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Aids, verita', bugie, studi

AFRICA e Aids
INFIAMMAZIONE (conCausa di tutte le malattie) + Falsita' della medicina ufficiale
"Il paziente malato di aids non muore a causa del virus dell'HIV ma per alterazioni dell'assorbimento intestinale e quindi per ipoalimentazione (malNutrizione), dovuta a una grave micosi." (By Dr. Gerhard Orth, Leuthkirch)
L'AIDS e' causato principalmente dalle Droghe (anche farmaci di sintesi + vaccini) e da altri cofattori NON infettivi, es. trasfusioni
Ecco cosa afferma il ricercatore dr. Peter Duesberg (Virologo di fama mondiale)
La macchina della falsa propaganda, continua a disinformare la popolazione del mondo intero ....
Non sono pochi nel mondo scientifico (oltre 500 scienziati e ricercatori) ad avere avanzato in questi anni dubbi sulla relazione tra il virus Hiv e l'aids. Pensiamo a Peter Duesberg, eminente retrovirologo secondo cui è privo di evidenza scientifica che l'Hiv (lo considera un virus innocuo) sia la causa dell'aids.
Roberto Cappelletti - medico del Cuamm/Medici con l'Africa, con una buona esperienza di lavoro in aree subsahariane - è tra coloro che sostengono che l'Hiv sia solo uno dei fattori che portano alla malattia conclamata.
È un aspetto toccato anche nel dossier che Nigrizia ha pubblicato lo scorso febbraio, tanto che Vittorio Agnoletto, allora presidente della Lega italiana per la lotta contro l'aids e membro della Commissione nazionale aids, affermò in un'intervista che «il numero di decessi in Africa non è dovuto solo all'Hiv, ma all'interazione, all'intreccio tra Hiv e le condizioni drammatiche sul piano sanitario, igienico alimentare».
Ma il dottor Cappelletti va oltre e dietro ai ripetuti allarmi sull'espandersi della malattia nel mondo, in particolare in Africa, vede speculazioni dettate dal business dei farmaci..…….Spiega: «I preoccupanti dati sull'aids riportati dai giornali non sono casi conclamati di malattia, bensì stime di persone che sono sieropositive, che manifestano anticorpi contro il virus Hiv. Essere sieropositivi però non significa necessariamente essere malati e non significa neppure certezza di sviluppare la malattia.
Per farsi un'idea esatta del problema aids bisogna ragionare sui casi concreti di malattia.
I dati che l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) pubblica ogni anno alla fine di novembre ci dicono che nell'Africa subsahariana i casi di aids erano 553.291 nel 1996, 617.463 nel 1992, 706.318 nel 1998, 794.444 nel 1999 e 876.009 nel 2000. Si tratta di casi cumulativi: significa che i nuovi casi si aggiungono a quelli degli anni precedenti, per cui c'è sempre un incremento.
Ma guardiamo i nuovi casi di aids anno per anno: 64.172 nel 1997, 88.855 nel 1998, 88.126 nel 1999, 81.565 nel 2000.
Da questi dati non sembra esserci nessuna epidemia in atto in Africa, ma piuttosto una situazione endemica abbastanza stabile con circa 80.000 casi all'anno negli ultimi tre anni».
Dunque l'Oms sbaglia ?
L'Oms fa commenti fuorvianti quando afferma che al 15 novembre 2000 nell'Africa subSahariana c'è stato un aumento del 10% rispetto al dato cumulativo dell'anno precedente. Mentre se guardiamo i nuovi casi anno per anno, risulta l'opposto: nel 2000 c'è stato un calo del 7% dei casi.
L'Oms ci dice anche che nel 2000 in Africa subsahariana ci sono 25,3 milioni di persone che vivono con Hiv/aids, una cifra che comprende sia i sieropositivi "sani", cioè che non hanno sviluppato la malattia, sia gli ammalati di aids.
È un dato fuorviante anche questo ?
Se confrontiamo le stime dei sieropositivi con i casi riportati non si può fare a meno di notare la grande differenza.
La prima domanda che sorge è: perché a fronte dell'altissimo numero di sieropositivi (che sono in continua crescita) non si vede un corrispettivo aumento dei casi di malattia ?
Per la teoria ufficiale la morte subentra in media 5 -10 anni dal contagio. Ad esempio ai 14 milioni di sieropositivi stimati in Africa nel 1996 avrebbero dovuto corrispondere nel 2000 almeno 5 milioni di morti. Ma così non è.
Vuol dire che le stime dell'Oms non sono condotte in maniera appropriata ?
Vediamo come vengono fatte. Il campione di popolazione sul quale si esegue l'indagine sono le donne gravide che si recano negli ambulatori che dovrebbero individuare le gravidanze a rischio e dare terapie di supporto.
A queste donne viene fatto un solo test anticorpale (senza test di conferma). I dati delle percentuali di sieropositività vengono poi allargati alla popolazione generale con calcoli non resi pubblici.
Ma sappiamo che nessun test anticorpale è sicuro al 100%; che c'è sempre la possibilità di falsi risultati positivi; che in Africa molte malattie parassitarie possono dare una falsa positività al test; che in gravidanza si crea temporaneamente una situazione immunologica simile all'aids.
Inoltre decretare una sieropositività sulla base di un solo test è contrario a tutte le regole.
Occorre ripetere il test almeno due volte, più un test di conferma prima di stabilire la positività.
In un campione di popolazione sana, solo il 13% delle positività si conferma ad esami successivi.
L'Oms e l'Unaids, l'agenzia Onu che si occupa di lotta all'aids, dovrebbero avere maggiore trasparenza nel rendere noti i processi di calcolo delle stime.
A chi gioverebbe produrre dati con queste modalità ?
Mi limito a far notare che oggi nel mondo della cooperazione c'è grande disponibilità di fondi per combattere l'aids, a fronte della scarsità di fondi per la lotta alla povertà e alle malattie in generale; e alcune statistiche dell'Oms, ma anche dell'Unaids, legittimano questa distorta allocazione di fondi.
Faccio inoltre notare che ci sono enormi interessi commerciali in gioco per l'estensione all'Africa del mercato dei farmaci contro l'aids. La decisione dei G8 di finanziare il Fondo mondiale per l'aids, che verrà impiegato quasi esclusivamente per l'acquisto dei farmaci, è un affare multimiliardario (vedi anche Nigrizia, 9/01, 35, ndr).
Già da anni le case farmaceutiche cercano di allargare il loro mercato all'Africa. Ci sono prestiti già pronti per gli stati africani che vogliono acquistare i farmaci contro l'aids.
Ma se esistono terapie in grado di arginare a lungo il virus Hiv, ritardando di anni la trasformazione della sieropositività in malattia, perché non utilizzarle, naturalmente al di là delle speculazioni sui prezzi, legate alla proprietà dei brevetti dei farmaci ?
Specialmente in Africa per l'impiego dei farmaci contro l'aids c'è la necessità di criteri sicuri.
Questi comprendono alcuni esami di laboratorio che sono troppo costosi per le strutture sanitarie africane.
Senza questi test come si potrà iniziare un trattamento o monitorare l'efficacia dei farmaci ?
Esiste quindi il rischio di un abuso, e sicuramente ci saranno molte morti per gli effetti tossici dei farmaci, fra il resto molto difficili da rilevare.
Quale potrebbe essere l'alternativa ?
Oggi sappiamo che molti sieropositivi ormai da un ventennio non sviluppano la malattia.
Perché dunque non aiutare il sistema immunitario a raggiungere la situazione dei sieropositivi sani piuttosto che cercare di distruggere il virus ?, si chiedono molti immunologi come il prof. Mario Clerici di Milano.
I farmaci attuali non sono in grado di eliminare completamente il virus e soprattutto non migliorano le funzioni immunitarie, ma tamponano temporaneamente la situazione in attesa del crollo finale.
È incredibile anche come la medicina moderna abbia abdicato al primo principio di non nuocere.
Recenti esperienze dall'India indicherebbero che si possono ottenere migliori risultati con un approccio integrato all'ammalato (nutrizionale, psicologico e sociale). La logica ci indica che è più utile seguire questa strada.
In Africa si stanno sottovalutando aspetti importanti quali la nutrizione (la malnutrizione proteino-calorica è da tempo riconosciuta come la principale causa della immunodeficienza T cellulare) e le condizioni di vita particolarmente dure.
Quindi si tratterebbe di fare investimenti sulla salute in senso lato, più che accanirsi a somministrare farmaci antiretrovirali ?
Nel World Health Report 2000 dell'Oms, con 2,6 milioni di morti stimate nel 1999, l'aids è al primo posto come causa di mortalità per malattie infettive nel mondo, la malaria è quarta con un milione circa di morti, dopo diarree (2,2 milioni) e tubercolosi (1,6 milioni).
Non c'è però corrispondenza con l'esperienza medica diretta maturata in Africa. In Uganda, all'ospedale di Lacor (v. pag.31), le prime cause di mortalità ospedaliera nel periodo 1992-97 sono state: malnutrizione (821 morti), malaria (717), meningite (437), aids (431), polmonite (430), morbillo (416), diarrea (387), tubercolosi (373). Tutti i medici con recenti esperienze in Africa sono concordi col dire che la malaria è il principale killer. Pur essendo un problema serio, l'aids non è ritenuto da alcuno il principale problema.
Dai dati di Lacor emerge che per ogni morto di aids ci sono ben otto morti per condizioni potenzialmente curabili o prevenibili, con costi che sarebbero certamente di gran lunga inferiori ai farmaci antiretrovirali.
Tutti gli ospedali regionali e distrettuali, ad esempio in Uganda e Tanzania (i paesi che conosco meglio), sono in condizioni precarie. Sono altrettanto necessari fondi per riportare queste strutture a un livello minimo accettabile.
Chi risponde e' Vittorio Agnoletto presidente della Lilal, l'intera intervista e' sul medesimo sito.
C'è chi sostiene che i dati sull'aids in Africa sono esagerati e che il virus dell'Hiv può non essere il responsabile di tante patologie. Che ne pensa ?
È vero che le cifre sull'Africa sono tutte stime e non dati statistici epidemiologici, ma non potrebbe essere altrimenti.
Per quanto riguarda l'Hiv, va superata una visione che non appartiene più alla scienza da almeno 6 -7 anni.
L'Hiv è sicuramente l'elemento causale dell'aids (NdR: ?), ma sappiamo ormai che i tempi e le modalità di evoluzione dall'Hiv all'aids sono determinati da cofattori, ossia da presenze di altre patologie batterico-virali, soprattutto virali, dalle condizioni igieniche, dalle condizioni nutrizionali, dalle condizioni di stress.
La diffusione di altre patologie sessuali, ad esempio, rappresenta un cofattore di velocità di progressione dall'Hiv all'aids.
In altre parole: il numero dei decessi in Africa non è dovuto solo all'Hiv, ma all'interazione e all'intreccio tra l'Hiv e le condizioni drammatiche sul piano sanitario, igienico, alimentare.
By Raffaello Zordan


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