazione affettiva;
- apertura (favorire) verso lo sviluppo psico-mentale e/o cognitivo-intellettivo.

È proprio questo modello di organizzazione psico-mentale che può dare una risposta globale alle alterazioni che si sottolineano nel funzionamento autistico.
Le strutture prefrontali e frontali immature (o non perfettamente organizzate) non sono in grado di:
- frenare l’esplosione emotiva che viene attivata anche da stimoli poco significativi (reazioni di angoscia e di terrore);
- strutturare la coscienza di sé e degli oggetti;
- organizzare l’attività affettiva centrata sul senso di sé, di valere, di soddisfazione);
- aprire i “sistemi integratori” che permettono lo sviluppo cognitivo-intellettivo nelle sue dinamiche analitico-deduttive.

Si potrebbe anche dire che se il sistema frontale non entra in funzione a tempo debito, risulterà che l’attività emotiva continuerà ad invadere i centri che dovrebbero, al contrario, gestire il loro contenimento ed inoltre permetterà di strutturare modelli mnestici rigidi e ripetitivi che, in ultima analisi, risulteranno i responsabili di quelle espressioni comportamentali problematiche che sembrano quasi assumere l’aspetto di “risposte condizionate” e “obbligate”.

Seguendo questa lettura biologico-funzionale, possiamo anche entrare nell’area della terapia dell’autismo per ricordare come l’esperienza ci ha portato a dimostrare come un intervento terapeutico debba accompagnare il bambino per fargli ripercorrere il cammino dello sviluppo psicomentale che in lui si è “inceppato”.
Si tratta di permettergli di rivivere, passo dopo passo, le esperienze percettive; riproporgli momenti relazionali strutturando quei “ponti d’amore” che gli permettono di trovare un “luogo” di accettazione e di scambio di vissuti e di sentimenti, di ridargli la possibilità di transitare le dinamiche del “pensiero affettivo” (fondato sull’esperienza concreta) che apre la via del “pensiero simbolico”; di sviluppare quei sistemi adattivi che l’ Io richiede per “accettare”, sopportare e “vivere” le dinamiche sociali.
Queste osservazioni riportano al concetto che le funzioni psichiche si sviluppano e si strutturano su basi percettive sempre che però queste siano adeguate, coerenti e valide e non disordinate e/o destrutturate come probabilmente succede nell’autismo.

Autismo e considerazioni psicodinamiche.

Al momento della nascita, si può pensare che l’integrazione di circuiri biologici, non del tutto strutturati, reagiscono agli imput sensoriali (tattili, propriocettivi, cenestesici, acustici, geusici, visivi, enterocettivi e gravitari) non solo promuovendo delle risposte, ma anche strutturando proto-funzioni psichiche.
Queste vanno a costituire quello che abbiamo chiamato Proto-Io e che Freud ha denominato Io-reale-primitivo.
Talistrutture psichiche primitive, proprio per il prevalere delle funzioni orali-nutritive (il bambino passa il suo tempo mangiando, digerendo e dormendo), costituiscono uno stadio orale cannibalico nel quale l’oralità è rappresentata dalla bocca e dalla percezione tattile e visiva.
La vista, il tatto e la motricità coordinata delle braccia acquistano un predominio simblico-funzionale che è stato chiamato Io-piacere. Il soggetto è dominato dalla dipendenza e dalla passività, stabilendo una identificazione primaria narcisistica nella quale l’Io dipende passivamente dall’oggetto, strutturando una fase depressiva che lo vede affrontare un trauma delineato come oggetto perduto.

Questo trauma legato al dispiacere, può essere superato solamente dalla percezione onnipotente di un corpo erogeno in movimento che struttura il contenuto di una fase anale primitiva, dominata dal sentirsi capace di muoversi e di muovere, di gettare e gettarsi, di abbandonare e allontanarsi.
Qui l’ Io-piacere accumula attività, accanto alla passività e appaiono atteggiamenti sado-masochisti che inglobano sottomissione e ostilità.
Da questo momento, la madre, con il suo fare e preoccuparsi, attraverso l’accudimento, diventa un personaggio fallico (pieno di potere) che la toglie dal piedestallo dell’idealizzazione per cui, come dice Freud; appare il sinistro: la madre che era garanzia per il sé, diventa portatrice di morte e di castrazione.
Nella nostra elaborazione dell’oggetto diadico primitivo (seno onnipotente + fallo onnipotente) abbiamo identificato la possibilità di introiettare la figura del padre come oggetto ideale capace di contenere la parte fallica del seno e porsi come base per la costituzione di un modello ideale: l’idealizzazione del padre agisce nei confronti della madre fallica.

L’attaccamento iniziale del bambino alla madre, si è trasformato in ostilità proprio per la registrazione di differenze nell’ordine sessuale. Il padre diventa garante onnipotente del Sé e. quanto più importante diventi, quanta identificazione difensiva, tanto più importante sarà la percezione del sinistro, del pauroso, nel vincolo con la madre.
Di fronte all’incremento pulsionale (dell’ideale dell’Io) la madre si è trasformata in oggetto fobico onnipotente che può essere controllato solo attraverso l’idealizzazione di un oggetto padre altrettanto onnipotente.
In qualche modo, questa attività ioica primitiva, porta ad una identificazione genitale che potrà essere raggiunta solo attraverso la rinuncia a dover “consegnare” alla madre il “proprio piccolo fallo” (poiché la madre possa continuare a sentirsi come al principio) e poter riconoscersi uguale al padre (la cui capacità fallica contiene il seno), raggiungendo la sensazione di convertirsi in soggetto.
Questo percorso porta alla costituzione di un Io-reale-definitivo per il quale il bambino richiederà soddisfazioni narcisistiche e vincoli stabili.
L’Io-reale-definitivo comincia a strutturarsi intorno ai due anni, nella fase anale secondaria che registra la liquidazione del precosnscio-cinetico-visivo e comincia a strutturarsi il preconscio verbale (Cristina Weigle,1991).
Nella misura in cui i genitori cessano di essere fallici, onnipotenti e nutritivi, cominciano a reprimersi i desideri e a stabilizzarsi differneze e somiglianze. Con la parola, che è rappresentazione, acquista valore il significato che inaugura una nuova logica: la parola permette di discriminare l’oggetto dal contesto e permette di stabilire differenze.


Conclusioni

Di fronte alla complessità dell’autismo ci poniamo con dei principi guida determinanti per intraprendere il cammino della riabilitazione e della prevenzione:
1. accettiamo l’ipotesi eziologica che il fattore principale da affrontare sia il ripiegamento su un “mondo interno” da parte del bambino che “teme”, “rifiuta” ed “evita” il rapporto diretto, il contatto fisico-sensoriale con il mondo esterno;
2. la nostra tensione riabilitativa si concentra sull’immagine del corpo, proprio perché il ripiegamento su di sé può essere pensato e utilizzato nella relazione terapeutica come l’effetto di un fallimento radicale nella nascita dell’immagine del corpo;
3. la terapia può essere concepita come ristabilimento di un inter-esse franoi ed il bimbo, il cui rifiuto al contatto con il mondo esterno è “l’effetto di strutturazioni o, se si vuole, “alterazioni della costituzione del registro immaginario;
4. il recupero non può essere inteso solo come riguardante le funzioni psico-mentali, ma come riorganizzazione delle capacità di relazione e di partecipare alla vita sociale (soprattutto attraverso l’educazione, la formazione e l’apprendimento);
5. l’autistico, per effetto del “rallentamento” e della “svincolazione” di funzionalità normalmente saldate tra loro e che si sviluppano e si integrano vicendevolmente, non ha coscienza di esser un soggetto regredito, ma che può attivare “movimenti psichici” impercettibili a causa della loro rapidità ed anche bloccati a causa del ripiegamento narcisistico. Proprio per questo è importante un rapido inizio della “terapia relazionale” dato che, di fronte a certe “manifestazioni” potremo osservare non solo fallimenti, ma anche alla rinascita del pensiero;
6. l’apparato pulsionale del bambino, apparentemente malato, è invece “danneggiato” e non può promuovere investimenti, ma dimostra una certa alternanza di stati per cui mentre rifiuta il contatto con il mondo esterno, si lamenta d’averlo perso, aprendo così le porte ad un Io-ausiliario che, come terapeuta, ha, quindi, la possibilità di ricreare ponti affettivi e la reale possibilità di fare uscire dal “buco nero dell’isolamento”.


Da queste considerazioni dobbiamo dedurre che l’intervento terapeutico nell’autismo deve affrontare una problematica biologica-psicologica-relazionale e, quindi, deve rispettare modalità articolate sulla base di studi teorici e, soprattutto, su esperienze pratiche che richiedono anche specifici controlli periodici dei risultati per indirizzare puntualmente l’intervento ai bisogni e le modalità alle richieste.


Romeo Lucioni

Utente non registrato
Inserito il 16/12/2004   Segnala contenuto non adatto   Rispondi Quotando  Nuovo Commento 
Einstein non era autistico.

Perché Einstein non era autistico.

Romeo Lucioni

Papini in “GOG”, il suo libro straordinariamente attuale, scientificamente preciso e culturalmente creativo, racconta l’incontro con Albert Einstein che, per chiarire subito il nucleo fondante del suo pensiero dice “… per natura io sono nemico della dualità”.
Proprio questa dichiarazione spiega perché lo scienziato non possa essere autistico: il suo “scopo supremo”, il suo “modello mentale” (diremmo noi psicoanalisti) è “sopprimere le differenze”.
Cercare l’unità:
§ nello spirito della scienza;
§ nella vita e nell’arte;
§ nell’amore;
§ nella metafora poetica
significa superare il dilemma esistenziale del bambino nella fase primitiva dello sviluppo. In questo “stadio”, invece, è confinato l’autistico che:
- nella sindrome di Kanner non possiede oggetti stabili e, quindi, la realtà è posta sempre di fronte al precipizio, al terrore di dissolversi nel nulla;
- nella sindrome di Asperger non riesce più a scegliere, a riunire, a unificare la realtà perché gli opposti (bene-male; giusto-ingiusto; bello-brutto) sono qualità che invadono contemporaneamente gli oggetti che, quindi, perdono valore, vengono rifiutati ed eliminati come inservibili.

Quando Einstein conclude “… spazio e tempo sono aspetti indissolubili di una sola realtà” ed enuncia la sua “ultima scoperta” nella “teoria del campo unitario” dichiara e grida non solo il suo “non essere autistico”, ma anche la sua “creazione mentale”: dare al mondo un senso (istintivo) ed un significato (intellettivo) che sono il vero modello paradigmatico del diventare uomo che, proprio nell’unità, trova l’amore.

Einstein, nel colloquio immaginario con Papini, dice che le scienze e, quindi, la natura e in essa l’uomo, possono essere tradotte in una sola formula “Qualcosa si muove”.
Papini sembra sconcertato e meravigliato di fronte ad una frase tanto semplice, ma che, per Einistein, contiene il senso della vita, cioè il Moto, mentre
per San Giovanni era il Verbo e
per Goethe l’azione.
In queste definizioni criptiche c’è dunque il senso della vita, incredibilmente semplice ed eticamente fondante:
da Dio-Verbo, unità iniziale, nasce l’Uomo che scopre l’azione, il “fare”, ma questo è possibile e acquista significato solo se posto al servizio dell’unità, dell’amore.

Il bambino autistico (Kanneriano) non può fare, cioè agire, creare, vivere, perché è limitato al gesto ripetitivo, alla coazione, allo stereotipo: deve “fare per non fare”.
Solo quando, con la terapia, potrà acquisire prerogative umanizzanti, che sono relazionali, sociali e valorative (timologiche), comincerà a … dare un calcio alla palla e sarà il primo passo verso il raggiungimento del proprio Sé, della propria umanizzazione e la spinta per uscire dall’autismo.


Manzelli Paolo

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Inserito il 19/04/2004   Segnala contenuto non adatto   Rispondi Quotando  Nuovo Commento 
Cervello e volonta'


Di Paolo Manzelli LRE@UNIFI.IT

La comprensione del modo di essere e comportarsi, di qualsiasi livello essa sia, può avvenire attraverso l'utilizzo del cervello e la sua formazione mentale. Certamente la volontà viene influenzata da come si pensa e dai connotati dei contenuti del pensiero; pertanto bisogna ammettere la difficolta’ di assumere atteggiamenti derivanti da una volonta’ libera e consapevole, che permetta di tradursi in atti decisionali finalizzati in modo coerente verso raggiungimento e la realizzazione di un determinato fine o scopo.
Infatti la Volonta’ si manifesta in molte forme che vanno dalla la volontà istintiva di sopravvivenza alla volontà di potenza e di sopraffazione, che degenera nel Super-Ego, ben descritta dal filosofo Nietzsche; quest’ ultima corrisponde ad una trasmutazione trasgressiva dei valori naturali della sopravvivenza che determina una “coscienza deviante' in ogni individuo tendente ad all' appropriazione, manipolazione della volontà di altri degli individui, che comunque e’ fondata su un innaturale disprezzo nei confronti di se stesso ed altrui.
La Volontà vista in termini di funzionalità cerebrale puo’ essere distinta in tre principali atteggiamenti : “Conscio, Sub-conscio ed Inconscio “che corrispondono ai tre livelli di articolazione verticale del funzionamento cerebrale, rispettivamente rispondenti agli Emisferi Cerebrali Superiori, al Talamo e Ipo Talamo, ed al sistema sottocorticale basale.
A differenza della “Attenzione” che integra le stesse aree cerebrali utilizzando delle memorie a “Breve-Termine”, cio’ che indichiamo come “Volontà” predilige una integrazione correlata alle “Memorie a Lungo Termine”; di qui il vantaggio delle azioni volitive basate su un pensiero positivo, e viceversa il pericolo di azioni volontarie fondate su un atteggiamento negativo piu’ evidente o nascosto nei confronti altrui. Come l’ attenzione anche la volontà puo’ essere fuorviata mediante disinformazione ed indottrinamento cognitivo ed anche piu’ facilmente plasmata , cosi che la libera volontà cosciente , viene ad essere sopraffatta e costretta a perdere un ragionevole controllo da effetti esercitati dall’ esterno sulle cognizioni apprese e rinforzate dalle motivazioni emotive e passionali del sistema volontario emozionale a carattere Sub-conscio o piu’ profondamente su quello Inconscio, ( come nei casi dell’esercizio delle ipnosi o di altre modalità di subliminali di “lavaggio del cervello” mediante persuasione e condizionamento o la dipendenza dalla assunzione di droghe.
Classico esempio di plagio e’ quello protratto sulla base del convincimento che la morte non sia il termine della esistenza terrena, che associato ad indottrinamento e persuasione coercitiva di indole politico-religiosa, facilita anche le pericolose attivita’ terroristiche che oggi sono sotto l’ attenzione di tutto il mondo. Possiamo dire pertanto che la forza di volontà e quindi una funzione generata sulla base delle potenzialità di integrazione cerebrale delle “Memorie a Lungo Termine”, che per essere esercitata coscientemente e’ necessario che l’ individuo sappia ragionevolmente auto-controllarsi , per non divenire facile preda di manipolazioni mentali e tecniche di condizionamento della personalita’ di tipo cognitivo, passionale o subliminale ed inconscio. Pertanto la facolta’ di scelta nel prendere decisioni comportamentali consapevoli viene a dipendere sostanzialmente dall’ utilizzazione sinergica delle differenti strutture cerebrali e quindi da un apprendimento libero e non coercitivo nelle loro formazione.
Come si puo’ dedurre dalla “Risonanza Magnetica Funzionale” osservando l’ aumento della irrorazione di sangue delle varie aree celebrali; si evidenziano sono varie tipologie dell’atto volitivo. Infatti se esso conduce ad una decisione rapida ed impulsiva, la rete sinaptica maggiormente coinvolta e’ situata nella sezione basale del cervello; mentre nel caso che la attivita’ decisionale sia prevalentemente motivata da una risposta emotiva il focus delle attivita’ cerebrali si accentra nella zona talamica , se invece la decisione viene maggiormente a dipendere da una convinzione ragionata , le attivita’ sinaptiche implicate risiedono maggiormente nelle aree frontali degli Emisferi Cerebrali Superiori..
Di conseguenza un atto di volonta’ corrisponde ed una maggiore o minore possibilita’ di relativa libera auto-determinazione, quanto piu’ non si verifica una scissione delle tre principali funzioni cerebrali implicate nell’ atto volitivo, il quale assume ulteriormente una prospettiva finalizzata di maggiore o minore intensita’, a seconda del coinvolgimento nel processi di integrazione cerebrale di una bilanciata proporzione tra Emisfero Destro e Sinistro. .
In conclusione pur facendo riferimento ad un modello semplificato delle struttura cerebrale si comprende che evidentemente risulta possibile apprendere ed esercitare l’ orientamento volontario dei nostri atteggiamenti decisionali e comportamentali nel modo piu’ responsabile e conveniente alle mutevoli esigenze di vita, tenendo costantemente in appropriata considerazione la necessita di attuare una piena integrazione delle varie potenzialità e tipologie di risposta della struttura cerebrale.

BIBLIO-LINK
1) Friedrich Wilhelm Nietzsche: http://www.cronologia.it/storia/biografie/nietzsch.htm
2) Cervello Tripartito: http://www.uaar.it/documenti/cultura/saggi/scienza13.html
3) Fondamentalismi. I diversi volti dell'intransigenza religiosa :http://www.cesnur.org/
4) Il disegno di legge contro la “manipolazione mentale” approvato dalla Commissione Giustizia del Senato italiano il 4 marzo 2004 http://www.cittadinolex.kataweb.it/Article/0,1519,27458%7C8,00.html



Paolo Manzelli

Utente non registrato
Inserito il 19/04/2004   Segnala contenuto non adatto   Rispondi Quotando  Nuovo Commento 
Cervello e Memorie

Suggerisco di visitare per aprire una discussione su CERVELLO e CREATIVITA' il BLOG seguente:

http://blog.scuolaer.it/template/Messaggio.aspx?IDBlog=172&IDMsg=2626

Un cordiale saluto Paolo Manzelli

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