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Inserito il 05/10/2006 16:28:07   Segnala contenuto non adatto   Rispondi Quotando  Nuovo Commento 
Aids, l'eretico conquista l'africa

Aids, l'eretico conquista l'Africa
La battaglia di Durban
È incomprensibile come uno tra i più autorevoli virologi molecolari statunitensi, membro della National Academy of Science e professore di biologia molecolare e cellulare alla prestigiosa University of California (Berkeley), possa "scegliere" a un certo punto di passare per una persona ottusa e in malafede. Perché Peter Duesberg non è il professor Di Bella. E quando nel 1987 decise di attaccare la spiegazione virale dell'Aids, i suoi primi lavori uscirono sulle più quotate riviste internazionali. Oggi è considerato un eretico, al punto che la comunità scientifica internazionale arriva a redigere una dichiarazione contro le sue tesi, e si lamenta di non trovare più spazio sulle riviste dove prima normalmente pubblicava.
Comunque, il problema non è se Duesberg venga o meno imbavagliato, questione su cui si sono subito precipitati i sociologi della scienza a caccia di casi che avvallino le loro idee sulla costruzione sociale delle teorie scientifiche: ha avuto spazio nelle più importanti riviste scientifiche per circa 10 anni, e quando Nature decise di non ospitare più suoi interventi lo fece perché egli si ostinava a ragionare in modo dogmatico e senza portare nuove prove di quello che sosteneva.
Né la questione rilevante può essere se sia o meno un eretico: anche perché è inaccettabile il ragionamento di moda tra gli epistemologi "deboli" che poiché alcuni scienziati giudicati nel passato "eretici" hanno avuto ragione, allora tutti quelli che hanno idee "eretiche" devono essere presi sul serio.
Duesberg dice diverse cose ovvie, che nessun virologo ed epidemiologo gli contesta, e in particolare che il virus Hiv non è la causa necessaria dell'Aids, né tantomeno quella sufficiente, e che l'ipotesi che Hiv sia la causa dell'Aids non soddisfa i postulati di Koch. Ma le conclusioni a cui arriva, cioè che Hiv non ha nulla a che vedere con l'Aids, che in Africa non c'è Aids e che questa è una malattia causata nei paesi sviluppati dall'assunzione ricreativa di droghe e dagli stessi farmaci usati per curare l'Aids, sono sbagliate. Oltre che socialmente pericolose nel momento in cui entrano in risonanza con diffusi pregiudizi morali e politici.
Il nocciolo epistemologico del ragionamento di Duesberg ha dunque a che fare con i postulati di Koch, nel senso che egli rifiuta di considerare le prove epidemiologiche e patogenetiche come prove, rimanendo in tal senso legato a una concezione dogmatica e antistorica dei postulati. Il che spiega perché nella lettera con cui Robin Weiss invitava la comunità scientifica a sottoscrive la Dichiarazione di Durban contro la tesi che l'Aids non è causato dal virus Hiv, si dice che non è necessario appartenere al settore della ricerca su Aids e Hiv per comprendere la rilevanza del problema, ma basta anche "capire i postulati di Koch".
Enunciati in diverse versioni tra il 1840 e il 1884, i postulati che hanno preso il nome da Robert Koch dicono che per dimostrare che un determinato microbo è la causa di una malattia infettiva lo si deve trovare in tutti i pazienti ammalati di quella malattia, la sua distribuzione nei tessuti deve essere correlata ai sintomi clinici, deve poter essere isolato da altri prodotti della malattia, coltivato al di fuori dell'ospite e, nella forma purificata, deve riprodurre (trasmettere) la malattia in condizioni sperimentali (cioè in animali da laboratorio). Ora, lo stesso Koch nel 1890 riconobbe che questi erano dei criteri ideali, che potevano in parte non essere soddisfatti. Alla fine del secolo scorso, per esempio, non si riusciva a infettare animali con le colture pure degli agenti della febbre tifoide, della difterite, e del colera, mentre era impossibile coltivare l'agente causale della malaria. Si conoscevano inoltre le infezioni asintomatiche.
Soprattutto, Koch mise a punto i postulati lavorando con infezioni microbiche, dato che i virus non si sapeva neppure cosa fossero.
Per cui a partire dagli anni Trenta i postulati sono stati via via aggiornati alla luce degli sviluppi tecnici e concettuali della microbiologia per introdurre dei criteri di causalità validi per le malattie virali, come la presenza nel siero di anticorpi contro il patogeno, ovvero l'associazione costante del presunto patogeno con la malattia specifica e quindi con la caratterizzazione attraverso indagini epidemiologiche della distribuzione dell'infezione e della malattia.
Ora, a parte le prove empiriche, è già di per sé il modo in cui Duesberg assume i postulati di Koch a invalidare il suo ragionamento. Egli sostiene infatti che il virus HIV non soddisfa i postulati di Koch in quanto non sempre è possibile isolarlo nei soggetti malati di Aids e non ci sono prove sperimentali che dimostrino che l'infezione con il virus porta all'Aids. Ma in questo modo egli nega appunto valore di prova a indicatori immunologici ed epidemiologici che sono stati largamente accettati come criteri causali per la loro efficacia in relazione ad altre malattie virali. Peraltro, sono numerosi i casi documentati di infezioni accidentali con il virus seguiti dallo sviluppo della sindrome: ed è veramente incredibile come Duesberg possa ostinarsi a negare questo dato. Inoltre sono stati caratterizzati diversi aspetti della patogenesi dell'Aids che mostrano il coinvolgimento del virus nella deplezione dei linfociti T-helper, nonché il modo di progredire lento dell'infezione. Tutti quelli che Duesberg definisce "miti" riguardanti l'eziologia virale dell'Aids sono delle manipolazioni di problemi biologici ed epidemiologici concreti, che in parte sono già stati risolti e in parte rimandano a dinamiche biologiche ed epidemiologiche ancora sconosciute che caratterizzano le interazioni tra virus e ospite.
L'ipotesi di Duesberg sull'eziologia dell'Aids, che sarebbe dovuto all'abuso di sostanze stupefacenti, è talmente generica che forse risponde più a pregiudizi ideologici o a idiosincrasie personali che ha una tesi scientifica. Il punto di vista di Duesberg riecheggia le teorie miasmatiche sull'origine delle malattie infettive: e si può sempre trovare qualche rapporto tra fattori ambientali o comportamentali non specifici e un'epidemia, dato che gli agenti infettivi per trasmettersi devono utilizzare qualche veicolo la cui efficacia può variare in rapporto a condizioni ambientali e stili di comportamento. Ed è verosimilmente proprio al fatto di imputare a fattori comportamentali l'origine dell'Aids, restringendone la diffusione al mondo sviluppato, che si deve il successo delle tesi di Duesberg in ambienti politicamente o moralmente prevenuti sulla questione dell'Aids.
Dall'articolo di Bangone si evince quali possono essere i ragionamenti che hanno indotto Thabo Mbeki a prendere una posizione che contraddice quello che pensano gli scienziati africani.
Per quanto riguarda il mondo sviluppato il fatto di indicare l'assunzione di droghe e l'omosessualità come le vere cause dell'Aids, riflette probabilmente alcune motivazioni di natura moralistica che stanno dietro l'azione di Duesberg. Così Carlo Augusto Viano, a proposito del libro di Duesberg, ha potuto sostenere che "la tesi che l'Aids fosse un virus" (sic!) si è affermata perché faceva comodo agli omosessuali, i quali hanno poi preteso investimenti per un vaccino che assolva le loro perversioni.

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