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Il caffè riduce il rischio di diabete


Sei tazze al giorno dimezzano la probabilità di sviluppare la malattia

Secondo uno studio pubblicato sulla rivista "Annals of Internal Medicine", l'abitudine di bere caffè ha effetti benefici ben maggiori di quello di dare la sveglia al mattino. I forti consumatori di caffè presentano infatti un rischio molto minore di sviluppare il diabete di tipo 2.
Questa malattia è molto comune soprattutto negli anziani. Oltre all'età, i fattori di rischio comprendono l'essere sovrappeso e poco attivi fisicamente. Nel 2000, uno studio di ricercatori olandesi aveva suggerito che, a parità di altri fattori, i bevitori di caffè avessero meno probabilità di sviluppare la malattia rispetto a coloro che non ne bevono. la ricerca, però, non distingueva fra le varietà caffeinate e decaffeinate.
Nel nuovo studio, un gruppo di ricercatori dell'Università di Harvard e del Brigham and Women’s Hospital di Boston ha seguito 126.000 persone per più di dodici anni.
I partecipanti dovevano periodicamente rispondere a dettagliati questionari che includevano domande sulle loro abitudini. Gli scienziati hanno determinato che gli uomini che bevevano più di sei tazze di caffè con caffeina al giorno presentavano un rischio di sviluppare il diabete di tipo 2 pari a quasi la metà di coloro che non consumavano caffè. Fra le donne, il rischio per le bevitrici regolari era invece inferiore del 30 per cento. Gli effetti del decaffeinato erano più limitati: una riduzione del 25 per cento del rischio per gli uomini e del 15 per cento per le donne.
"Sono buone notizie4 per chi beve caffè, - spiega Frank B. Hu, co-autore dello studio - ma ancora non sappiamo come mai questa bevanda ha effetti benefici per il diabete. Saranno necessarie altre ricerche". È noto che la caffeina nel breve termine aumenta i livelli di zucchero nel sangue, ma i suoi effetti a lungo termine non sono ancora del tutto compresi. Forse gli altri ingredienti della bevanda, come antiossidanti e magnesio, potrebbero svolgere un ruolo importante.

Fonte: Le Scienze (08/01/2004)
Pubblicato in Medicina e Salute
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