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Una scienza da paura I mutamenti climatici, il nucleare, le biotecnologie


«Il fumo uccide. C’è scritto anche sui pacchetti di sigarette e su tutti i giornali. Non hai letto i servizi? E non smetti di fumare?». «No. Continuo a fumare e smetto di leggere». La battuta ritrae i

«Il fumo uccide. C’è scritto anche sui pacchetti di sigarette e su tutti i giornali. Non hai letto i servizi? E non smetti di fumare?». «No. Continuo a fumare e smetto di leggere». La battuta ritrae i fumatori assuefatti e incapaci di smettere anche capendo i rischi letali che corrono. Molti poi, seguono pratiche mediche insulse solo perché sono alternative alla medicina scientifica. Molti altri temono rischi inesistenti o assai meno gravi di quanto ripetono giornali e televisioni. Temono: i cambiamenti climatici in corso da milioni di anni e oggi attribuiti quasi solo all’attività umana; la ricerca biotecnologica (che combatte fame e malattie); l’energia nucleare, rischiosa se fatta male, ma che si può realizzare con sicurezza molto maggiore di quella alta raggiunta in Usa. Temono i campi elettromagnetici, cui si vogliono imporre vincoli assurdi.
Giornali e tv confermano quelle paure su basi vaghe e sull’autorità di autodidatti mezzo-colti. Nel 2001 fisici e biologi di primo piano (fra cui: C. Bernardini, S. Garattini, T. Regge, R.A. Ricci, G. Salvini, U. Tirelli, F. Battaglia) hanno fondato il Movimento Galileo 2001 (libertà e dignità della scienza) per fornire corretta informazione e negare validità ad allarmi ingiustificati, leggende irrazionali, credenze improvvisate e oscurantiste.
Ad esempio i campi elettromagnetici a bassa frequenza e quelli prodotti da emittenti radio sono stati dimostrati innocui da scienziati e tecnici imparziali dell’Ieee (Institute of Electrical and Electronics Engineers). Non sono certo teneri: dopo l’incidente di Harrisburg, Spectrum , il loro mensile, pubblicò nel novembre 1979 uno studio durissimo denunciando carenze di sicurezza delle centrali elettronucleari Usa. Da allora la sicurezza aumentò. Non così accadde in Russia nel 1986 ove il gravissimo disastro di Chernobyl fu dovuto a un esperimento folle e inutile condotto da elettrotecnici senza supervisione di ingegneri nucleari.
Si chiede a tecnici e scienziati di garantire la certezza dell’assenza di rischio. Ma il rischio zero non esiste. Gli uomini sbagliano, sono talora incompetenti, corrono rischi gravi e causano disastri. Esempio, la diga del Vajont: ove la prevedibile frana immane produsse un’onda e uccise oltre 2.000 persone a Longarone. Per evitare gravi rischi, gli ambientalisti propongono il principio di precauzione.
T. Schettler, direttore del Sehn (Rete Scientifica Salute Ambientale), ne dà una versione debole: «Vediamo interazioni complesse fra molti sistemi. Alcune sono forse indeterminate e sconosciute. Il principio di precauzione non dice cosa fare, ma dove andare a guardare». E’ ragionevole, se chi va a guardare ha una buona competenza.
Taluno formula il principio di precauzione in modo più estremo (accettato anche in certe leggi e in una dichiarazione della Conferenza sull’Ambiente di Rio del 1992): «Se in conseguenza di attività o tecniche nuove siano da temere minacce di danni seri e irreversibili all’ambiente o alle persone, anche in mancanza di piene certezze scientifiche che stabiliscano rapporti causa-effetto, occorre prendere misure precauzionali adeguate anche se ciò implica costi economici considerevoli».
Non è un principio. E’ una regola di comportamento e non sta in piedi. Non specifica chi o perché debba temere quei danni affinché si concluda che vanno prese misure precauzionali. E come ritenere che i danni temuti siano seri e irreversibili, se non conosciamo rapporti di causa-effetto relativi ai processi di cui si parla? Quel cosiddetto principio suggerisce una vaga scala di certezza scientifica. Quando va considerata piena? Ma gli scienziati non parlano di certezze. Asseriscono che certi eventi causano certe conseguenze, se in base a teorie logico-sperimentali riescono a prevedere eventi o risultati di esperimenti futuri. Senza questa base, nessuno sa definire quali precauzioni siano adeguate o ragionevoli. Alcune misure potrebbero essere controproducenti - o comunque casuali.
Se Jenner e Pasteur avessero adottato il principio di precauzione, non avrebbero iniettato a nessuno microbi e tossine. Non avremmo ora i vaccini contro vaiolo, carbonchio, rabbia, polio, etc. Far esplodere bombe atomiche nello spazio può essere rischioso, ma è stato ragionevole progettare un sistema di lanciarle e bloccare asteroidi prima che ci cadano addosso.
Il 19 febbraio a Roma il Movimento Galileo 2001 ha tenuto un convegno sui rischi della non-scienza. Sono stati illustrati questi temi. Il famoso biologo vegetale Ingo Potrykus ha criticato il doppio standard. Le specie vegetali ibridate mischiano migliaia di geni senza controllo perché sono ritenute “naturali”. Invece gli Ogm (organismi modificati geneticamente) si ritengono pericolosi anche se modificano pochi geni in condizioni controllate. Fra questi è in esame da ben 5 anni il riso Golden che contiene pro-vitamina A e potrebbe già aver salvato da cecità e morte centinaia di migliaia di bambini nei Paesi in via di sviluppo.
E che dire delle cause ben note di malattia e morte? Il fumo uccide per enfisema e cancro. Il principio di precauzione dovrebbe portare ad abolire Monopolio Tabacchi e sigarette. L’obesità causa diabete e danneggia il cuore e, poco contrastata dai media, si diffonde dagli Usa in Europa. Ci sono, dunque, precauzioni da prendere delle quali si parla troppo poco.
Non sostengo certo che tutti gli industriali siano competenti, prudenti, preoccupati del bene altrui. Ci sono casi vergognosi come quello della Chisso che inquinò per anni il mare della baia di Minamata in Giappone causando alla popolazione orrende deformità e morte. Per anni sostennero che i loro scarichi erano innocui e fecero sparire le prove. Infine furono condannati. Ci sono stati i disastri di Seveso e quello più grave di Bhopal. Anche i militari Usa hanno gravi colpe. Il primo marzo di 50 anni fa esplodeva la prima bomba H a Bikini. Nessuno lo ricorda. Opportuno il bel documentario sui danni da radiazione subiti dagli abitanti delle Isole Marshall, trasmesso da La7 nell’ultimo numero del settimanale “Effetto Reale”.
Come evitare nuovi disastri? Gli scienziati si controllano a vicenda e hanno gli strumenti per controllare attività industriali e situazioni rischiose. Devono affiancarli gli esperti in ingegneria dei rischi. E’ una specialità sorta con l’industria nucleare e si applica a ogni grande impianto industriale. Si determinano le conseguenze del guasto di ogni singolo componente. Di ogni conseguenza si determinano le conseguenze e le conseguenze delle conseguenze. Si crea così un albero e delle conseguenze finali si valutano entità e probabilità. Queste vanno contenute in limiti prefissati.
Tutti corriamo rischi. Per la nostra salute cerchiamo medici abili (non sempre li troviamo). Per i seri rischi ambientali il compito non è più facile. Un buon riferimento è lo Iiasa (International Institute for Applied System Analysis) a Vienna che raccoglie esperti di valore mondiale.

Fonte: Il Messaggero (16/03/2004)
Pubblicato in Analisi e Commenti
Tag: paur, opinion, intervist
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