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Malattia di Huntington e proteine anormali

La sperimentazione è stata effettuata su cellule di ratto, come modello dei neuroni umani, e quelle di topo, come modello delle cellule del nucleo striato PAROLE CHIAVEHuntington
“La malattia di Huntington rappresenta un modello per molti versi ideale per studiare le malattie neurodegenerative, poiché conosciamo la proteina difettosa che ne è responsabile; purtroppo non comprendiamo in che modo tale proteina possa determinare il danno e la morte cellulare che colpiscono i neuroni”: così ha introdotto la propria scoperta Martin Duennwald, ricercatore del Boston Biomedical Research Institute in Watertown, in Massachusetts.

Da alcuni anni è noto che la patologia è originata da un singolo gene mutato che codifica per proteine con ripetizioni anormalmente lunghe dell’aminoacido glutammina, indicato brevemente anche con la lettera “Q”. In alcuni neuroni, queste espansioni “poli-Q” si ripiegano e si aggregano in modo errato, danneggiando e infine uccidendo le cellule.

Tuttavia, i meccanismi che danno inizio ai processi di danno e di morte cellulare sono rimasti finora un mistero.
In questo nuovo studio, pubblicato sulla versione on-line della rivista “Genes & Development”, Duennwald ha verificato, in primo battuta, che cosa renda le proteine poli-Q espanse tossiche nel lievito.
In seguito, esperimenti analoghi sono stati effettuati su due tipi di cellule di mammiferi: quelle di ratto, che rappresentano un modello efficace dei neuroni umani, e quelle di topo, che rappresentano un modello delle cellule del nucleo striato, la regione del cervello più colpita dalla malattia di Huntington.

Si è così trovato che le cellule che contengono frammenti di poli-q espansi mostrano ben presto problemi con le proteine che sono state marcate per la degradazione nel reticolo endoplasmatico, il sito cellulare in cui avviene il ripiegamento e la finalizzazione della struttura proteica. In sostanza, le proteine non vengono espulse dal citosol, il fluido intracellulare.

'Senza questo servizio di ‘smaltimento rifiuti’ il reticolo endoplasmatico rimane circondato con proteine che necessitano di essere degradate e questo deficit si riflette alla fine in un danno che porta alla morte della cellula”, ha concluso il ricercatore.


Federico Cesareo
  


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