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Infarto; non solo colpa fattori rischio


Meta delle persone con fattori di rischio non ha mai infarto, mentre molti infartuati non hanno mai avuto fattori di rischio: nei prossimi 5-10 anni ci si gioca il tutto per tutto sulla conoscenza de

Meta' delle persone con fattori di rischio non ha mai infarto, mentre molti infartuati non hanno mai avuto fattori di rischio: nei prossimi 5-10 anni ci si gioca il tutto per tutto sulla conoscenza delle cause delle malattie cardiovascolari. Ne e' convinto Attilio Maseri, docente dell' Universita' Vita-Salute San Raffaele, direttore del Dipartimento cardio-toraco-vascolare dell'Istituto scientifico omonimo.
Attorno a questo concetto ruota gran parte del programma della 5/a Conferenza Internazionale sulla Salute del Cuore, assise promosse dalle grandi organizzazioni mondiali della salute, come l'OMS, cui partecipa il gotha mondiale degli esperti sulle malattie cardiovascolari. Per la prima volta questa conferenza si riunisce in Italia, in particolare al San Raffaele di Milano, organizzato dallo stesso Maseri e da Domenico Cianflone, primario dell' unita' coronarica dell' ospedale milanese.
''Oggi sappiamo gia' tante cose - afferma Maseri - su queste malattie, sull' infarto, sui fattori di rischio. E abbiamo anche ottimi 'farmaci medi', cioe' principi attivi cui mediamente i malati rispondono bene. 'Mediamente', pero'. Quello che non sappiamo e' perche' una persona risponde bene a un tipo di trattamento mentre altre rispondono meno bene o non rispondono per nulla''.
Il fatto e', secondo il professore, che finora ci si e' occupati di produrre buoni farmaci medi da somministrare un po' a tutti i malati con gli stessi sintomi, mentre le conoscenze genetiche di oggi ci consentono di 'caratterizzare' i pazienti, confrontare quelli che rispondono con quelli che non rispondono, in modo da capire perche' (le cause delle malattie cardiovascolari possono essere molteplici) e poter cosi' personalizzare i trattamenti per ottenere un effetto certo.
''Saremo in grado di prevenire l'infarto - afferma Maseri - solo quando capiremo perche' il 50% dei soggetti con fattori di rischio non hanno mai un infarto, mentre molti soggetti sono colpiti da infarto senza aver mai presentato un solo fattore di rischio''. E questo segreto sta scritto nell'interazione fra cause genetiche, scritte nel Dna di ogni diverso individuo, e cause ambientali, dovute alle differenti diete e stili di vita.
Per questo Maseri sta lavorando da tempo come coordinatore del progetto internazionale FAMI (First Acute Myocardial Infarction), che si prefigge appunto di ricercare le cause genetiche, ambientali, infiammatorie dell'infarto cardiaco in Scozia, Italia e Cina. ''Sappiamo - spiega il docente - che tra gli scozzesi si verificano tre volte piu' infarti che in Italia, dove si hanno tre volte piu' infarti che in Cina. E vogliamo scoprire il perche'''.
Lo studio Fami prevede di studiare, fra coloro che giungono ai pronto soccorso con un infarto senza avere mai avuto alcuna avvisaglia, 1000 scozzesi, 1000 italiani e 1000 cinesi, con altrettanti soggetti sani a fungere da controllo. Ad ogni paziente (e ogni controllo) saranno prelevati campioni biologici (che serviranno anche per l'esame del Dna) e altri dati compresi quelli riguardanti la personale risposta alle terapie. Tutto verra' inserito in un computer e inviato in Italia dove avverra' il confronto dei dati. Attualmente sono gia' stati raccolti e catalogati i campioni di 200 pazienti cinesi, 100 scozzesi e 300 italiani. Si prevede che lo studio possa concludersi verso la fine del 2005.
Da questo studio Maseri si aspetta molto: ''Sapremo il perche' delle differenze di incidenza dell'infarto nei diversi Paesi. Solo il confronto di condizioni che, pur cosi' diverse, portano a una sindrome finale comune, puo' aiutarci a scoprirne le cause''.

Fonte: Ansa (15/06/2004)
Pubblicato in Medicina e Salute
Tag: infarto
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