domenica, dicembre 28, 2003
Vengo a
conoscenza solo ora di un fatto molto grave, che descrive una realtà a volte stupida e difficile:

Succede che in Louisiana Marcus McLaurin, un bimbetto di sette anni, durante l’intervallo e in attesa di mangiarsi la sua focaccina, risponda a un compagno di classe che gli aveva chiesto dei suoi genitori. “La mia famiglia è fatta da due mamme”, risponde candido Marcus. Due mamme? Il compagno lo guarda perplesso e incuriosito chiede spiegazioni. “Sì, ho due mamme. Sai, la mia mamma biologica è gay”. E’ gaaaay? Il compagno è sempre più confuso anche se intuisce che non si tratti di un grazioso aggettivo ma di un ben più sostanzioso sostantivo. “Gay è quando a una ragazza piace un’altra ragazza”, spiega compunto Marcus. L’altro annuisce e, come fanno spesso i bambini, pensa ad altro. Ma non troppo. Tanto che sente il bisogno di parlarne alla maestra la quale allarga gli occhi, spalanca la bocca, leva le mani al cielo e comincia a starnazzare come una gallina ubriaca. Chiama a rapporto Marcus, lo squadra con sguardo truce, lo spedisce dal preside il quale a sua volta lo riguarda con occhi se possibile ancora più truci. Quando torna a casa Marcus è mogio mogio, testa china, pronto a rompere in un pianto mal contenuto. La mamma (una delle due, non so bene quale) gli chiede cosa sia successo anche perché aveva appena ricevuto una telefonata allarmata del vicepreside in cui si diceva che a scuola suo figlio era stato protagonista di un fatto gravissimo che-nemmeno-si-può-dire-al-telefono. “Che hai fatto?”, chiede la mamma. “La maestra dice che la mia famiglia è una parolaccia”, risponde il piccino pronto scoppiando finalmente a piangere anche perché non capisce tutto quel casino. Poi le mostra un compito che gli hanno fatto fare a scuola: una paginetta scritta con la calligrafia incerta e le lievi sgrammaticature dei bambini. Sotto la colonna “Che cosa ho fatto” Marcus ha dovuto scrivere: “Ho deto brute parole” e sotto quella “Che cosa avrei dovuto fare” ha dovuto aggiungere: “Chiudere la boca”. Sopra una breve frase siglata dalla maestra: “Aveva spiegato a un altro bambino che lei è gay (sottolineato due volte, n.d.r.) e ciò che vuol dire gay”. La mamma, sbalordita, scopre che per punizione il piccolo aveva dovuto scrivere decine di volte sulla lavagna: “Non userò più la parola gay a scuola” (da notare, oltre all’imbecillità, l’ineffabile contraddizione).
E' disponibile anche una
copia del compito [.pdf].
Un articolo che è comparso sul
Foglio del 17 Dicembre [.pdf] e che si riferisce ad un fatto successo l'11 Novembre.. (Più info sul sito delle
unione americana delle libertà civili.).
Inutile dire quanto è grave, e quanto dimostra che anche in ambienti in cui l'omosessualità è vissuta realmente ci siano ancora gravi ritrosie anacronistiche.
1 Commenti:
Santo-Cielo....o.o
By
1:32 PM, dicembre 25, 2009
Commenta
By
1:32 PM, dicembre 25, 2009