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Per la salute delle donnen e dei bambini che nasceranno


L’analisi pre-impianto permette di non trasmettere malattie genetiche ai figli

I difensori della legge 40 vogliono imporre, in nome della religione, inaccettabili restrizioni alla ricerca scientifica. Dire «sì» all’abrogazione delle norme formulate nel secondo quesito referendario significa offrire la concreta speranza che una lunga serie di malattie siaun giorno sconfitta. Non solo: è il modo per alleviare lo stress fisico e psicologico per le donne che ricorrono alla fecondazione artificiale.
La norma attuale impone infatti la produzione in vitro di non più di tre embrioni, i quali devono essere immediatamente impiantati nell’utero. La crioconservazione degli embrioni—ovvero il congelamento —è vietata, eccetto che per breve tempo in circostanze speciali. Se perciò la terapia fallisce, per sottoporsi a un secondo tentativo di fecondazione artificiale la donna è costretta a ricominciare da capo: non avendo altri embrioni disponibili, deve sottoporsi a un nuovo intervento per il prelievo di ovuli da fecondare. E per ottenere nuovi ovuli serve anche un altro ciclo di stimolazioni ormonali, un trattamento che sarebbe meglio non ripetere più volte. Come? Ricorrendo agli embrioni congelati. E proprio questo è il punto.
Chi si oppone alla conservazione dell’embrione sostiene che esso sia un essere umano, una persona addirittura e, come tale, non debba venire utilizzato per altri fini che non siano il suo sviluppo nell’utero femminile.
Da scienziato dico: ciò non è assolutamente vero. Altro che persona, gli embrioni precoci di cui parliamo sono un cumulo di poche cellule; lasciati a se stessi, non potrebbero in alcun modo sopravvivere e svilupparsi.
Oltre a essere impiegati in più di un tentativo di fecondazione, come potrebbero essere utilizzati gli embrioni una volta modificata la legge 40? In due modi:
1) per la preparazione di cellule embrionali staminali;
2) per capire lo stato dei geni dell’embrione e, perciò, lo stato di salute del nascituro. Vediamo di spiegarci.
1) Le cellule staminali embrionali sono preziosissime per la scienza. Da queste cellule «giovani » si generano infatti tutte le diverse centinaia di cellule che compongono l’organismo umano. Si pensa dunque che esse possano venire utilizzate per combattere le malattie definite «degenerative» (il morbo di Parkinson, ad esempio), ovvero quelle patologie in cui si verifica la morte di un certo tipo di cellule. Ecco, le staminali embrionali potrebbero essere trapiantate in un malato, andando a sostituire quelle danneggiate. Dico potrebbero, perché questa non è ancora una tecnica acquisita. La difficoltà consiste nel guidare il processo che da una staminale embrionale conduce al tipo di cellula di cui si ha bisogno (del cervello, del fegato o del pancreas, solo per fare qualche esempio). Ma certo è che, senza gli embrioni, la scienza non ce la può fare. Qualcuno sostiene che la ricerca possa essere condotta con cellule staminali adulte, che sono presenti in molti organi del nostro corpo. Ma non è la stessa cosa, perché queste cellule sono già parzialmente sviluppate, sono poche e spesso difficili da prelevare.
2) L’analisi pre-impianto, che può essere legalizzata proprio votando «sì» a questo quesito, permette di sapere se l’embrione presenta geni malati. In questo modo si impedisce che i genitori con geni di malattie genetiche non espresse abbiano figli con la malattia. Selezionando un embrione con almeno uno dei due geni sano, si ha la certezza che il nascituro non presenti patologie come la talassemia o la fibrosi cistica.
Quindi, minor sofferenza per le donne che devono ricorrere alla fecondazione in vitro, lotta alle malattie degenerative, certezza della salute del neonato: per aiutare la scienza ad aiutare le persone è indispensabile votare «sì» al secondo quesito
Renato Dulbecco
Premio Nobel per la Medicina nel 1975
Professore emerito al Salk Institute (California)

Fonte: Corriere (05/06/2005)
Pubblicato in Analisi e Commenti
Tag: legge 40, Dulbecco
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