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Rivolta nel Paese dei Nobel


Ricercatori a termine, fondi in ribasso. La Francia rischia il collasso

Ieri, vicino al ministero della ricerca, dei giovani ricercatori raccoglievano le firme di solidarietà dei passanti al collettivo «Salviamo la ricerca»: la petizione lanciata dal ricercatore dell'ospedale Cochin, Alain Trautmann, ha già raccolto le firme di 56.615 scienziati francesi, cioè più della metà dei lavoratori del settore. Ieri era giornata di sciopero nella ricerca francese. Il braccio di ferro con il governo dura da mesi, al punto che i direttori di laboratorio minacciano di dare in massa le dimissioni, se entro il prossimo 9 marzo non arriveranno proposte concrete per rilanciare la ricerca in Francia.

La ministra della ricerca, il medico-astronauta Claudie Haigneré è in difficoltà. Alla fine della scorsa settimana ha avanzato alcune proposte per riportare la calma: ha annunciato un nuovo finanziamento per la ricerca e l'assunzione a tempo indeterminato di 120 ricercatori. Ma il collettivo «Salviamo la ricerca» ha respinto le proposte, perché troppo riduttive. Ci sono 550 ricercatori che dovrebero essere assunti subito e ai quali, invece, viene proposto solo il tempo determinato.

Secondo Estelle Durand, vice-presidente della Confederazione dei giovani ricercatori, i 300 milioni di euro che la ministra avrebbe «scongelato», in realtà, sarebbero soltanto 80, perché gli altri erano già stati previsti.

Inoltre, questi soldi non sono altro che il pagamento di un «debito», visto che dal 2002 ci sono arretrati nei finanziamenti, al punto che alcuni laboratori non riescono neppure più a pagare le bollette del telefono.

Secondo Estelle Durand, ogni anno ci sono almeno 10mila ricercatori nel terzo ciclo di studi, ricercatori che preparano la tesi e che vivacchiano con borse di studio.
Per la Confederazione dei giovani ricercatori, oggi in Francia ci sono settantamila persone che lavorano in modo «illegale» nelle università e nei centri di ricerca, incaricati di insegnamento universitario senza essere riconosciuti come tali.

Per sbloccare la situazione, due eminenti scienziati francesi, il professore Etienne-Emile Baulieu (l'inventore della cosiddetta «pillola del giorno dopo», la Ru 486), presidente dell'Accademia delle scienze, e il suo vice, Edouard Brézin, si sono proposti «a titolo personale» come mediatori tra il collettivo «Salviamo la ricerca» e il ministero, per tentare riannodare il dialogo.

L'obiettivo è quello di mettere tutti attorno a un tavolo per preparare «una legge di orientamento e anche di programmazione, poiché la nozione pluriannuale è molto importante».

Infatti, il governo vorrebbe introdurre anche nell'importante settore della ricerca dei contratti a termine, di 3-5 anni, che gli scienziati rifiutano, perché, sottolineano, i tempi della ricerca sono più lunghi. Il rischio è di conseguenza quello di smantellare il sistema pubblico di ricerca e di obbligare quindi gli scienziati o a bussare alla porta delle imprese private oppure di decidersi ad andare a lavorare all'estero, negli Usa in particolare.

Il presidente Chirac aveva promesso di far salire «entro il 2010 il nostro sforzo nazionale per la ricerca da poco più del 2% al 3%» (è la stessa proposta fatta dalla Commissione di Bruxelles a livello dell'Unione europea per tenere il passo con gli Stati Uniti). Ma oggi alla ricerca va il 2,2% del bilancio pubblico, in lieve ribasso rispetto ai tempi dei passati governi socialisti (era al 2,35%).

«La tendenza alla diminuzione dei finanziamenti è di lungo periodo - spiega Georges Waysand, ricercatore in fisica nucleare dell'università parigina di Jussieu - si è accentuata con l'attuale governo di destra, ma anche la sinistra, in passato, non ha fatto molti sforzi per bloccarla. La logica di fondo dell'attuale governo è che il posto a vita venga sostituito da un contratto a termine. Inoltre, è opinione comune che i ricercatori, una volta decaduto il contratto, possano poi trovare un posto nell'industria e portare lì lo stesso spirito critico. Ma il problema è che la ricerca di base ha bisogno di molti anni per avere risultati convincenti. E' infatti rarissimo che in tre anni ci sia un risultato apprezzabile».

In Francia il numero dei Nobel è in netto calo rispetto al passato (26 contro 62 alla Germania, 74 alla Gran Bretagna e 214 agli Stati Uniti per il periodo che va dall''85 al 2000).

Fonte: Il Manifesto (04/03/2004)
Pubblicato in Analisi e Commenti
Tag: nobel
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