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Metodologie per studio diagnostico delle neoplasie linfoidi

Riveste fondamentale importanza l'idoneo trattamento del campione da prendere in esame mediante biopsia,tenendo in debito conto  che i reperti patognomonici dei vari quadri morbosi possono essere  differenziati solo dal patologo..
Nel caso di linfonodo aumentato di volume, sospetto, dopo aver tassativamante escluso con le opportune indagini il coinvolgimento degli organi tributari eo di altri linfonodi, è indicata la preliminare agoaspirazione dell'organo cui puo' essere eseguita biopsia dell'intero linfonodo. E' importante ricordare  che la sola agoaspirazione è di elezione nel caso di un linfogranuloma maligno al 1 stadio, essendo controindicata l'asportazione del linfonodo, anche a scopo diagnostico in prima istanza , perche' puo' essere compromessa per la prognosi di un malato.Con asportazione chirurgica, il linfonodo dve essere immediatamente trattato dall'immunopatologo che deve provvedere a suddividerlo in due porzioni speculari secondo l'asse minore.

LA PRIMA PORZIONE DEL LINFONODO è utilizzata per 1)  allestimento di apposizioni citologiche; 2) le routinarie procedure istologiche.

Le opposizioni citologiche linfonodali che devono essere conservate per 7 gg. a 4°C opportunamente colorate con Giemsa consentendo all'immunopatologo di 1) rilevare dettagli nucleari e citoplasmatici, non apprezzabili  nei comuni prparati istologici;2) correlare, con la collaborazione di ematologo, il citotipo presente nel linfonodo con quello eventualmente riscontrabile nel sangue periferico, nel caso di leucemia.. L aprocedura routinaria della prima meta' del campione bioptico comprendono:) la fissazione in formalina neutra tamponata al 10% per 48 h; 2) la disidratazione; 3) la diafanizzazione;) l'infiltrazione ed inclusione di Paraplast ( polimero plastici) al 57°C. Dal materiale si possono ottenere sezioni istologiche di 4- 5 um, che sono sottoposte alle seguenti colorazioni: ematossilina-eosina , Giemsa con valutazione delle differenziazioni plasmacellulari, PAS evidenziazione della componente vascolare, di alcuni tipi di macrofagi, della presenza di eventuali accumuli immunoglobulinici intranucleari o citoplasmatici, impregnazione argentica con studio delle strutture vascolari e dell'impalcatura reticolare.

LA SECONDA PORZIONE DI LINFOCITI è ulteriormente ripartita per osservazioni morfologiche in sezioni semifini, per lo studio istoenzimatico, ultrastrutturale ed immunostochimico, e per le ricerche di biologia molecolare, citogenetica, cinetica cellulare. .
Per lo studio istoenzimatico sono necessarie sezioni criostatiche, opportunamente fissate in acetone a 4°C per 10 minuti e poi asciugate in aria. Alcune reazioni possono essere utili come ulteriore dato a sostegno della diagnosi di HCL ( POSITIVITA' ALLA FOSFATASI ACIDA TARTRATO RESISTENTE), linfoma linfoblastico con positivita' alla fosfatasi acida, linfoma a cellule mantellari con positivita' alla fosfatasi alcalina.
Per lo studio ultrastrutturale è cruciale la fissazione del tessuto immediatamente dopo prelievo mediante glutaraldeide al 3% in tampone fosfato 0,1 M per un'ora, cui fa seguito la postfissazione in tetrossido di osmio al 1% per 30 minuti.I campioni sono quindi disidratati ed inclusi in resina epossilica. (Epon 812). Le indagini ultrastrutturali possono essere utili per corroborare la diagnosi formulata per mezzo della microscopia ottica di alcuni tipi di linfomi ( micosi fungoide, HCL, linfomi centroblastici/centrocitici).
Lo sviluppo di questi metodi immunoistochimici su sequenze tissutali del linfonodo ha notevolmente ridimensionato l'importanza delle tecniche istoenzimatiche e delle indagini ultrastrutturali finalizzate alla formulazione della diagnosi di linfoma. Le tecniche consentono quindi alla valutazione dell'architettura generale del linfonodo dei fenotipi immunologico delle cellule proliferanti.Cio' e' necessario considerando che i linfomi, come altre neoplasie, sono raramente rappresentati da una popolazione omogenea e che puo' essere presente una varieta' di cellule linfoidi reattive.
Molti linfociti B, per esempio, contengono un'ampia quantita' di T linfociti non neoplastici per cui bisogna interpretare, secondo me, con cautela la positivita' per un marcatore T cellulare in linfoma B. Solo quando l'immunoreattivita' per marker T o B corrisponde morfologicamente agli elementi linfoidi neoplatici, il dato è significativo ai fini classificativi. La maggior parte degli anticorpi monoclonali per la diagnostica dei linfomi deve essere utilizzata su sezioni criostatiche ( sospensioni cellulari), poiche' l'inclusione in paraffina altera in amniera significativa i determinanti antigenici. Tuttavia nelle sezioni congelate vi è una scarsa preservazione dei dettagli istologici e citologici. .pertanto la disponibilita' commerciale di anticorpi monoclonali che possono essere utilizzati anche in sezioni in paraffina rappresenta un importante contributo alla diagnostica istologica dei linfomi. I primi di questa serie di anticorpi monoclonali sono L-26, che reagiscono con cellule B e UCHL-1 ( CD45R), che reagisce con T linfociti ed altri tipi cellulari linfoidi e non linfoidi. La successiva disponibilita' di anticorpo policlonale CD3 e dell'anticorpo monoclonale BETA F 1, che reagisce con anticorpo resistente alla fissazione di formalina della tena beta del recettore T , consente il riconoscimento specifico di T- linfociti nella sezione della paraffina. Recentemente si fa' disponibilita' di anticorpi monoclonali OPD4 che riconoscono la sottopopolazione di linfociti T  CD4+ in sezione paraffina . Infine nella maggior parte dei linfomi non-Hodgkin di tipo T si riscontra una immunoreattivita' per anticorpo monoclonale
UHCL-1 e policlonale CD3.


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