L’universo di virus e batteri

Inside Micro

12 maggio 2008 - 12:17 pm

Ma cos’è un virus? (1/3)

Forse questo post avrebbe dovuto essere tra i primissimi, però meglio tardi che mai. Mi ricordo di aver letto su un testo di patologia questa definizione: un virus è una brutta notizia avvolta in una proteina. In effetti quando si parla di virus si parla sempre di brutte – o pessime – notizie: sono organismi talmente semplici da essere sulla linea di confine tra la materia vivente e la materia non vivente, talmente poveri strutturalmente da aver bisogno dell’aiuto di una cellula ospite per riprodursi, sono perciò patogeni obbligati. In quanto tali, non stupisce che causino malattia, a volte lieve, a volte molto grave: ecco il perché della brutta notizia. La seconda parte della definizione fa riferimento alla struttura comune a tutti i virus: uno strato proteico che ricopre il genoma. Molti virus si limitano a questa struttura, altri aggiungono strati aggiuntivi, quasi sempre formati da fosfolipidi. Andiamo con ordine e cominciamo con la storia.

Storia della virologia

La prima volta che si è cercato di contrastare un’infezione virale è stata quando, nel 1796, Edward Jenner cominciò la sua campagna di vacinazione contro il vaiolo. Dell’esperimento ne abbiamo già parlato (nel post sui vaccini), c’è però da dire che allora non si aveva idea di cosa fosse un virus. Questo fu un primo tentativo empirico, che per fortuna risultò enormemente valido. Tanto che Pasteur, un secolo dopo, chiamò la sua procedura vaccinazione, in onore agli esperimenti di Jenner. Egli coniò anche il termine Virus, prendendo la parola dal latino (veleno). Da quel momento ci fu un’impennata di conoscenza sui virus: si isolarono i corpi inclusi dalle infezioni di vaiolo, successivamente si scoprì che esisteva un agente infettivo filtrabile, più piccolo di qualunque batterio conosciuto: il virus del mosaico del tabacco (TMV).

Nel 1900 venne dimostrato che la febbre gialla era trasmessa dalle zanzare e, nel 1911, Rous dimostrò che alcuni virus causavano tumore. Si diede un senso al detto “anche le pulci hanno le pulci” quando, nel 1915, si scoprì che alcuni virus possono infettare dei batteri. Questa scoperta diede uno slancio enorme nella ricerca in virologia, perché dava l’opportunità di lavorare praticamente senza rischi.

Nel 1940 finalmente la prima foto: veniva fotografato il TMV al microscopio elettronico, e nel 1952 Harshey e Chase dimostrarono, con l’uso di un batteriofago, che il codice genetico risiede nel DNA e non nelle proteine.

Oggi le conoscenze sono moltissime, la struttura dei virus, la loro biologia molecolare e la loro biochimica sono conosciuti molto bene, ma è ovvio che queste prime scoperte furono fondamentali, come è anche ovvio che le conoscenze di oggi sono ancora limitate e migliorabili. La storia della virologia è costellata di grandi scoperte (alcune da premio Nobel) e da grandi abbagli (come quando si credeva che il kuru, malattia prionica, fosse data da un virus). Ma questo credo sia comune un po’ a tutta la biologia.

Struttura

Esistono virus di tutti i tipi: piccoli o molto grandi, allungati, a forma di mattone o proiettile, rotondi, icosaedrici… Le dimensioni variano da 18 a 700 nm di diametro (anche se esistono i filovirus, con particella allungata, la cui lunghezza può arrivare ad 1 μm) e contengono un solo tipo di acido nucleico: esistono infatti virus a DNA e virus a RNA.

Il capside

Il genoma dei virus è di norma costituito da una catena di acido nucleico, che può essere DNA o RNA, a seconda del tipo di virus, ed è normalmente contenuto in una struttura proteica chiamata capside. Il capside proteico può avere diverse forme: elicoidale, icosaedrico, complesso (come nei fagi T pari o il capside a mattone del Poxvirus). Quando il virus è nudo, il capside è l’unico rivestimento della particella. In questo caso presenta le proteine necessarie per il riconoscimento recettoriale indispensabile per l’infezione (spikes o spicole).

Molti virus hanno invece un secondo rivestimento, proveniente dalla membrana cellulare della cellula ospite, e formato da fosfolipidi. Questo secondo rivestimento è chiamato envelope, su cui sono evidenti le spikes necessarie per l’infezione, che non fanno parte del capside ma che sono vere e proprie proteine di membrana, spesso glicoproteine. Esistono poi altri tipi di proteine necessarie all’infezione, si va dalle proteine importanti per la fusione delle membrane a quelle emoagglutinanti, l’importante è capire che comunque tutte sono indispensabili al virus: in una struttura piccola ed essenziale come quella virale non c’è spazio per strutture inefficenti. Nei virus con envelope, il capside e il genoma virale sono spesso chiamati con l’unico nome di nucleocapside, mentre il capside è spesso chiamato core.

Esistono poi, nei virus con envelope, delle proteine con funzione strutturale, situate proprio al di sotto dello strato fosfolipidico, chiamate proteine di matrice o proteine M.

Infine, alcuni virus portano con se degli enzimi: HIV ha al suo interno la trascrittasi inversa e l’integrasi, ma nei virus possono trovarcisi anche polimerasi, o complessi importanti per la maturazione dell’RNA. Nessuno di loro però ha ribosomi, o meccanismi metabolici per produrre ATP, quindi nessuno di loro è autosufficiente, sono quindi parassiti obbligati.

Tags: capside, core, envelope, spicole, virus nudo
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