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Quelle subdole molecole che disturbano gli ormoni


Si cerca di far luce sugli «interferenti endocrini» che possono anche causare gravissime malattie

Un piccolo esercito di sostanze, eterogenee e ancora misteriose, attira l'attenzione del mondo della ricerca medica e della Sanità. Parliamo degli «interferenti endocrini», chiamati talvolta anche «distruttori endocrini»: molecole che hanno la capacità di disturbare il funzionamento del sistema ormonale creando scompiglio nell'intero organismo. «Sono sostanze sfuggenti, la cui pericolosità è difficile da valutare perché dipende anche dall’individuo o perché spesso si manifesta quando piccole quantità di molecole diverse si trovano in una opportuna miscela, negli alimenti o nell’ambiente. Eppure alcuni effetti sono già identificati: un aumento delle patologie dell'utero, in particolare endometriosi, ritardi nello sviluppo cognitivo dei bambini, alta frequenza di tumori al testicolo, infertilità e disturbi immunitari», spiega Alberto Mantovani, ricercatore dell'Istituto Superiore di Sanità e coordinatore del gruppo di lavoro sugli interferenti endocrini nell'ambito della Strategia Europea Ambiente e Salute, nonché coordinatore di un progetto del Ministero della Salute conclusosi alla fine del 2003. Gli interferenti endocrini agiscono alterando i meccanismi di produzione degli ormoni o sfruttando il fatto di possedere una struttura simile a quella di questi ultimi per prendere il loro posto. Il problema è che gli ormoni hanno un compito importantissimo: sono portatori di ordini e fanno sì che i 100.000 miliardi di cellule che compongono il nostro corpo funzionino armoniosamente anziché come un'accozzaglia di individualiste. Dagli ormoni dipendono le reazioni alla fame, alla sete, alla paura, oltre che l'attrazione sessuale, ma essi governano anche lo sviluppo e la crescita. Basta che nel sangue ci sia una molecola di un ormone su un milione di molecole diverse per ottenere un qualche effetto.
Mancano ancora prove definitive, ma l'azione degli interferenti endocrini sembra ripercuotersi soprattutto sul sistema immunitario, sul sistema nervoso centrale e sul sistema riproduttivo. E naturalmente gli effetti sono maggiori se l'esposizione avviene nel ventre materno o nell'infanzia. Chi sono esattamente questi subdoli nemici? In cima alla lista ci sono delle sostanze note e proibite da tempo, come il Ddt, i famigerati policlorobifenili (Pcb), le diossine. Poiché in passato ne è stato fatto largo uso, esse sono ancora abbondantemente disperse nell'ambiente. Poi ci sono alcuni pesticidi e antiparassitari utilizzati di norma in agricoltura e negli allevamenti, mentre in molti altri casi le molecole interferenti si nascondono in prodotti d'uso quotidiano. «I prodotti in commercio sono accuratamente controllati e nessuna delle sostanze che contengono supera la dose considerata sicura. Però, una volta nell'ambiente, molecole di provenienza diversa formano miscele dall'effetto imprevedibile» spiega Leopoldo Silvestroni, endocrinologo alla facoltà di Medicina dell'Università romana La Sapienza e coordinatore del tavolo "Inquinanti chimici ambientali e salute riproduttiva umana", istituito un anno fa dal Ministero della Salute e sul punto di produrre un documento che analizza la situazione in Italia. Certe volte non appena ci si è accorti del pericolo si è corsi ai ripari. È il caso delle pellicole da cucina in Pvc. «Questo materiale è innocuo ma duro. Per renderlo elastico, si aggiungevano sostanze chiamate ftalati fino al 50 per cento. Gli ftalati però hanno una struttura molto simile a quella degli ormoni estrogeni e facilmente le cellule li scambiano per questi ultimi. E hanno anche la proprietà di sciogliersi lentamente nel grasso. Un bel pezzo di formaggio avvolto per un po' di tempo nella pellicola diveniva quindi una sorta di spugna per simil-estrogeni, con prevedibili conseguenze soprattutto sullo sviluppo del sistema riproduttivo dei bambini. Il problema è stato affrontato da una legge del 2000, che impone che il contenuto in ftalati non superi la soglia di sicurezza del 5 per cento. Ciò nonostante molte pellicole recano ancora una avvertenza che dice di non metterle in contatto con grassi. Ftalati in dosi di sicurezza si trovano anche in ammorbidenti e giocattoli, mentre altre molecole dall’azione simile entrano nei detergenti. Il bisfenolo A, un altro simil-estrogeno, si trova invece in vernici antigraffio e colle. Il problema è sempre lo stesso: «Nel singolo prodotto si rispettano le dosi di sicurezza, ma poi tutto si accumula nell’ambiente e negli organismi», dice Silvestroni. Eppure un po' di contromisure potremmo prenderle anche verso questi nemici sfuggenti. La regola migliore è sempre usare il buonsenso. «La principale via con cui gli interferenti endocrini entrano nel nostro corpo resta quella alimentare, nutrendoci di piante o animali che li hanno assorbiti dall'ambiente - conclude Silvestroni -. Una dieta varia non ci espone sistematicamente a sostanze presenti solo in determinati cibi. Poi occorre cercare di utilizzare poche sostanze inquinanti e bisogna stare attenti ai prodotti di origine ignota: chi può immaginare com’è la colla di certe scarpe che non segue i normali circuiti di commercio? E cosa c'è in certi cosmetici venduti per strada? Poi naturalmente occorre procedere con gli studi: l'obiettivo è prevenire disturbi come l'infertilità, invece di doverli curare».

Fonte: La Stampa (07/01/2004)
Pubblicato in Biochimica e Biologia Cellulare
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