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Il microscopio che vede le proteine


Li abbiamo visti, applauditi e ammirati nelle ultime Olimpiadi. Contiamo su di loro per portare avanti ogni nostra attività quotidiana. Ma che cosa sappiamo dei nostri muscoli? Per chi credeva che con

Li abbiamo visti, applauditi e ammirati nelle ultime Olimpiadi. Contiamo su di loro per portare avanti ogni nostra attività quotidiana. Ma che cosa sappiamo dei nostri muscoli? Per chi credeva che con l'avvento della microscopia ottica confocale, in grado oggi di rivelarci dettagli mille volte più piccoli della punta di una matita, ogni mistero sulla struttura cellulare del nostro corpo fosse stata svelata, è in arrivo una sorpresa: a causa della natura ondulatoria della luce, il microscopio confocale non riesce a "distinguere" oggetti più piccoli di metà della lunghezza d'onda della luce impiegata per illuminarli (un effetto chiamato "diffrazione"). Questo significa che le immagini generate da oggetti di dimensioni nanometriche (ovvero dell'ordine di grandezza di un milionesimo di millimetro) vengono sovrapposte dal microscopio e diventano dunque indistinguibili. Intorno a questi ordini di grandezza troviamo i sistemi proteici che sono alla base del funzionamento delle cellule muscolari striate, quelle di cui si compongono i nostri muscoli volontari. "Queste proteine hanno funzione di supporto meccanico e di trasduzione del movimento, ovvero trasformano l'impulso elettrico-nervoso in movimento vero e proprio", spiega Antonina Pisani, ricercatrice presso il dipartimento di Biomorfologia dell'Università di Messina. "Il complesso proteico DGC in particolare è importante perché contiene la distrofina, una proteina che, se alterata da un'anomalia genetica del cromosoma X, dà origine a malattie quali ad esempio la distrofia di Duchenne". E proprio per superare i limiti di risoluzione della microscopia confocale l'Istituto del CNR per i Processi Chimico-Fisici (sezione di Messina) ed il dipartimento di Biomorfologia e Biotecnologia dell'Università di Messina hanno unito le proprie risorse: ne è nata una collaborazione che vede per la prima volta l'introduzione del microscopio SNOM nello studio dei sistemi proteici che compongono il citoscheletro (l'impalcatura di supporto) delle fibre muscolari.
La sigla SNOM sta per "Scanning Near-Field Optical Microscopy", e la sua novità consiste nel fatto che i raggi di luce, invece di illuminare direttamente il campione, vengono prima convogliati in una fibra ottica che ha la forma di una sottilissima matita appuntita, come se terminasse con un piccolo "imbuto": più è piccola l'apertura apicale dell'imbuto e migliore è la risoluzione del microscopio. Il diametro tipico varia tra i 20 e i 200 nanometri, permettendo così di raggiungere una risoluzione spaziale fino a dieci volte migliore del confocale. Grazie a questa tecnica, i ricercatori Pietro Gucciardi, Pietro Princi e Antonina Pisani, con la collaborazione di Giuseppe Anastasi, professore ordinario presso il dipartimento di Biomorfologia e Biotecnologia, sono riusciti a studiare non solo la distribuzione di sistemi proteici quali i sarcoglicani, le integrine e la f-actina con una risoluzione spaziale molto migliore di quella ottenibile al confocale, ma ne stanno ottenendo la prima precisa mappa topografica. "Col microscopio confocale si ottiene soltanto l'immagine ottica del campione", spiega Pietro Gucciardi. "Con lo SNOM è possibile misurare simultaneamente anche la morfologia superficiale (ovvero la topografia) delle cellule muscolari. Questo consente di ottenere informazioni aggiuntive circa la localizzazione spaziale di questi sistemi proteici su scala nanometrica." "Grazie allo SNOM, disponiamo di un ulteriore strumento con potenzialità di migliorare le tecniche diagnostiche anatomo-patologiche" continua Antonina Pisani. "Al momento stiamo cercando di ampliare il gruppo di ricerca chiamando in causa neurologi, istologi e fisici. Le potenzialità nel campo della diagnostica sono notevoli: le molte forme delle distrofie muscolari conosciute sono dovute ad alterazioni delle proteine che stiamo studiando." Introdotta a Messina da Maria Allegrini, professore ordinario presso il Dipartimento di Fisica dell'Università Pisa, la microscopia SNOM fa il suo debutto presso il Dipartimento di Fisica della Materia e Tecnologie Fisiche Avanzate dell'Università di Messina nel 1996 grazie ad un progetto finanziato dall’Istituto Nazionale per la Fisica della Materia. In seguito il prototipo è stato sviluppato da Pietro Gucciardi per applicazioni bio-mediche presso i laboratori del CNR, dove al momento si contano ben cinque SNOM in pieno funzionamento. I primi risultati di queste ricerche sono stati presentati all'ottava conferenza internazionale "Near-field Nano-Optics & Related Techniques", svoltasi a Seoul (Corea del Sud) e in Italia durante il 58° Congresso Nazionale di Anatomia, svoltosi a Chieti dal 17 al 20 settembre. [TSCOPY](*)University of Southern California

Fonte: TuttoScienze (23/12/2004)
Pubblicato in Biotecnologie
Tag: SNOM, , CNR, muscolo, microscopio
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