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Leucemia linfoide questione di geni


Carlo Croce spiega come un’anomalia del Dna rivoluzionerà le cure

«A provocare il 70 per cento delle leucemie linfoidi croniche è la delezione di due geni del cromosoma 13: il "mir15" e il "mir16". Nei linfociti delle persone affette dalla malattia questi due elementi non ci sono, sono stati appunto delezionati, tagliati via. La scoperta di questa anomalia del Dna potrebbe essere il primo passo verso nuove terapie basate sul reintegro dei prodotti dei due elementi mancanti». A parlare, e ad aprire la speranza e la strada verso cure inedite contro la forma leucemica più frequente negli adulti (sono oltre 10.000 le persone colpite ogni anno solo in Europa), è Carlo Croce, medico italiano e direttore del Kimmel Cancer Institute di Philadelphia.
«Per oltre 5 anni», ci ha raccontato in occasione del congresso romano della Società italiana di ematologia, «abbiamo studiato una zona specifica del cromosoma 13, che sapevamo coinvolta nelle leucemie linfoidi croniche. Cercavamo geni capaci di bloccare lo sviluppo di tumori e per questo abbiamo caratterizzato tutti gli elementi di questa regione, gene per gene, purtroppo però senza successo. Poi ci siamo concentrati su piccole delezioni e traslocazioni di quella zona, e così abbiamo capito la funzione dei due geni mir». Mir15 e mir16 non codificano per proteine come la maggior parte di geni ma per piccoli Rna: i microRna di interferenza. Queste molecole sono dei regolatori di oncogeni, cioè regolano l’attività di quegli elementi che tutti possediamo ma che si esprimono solo nelle persone quando si ammalano di cancro.
Ebbene i microRna possono bloccare gli oncogeni utilizzando due meccanismi: o degradando il loro Rnamessaggero oppure impedendone la traslazione in proteina. Insomma, semplificando: quando i due Mir ci sono, e funzionano, bloccano gli oncogeni con i loro microRna, ma quando vengono delezionati, gli oncogeni per la leucemia linfoide cronica si esprimono liberamente e la persona che ha subito il "taglio", cioè la delezione, e che quindi non li possiede, si ammala. «Il punto è che noi possiamo ovviare a questa carenza», riprende Croce, «inserendo nel sangue dei malati i microRna mancanti. Per ora lo stiamo facendo sui topolini leucemici, poi, se tutto andrà bene sugli animali, come prevediamo e auspichiamo, sperimenteremo sull’uomo. Ci vuole tempo, ma la strada c’è».
E non è l’unica. L’attacco alla leucemia linfoide cronica in atto al Kimmel è incrociato. «Qualche anno fa abbiamo scoperto il Tcl1, un oncogene che viene espresso in varie forme di leucemia ma soprattutto è tipico della linfoide cronica. Abbiamo inoculato il Tcl1 in topi da laboratorio. A un anno dall’inoculazione tutti i topini si sono puntualmente ammalati fornendoci un modello di studio e dimostrando che il Tcl1 è un oncogene per leucemia e soprattutto che è l’oncogene che dà inizio alla malattia». All’origine di ogni tumore e quindi anche di quelli del sangue come le leucemie, c’è una catena di alterazioni, la prima delle quali è però quella fondamentale, la più importante.
«Dopo il Tcl1», riprende Croce, «abbiamo individuato un altro oncogene, l’Akt che codifica per una tirosinachinasi. L’attività di questo enzima, abbiamo visto, è fortemente potenziata da Tcl1, e consiste nel fosforilare (n.d.r. unirla al gruppo fosforo) una proteina, la Nur77». La funzione di questa molecola è davvero fondamentale nel processo di trasformazione neoplastico: Nur77 ha infatti la funzione di indurre i geni per l’apoptosi o morte cellulare dei linfociti.
Una volta fosforilata da Akt, però, non riesce più a farlo, e i linfociti di conseguenza vivono di più e meglio, a tutto vantaggio della malattia. «Ora», riprende il direttore del Kimmel, «visto che Tcl1 attiva Akt, che a sua volta fosforila Nur77 possiamo pensare a due tipi di farmaci antitumorali: una sostanza che blocchi l’attività enzimatica di Akt, che è quello su cui stanno lavorando le farmaceutiche, oppure un prodotto più mirato ancora, che inibisca l’interazione tra Tcl1 e Akt. E questo è quello che stiamo tentando di fare noi, avendo già diversi candidati a disposizione. Per ora sui topi Tcl1 transgenici, e poi vedremo sull’uomo».

Fonte: La Repubblica (06/11/2003)
Pubblicato in Medicina e Salute
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