Diario personale di un piccolo scienziato pazzo
 
Riccardo - atreliu pazzo
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Rivanga nel mio passato:





sabato, agosto 21, 2004

Ieri sera ho visto Wilde Side.
Eccone una recensione:
Djamel, ragazzo d’origine nordafricana che frequenta le toilette della stazione, e Mikhail, emigrato clandestino fuggito dall’esercito russo durante la guerra in Cecenia, condividono i favori di Stéphanie, prostituta transessuale. Uniti dalla solidarietà e dall’affetto, i tre si ritrovano un fine settimana in un casolare della campagna francese, al capezzale della mamma morente di Stéphanie.

La scarna sinossi fotografa come meglio non si potrebbe una pellicola più attenta alle emozioni che ai fatti, al lato umano che a quello sociale: a partire dal titolo, ispirato ad una nota canzone di Lou Reed, la cinepresa di Sebastien Lifshitz (qui al suo terzo lungometraggio, il primo ad approdare sui nostri schermi) fornisce un penetrante ritratto d’assieme di queste vite di confine, soffermandosi sul triangolo scaleno costituito dai personaggi e sulla loro interiorità sghemba quanto articolata. Senza indulgere a maledettismi di maniera (non v’è traccia, per dire, di droghe), il film – lavorato di bulino, con una partecipazione ai destini del trio che non è di maniera – si snoda fra lesti incontri sessuali, slanci d’affetto a lungo trattenuti (la telefonata di Mikhail alla madre), piccole evasioni scherzose (la lezione di pugilato impartita a Djamel).

Sullo sfondo l’incombere della morte, che non lascia spazio ad alcun possibile lieto fine. Ad esequie della genitrice avvenute, Stéphanie piange, sul treno, non solo la scomparsa di una persona cara: lascia per sempre l’infanzia e la giovinezza, si congeda da ciò che era e si riconsegna allo scorrere dei giorni. Non è sola: l’ultima sequenza ce la mostra, addormentata, con i suoi due uomini, mentre il treno continua a correre. Un raggio di sole, dal finestrino, pian piano ne illumina i corpi: chissà, magari lassù qualcuno li ama.


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