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Ogm, il richiamo della foresta


Per ridurre la Co2 lOccidente può riforestare i territori dei paesi in via di sviluppo con piante g

Nel bel mezzo della conferenza mondiale di Milano sui cambiamenti climatici, ci ritroviamo improvvisamente in una selva oscura piena di organismi geneticamente modificati. Non bisogna essere scienziati per capire che non c'é alcun nesso tra gli ogm e l'effetto serra, eppure i semi brevettati dalle multinazionali del biotech sono riusciti a tenere banco anche alla Cop9 di Milano. Ieri, infatti, l'organismo tecnico della conferenza ha stabilito che gli stati a economia avanzata per assorbire le emissioni di Co2 possono riforestare il territorio dei paesi in via di sviluppo anche con piante geneticamente modificate. Toccherà al tavolo politico approvare o respingere il tentativo maldestro di imporre gli ogm reclamizzandone l'improbablie azione mitigatrice sul clima. Si annuncia una battaglia politica che sarà la fotocopia di ciò che sta succedendo in campo alimentare, con l'Europa che farà muro contro il dilagare degli organismi geneticamente modificati. L'unico a non essersi accorto della posizione della Ue è Altero Matteoli, il «nostro» ministro dell'Ambiente. Intervistato da Radio Popolare, si è detto stupito per il rumore sollevato dalla questione: «E' una sorpresa che ci siano delle polemiche, pensiamo che gli ogm si possano utilizzare tranquillamente, per quanto riguarda gli alberi non è roba che finisce nel piatto».
Del resto, non si può pretendere che un ministro dell'ambiente come Matteoli sappia che tra le specie arboree figurano anche gli alberi da frutto, né che nel mondo non c'è alcuno studio sull'impatto ambientale provocato da una foresta gm.

La decisione di ieri ha dell'incredibile perché la questione è stata sollevata una settimana fa quando la Norvegia aveva solo chiesto che venisse riconfermato il divieto di utilizzare piante gm per la riforestazione. Nel giro di pochi giorni quel divieto è stato ribaltato in un via libera. Secondo Danilo Mollicone, ricercatore forestale presso la Commissione europea e membro del comitato scientifico di Legambiente, si tratta di una vera assurdità. «La convenzione ha un suo organismo scientifico che da anni dà le indicazioni da seguire - spiega - e questo organismo non ha mai messo gli ogm all'ordine del giorno. Nel mondo in questo momento esiste un solo esperimento in Vietnam, dove un'azienda australiana ha piantato 10 mila ettari di acacia, ma a tutt'oggi non c'è alcun risultato, anche perché un bilancio su una foresta si fa dopo una decina d'anni».

Andrea Poggio, vice direttore nazionale di Legambiente, mette l'accento su una manovra altamente pericolosa. «Da un lato apre un ulteriore varco alle colture ogm in larghissima parte del pianeta - spiega - e dall'altro infierisce un duro colpo alla biodiversità. L'accordo non prevede infatti nessun piano di tracciabilità per le sementi geneticamente modificate e non consente quindi agli stati di compiere scelte consapevoli tra acquisti di crediti ogm e ogm free».

Se gli ogm sono una insidia del presente, ieri il clima alla Cop9 si è rasserenato almeno guardando al futuro dell'economia all'idrogeno, tema che è stato dibattuto in un convegno promosso dalla Regione Lombardia, grande sponsor di quella che il sociologo Jeremy Rifkin saluta come «la terza grande rivoluzione industriale». Secondo Andrea Masullo, responsabile energia e risorse del Wwf, però l'emergenza clima non può aspettare perché la ricerca sull'idrogeno ha bisogno di tempi lunghi. «Il suo sviluppo - dice - deve necessariamente proseguire in parallelo all'avvio di misure concrete immediatamente fattive: risparmio energetico, efficienza degli impianti, politiche di incentivo e disincentivo».

A movimentare la nona giornata della Cop9 ieri mattina ci ha pensato un gruppo di attivisti di Greenpeace, con una incursione spettacolare alla loro maniera: si sono calati dalla facciata delle Fiera di Milano con uno striscione di 150 metri quadrati in favore dell'energia eolica, «no more nukes, Europe go wind».

Fonte: il manifesto (11/12/2003)
Pubblicato in Ecologia e Ambiente
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