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Il mais inquinato del Messico


Sono passati due anni da quando i ricercatori della Università californiana di Berkeley, Ignacio Chapela e David Quist, denunciarono la contaminazione da ogm del mais coltivato dai contadini messicani

Sono passati due anni da quando i ricercatori della Università californiana di Berkeley, Ignacio Chapela e David Quist, denunciarono la contaminazione da ogm del mais coltivato dai contadini messicani. All'inizio sembrava che solo le terre di Oaxaca e Puebla fossero coinvolte, ma analisi ulteriori hanno rilevato contaminazione transgenica anche in coltivazioni rurali di Veracrux, Chihuahua, San Luis Potosì, Tlaxcala, Morelos. Per capire la gravità del caso è necessario sapere che il Messico è il Centro di origine e diversificazione dei semi di mais che per millenni indigeni e contadini locali hanno coltivato e conservato, prima che questa biodiverisità venisse «sequestrata» nelle banche di germoplasma controllate dalle multinazionali del settore.

Di fronte alla mancanza di risposte adeguate da parte del governo messicano, che non ha fatto nulla per stabilire le responsabilità e le fonti della contaminazione trasgenica, le organizzazioni indigene e contadine delle zone coinvolte con il contributo di biologi e agronomi dell'Unam (Università autonoma messicana) hanno realizzato una approfondita ricerca documentata sulla situazione delle varietà native di mais durante il ciclo di coltivazioni che va dall'inverno all'estate dell'anno in corso. La ricerca è stata effettuata in 33 comunità di 9 stati, quelli già citati più Stato di Messico e Durango - zone dove si pratica agricoltura rurale con mano d'opera familiare e utilizzo di insumus chimico quasi inesistente - oltre 2000 piante a campione con il risultato di presenza di geni trans in mais nativo da un minimo dell'1,5 a un massimo del 33,3 per cento.
A Oaxaca sono state trovate tracce di mais Bt della varietà Starlink (Aventis-Bayer), proibito negli Usa perché considerato altamente allergenico.

Partendo dal principio cautelativo che davanti al dubbio di nocività meglio astenersi, nel 1999 il governo messicano dichiarò la moratoria alla semina di mais trasgenico nel paese. Ma allora da dove arriva questa contaminazione? Secondo il Cimmyt - l'istituzione internazionale con sede in Messico che, a livello mondiale, è la più grande banca di germoplasma di mais e grano raccolto da migliaia di varietà prodotte nei secoli dal lavoro di contadini e contadine messicane e non solo- non ci sono studi sufficienti per parlare di contaminazione ma che comunque ha diversi programmi di sviluppo di mais e grano trasgenico. Dove? L'impollinazione del mais avviene all'aperto con l'aiuto del vento e non bisogna essere agronomi per capire che anche la contaminazione con piante transgeniche segue lo stesso percorso. Nel 2001 il governo messicano per voce della Segreteria per l'agricoltura, allevemento, pesca e alimentazione (Sagarpa) e dell'industria biotecnologica Cibiogem, «padrone» locali del trasgenico, insieme a gran parte della comunità scientifica compresi rappresentanti dell'Accademia messicana di scienze, inizialmente negarono l'esistenza della contaminazione poi conclusero che se anche ci fosse stata non rappresentava alcun pericolo. Qualche mese fa Victor Villaloros, rappresentante della Sagarpa, al momento della sua presidenza di turno alla Cibiogem, ha dichiarato che la contaminazione a Oaxaca è «un laboratorio naturale» che darà modo di verificare gli effetti positivi della contaminazione tra mais nativo e trasgenico e che si impegnerà «affinché il governo ritiri la moratoria che ne impedisce la coltivazione di ogm».

Intanto il Senato approvava, con l'appoggio di tutti i partiti, una legge sulla «biosicurezza» (attualmente in discussione alla camera) fortemente voluta dalle multinazionali delle biotecnologie, porta aperta alla cancellazione della moratoria sul transgenico.

Il documento delle comunità indigene e contadine messicane così si conclude: «Siamo fatti di mais che è l'alimento che ci ha permesso di resistere negli ultimi 500 anni ai vari processi di colonizzazione che abbiamo subito. I colonizzatori hanno distrutto i nostri templi, le nostre forme di governo, e oggi vogliono distruggere la base della nostra alimentazione e autonomia».

Fonte: il manifesto (06/11/2003)
Pubblicato in Percezione e problemi biotech
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