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metodico

Utente non registrato
Inserito il 28/05/2007 16:57:53   Segnala contenuto non adatto   Rispondi Quotando  Nuovo Commento 
Senza mais bt , ogm si perdono 400 euro a ettaro

Il mais momodificato non subisce gli attacchi della piralide che <> 145 mlioni di euro l'anno.
Per fare un calcolo economico realistico, questa volta, si parte da un esserino vivente che appartiene al mondo animale. Si chiama Piralide, è una larva che ama infestare le piantagioni di mais.
Per colpa sua, per la persistenza del danno prodotto, in un ettaro di superficie coltivabile l'agricoltura produce 19 quintali di mais in meno. Tradotto, per la precisione sono 415,3 euro per ettaro sbriciolati dai morsi di una farfalla. Un modo sicuro per rendere innocuo l'esserino c'è: lo dimostra la produzione spagnola.
Nella penisola iberica si coltiva infatti il cosidetto <> ottenuto con semi geneticamente modificati, altrimenti detto mais ogm.
Una sigla che nel nostro Paese da dieci anni è un tabù, ma che in effetti rende il mais resistente agli attacchi della piralide e riduce il danno per il coltivatore. L'Italia non è la Spagna e, tenendo conto anche della mancata produzione per rallentamento del processo genetico, su 350.000 ettari di campi coltivabili a mais bt il valore della mancata produzione si contabilizza intorno ai 145 milioni e 345 mila euro, secondo le stime di Assiobiotec (Asociazione nazionale delle biotecnologie che fa parte di Federchimica).
Preda di insetti simili alla piralide sono anche alcuni dei nostri prodotti tipici, come il melo della Valle d'Aosta, infestato da larve, o il pomodoro San Marzano, decimato da un virus.
Che però sono destinati a rimanere, per ora, senza difese.
Abbiamo infatti parlato solo di mais bt perchè è l'unico prodotto geneticamente modificato che sia stato autorizzato per la coltivazione dall'Unione Europea.
In Spagna si coltiva in 60.000 ettari, in Francia in 5.000, in un migliaio circa in Germania, Portogallo, Repubblica Ceca e Slovacchia. In Italia, invece non si coltiva.
fonte: libero 26 maggio 2007
http://www.alagoas.it

mag

Utente non registrato
Inserito il 22/05/2007 14:46:16   Segnala contenuto non adatto   Rispondi Quotando  Nuovo Commento 
A metodico

per questa ragione è urgente fare più ricerca sulla lotta biologica e applicare le metodologie conosciute e già usate in molte colture,proprio per evitare quei "forse" che esistono anche negli ogm.

metodico

Utente non registrato
Inserito il 21/05/2007 22:53:54   Segnala contenuto non adatto   Rispondi Quotando  Nuovo Commento 
Re: Ogm-francesco sala

si hai ragione.
ma chi ci difende o prende provvediementi sulle conseguenze delle sostanze chimiche introdotte nei cibi e nelle mele citate dopo 30 trattamenti chimici non credo che siano molto salutari: forse non detrminano "allergie" ma forse il tumore .

mag

Utente non registrato
Inserito il 21/05/2007 16:21:55   Segnala contenuto non adatto   Rispondi Quotando  Nuovo Commento 
Ogm-francesco sala

non esiste dimostrazione che la piante ogm abbiano effetti negativi o che il gene aggiunto possa trasferirsi nell'organismo, ma non esiste altresì certezza che ciò non possa avvenire.

metodico

Utente non registrato
Inserito il 21/05/2007 11:59:23   Segnala contenuto non adatto   Rispondi Quotando  Nuovo Commento 
I vantaggi degli ogm : parola del famoso biotecnologo francesco sala

ciao a tutti
volentieri aggiungo stralcio dell'intervista rilasciata l'anno scorso e da noi pubblicata su Alagoas.it, dell'esperto del settore, il professore Francesco Sala, biotecnologo che insegna Biologia all'Università di Milano, pioniere del biotech in Italia.
L'ultima mania della Cina: il pioppo ogm made in Italy.
Sorgerà in Mongolia, con piante e know-how italiano, il primo impianto su larga scala di alberi geneticamente modificati. E mentre il nostro Paese ne vieta la coltivazione, in Europa s'allarga il fronte pro-ogm. Il motivo? "Sono l'arma più efficace per salvare il pomodoro San Marzano e le mele valdostane", afferma un esperto del settore, il professore Francesco Sala, biotecnologo che insegna Biologia all'Università di Milano.
Primo esempio di alberi geneticamente modificati rilasciati in natura a scopo commerciale, con una produttività maggiore del 20% rispetto alla variante tradizionale", spiega con orgoglio Francesco Sala, pionere del biotech in agricoltura.
La fine della moratoria europea però rende oggi possibile la coesistenza tra colture ogm e agricoltura tradizionale anche nei Paesi dell'Unione. E i dati appena divulgati dall'Isaaa (International service for the acquisition of agri-biotech applications) relativi alle superfici mondiali coltivate a ogm nel 2005, pari a 90 milioni di ettari in 21 nazioni, confermano non soltanto un aumento globale del 11% rispetto all'anno precedente, ma anche un trend in crescita fra i nostri vicini di casa. Nella classica lista capeggiata dagli Usa e Argentina, spicca ora anche l'Iran, che per primo ha seminato il riso transgenico, e ben 5 stati dell'Unione Europea (Germania, Francia, Spagna, Portogallo,Repubblica Ceca). Un trend al quale non si accoda, invece, l'Italia, dove al contrario l'iter d'applicazione della normativa europea si annuncia irto d'ostacoli. Ben 12 regioni si sono già dichiarate "ogm-free", unendosi al folto gruppo di regioni europee (165 secondo gli ultimi dati) che rifiutano il transgenico. Alleate, a sorpresa, con i cittadini svizzeri che in novembre hanno decretato una moratoria di cinque anni.
Il professore Sala aspetta,con spirito da combattente, e nel frattempo collabora con i cinesi e anche con ricercatori cubani del Centro d'Ingegneria genetica e biotecnologica dell'Avana, coi quali ha creato la prima canna da zucchero biotech in grado di respingere l'assalto della larva "Diatraea Saccharalis". Non gli va proprio giù che in Italia le piante ogm non possano essere coltivate e ancor meno che non si possa quasi più fare ricerca. "Storicamente i genetisti vegetali italiani hanno fatto scuola nel mondo e siamo stati i primi a partire quando si sono sviluppate le biotecnologie vegetali, nei primi anni Ottanta. Avevamo un grosso programma di sviluppo del biotech in agricoltura, sostenuto dal governo e dai privati. Eravamo sommersi di fondi, sono sorti almeno una trentina di gruppi di ricerca d'eccellenza in tutta Italia. Dall'99 il blackout." Non risparmia critiche al ministero dell'Agricoltura, i finanziamenti si sono interrotti bruscamente. Dicono che continuano a erogarne ma i soldi vanno solamente alle ricerche anti-ogm, insiste il professore.
Per quanto riguarda la pericolosità per l'uomo il professore Sala é perentorio: "Non esiste una sola seria dimostrazione scientifica, nonostante l'imponente mole di ricerche effettuate al riguardo, che le piante ogm possano avere effetti negativi sulla salute o che il gene aggiunto in esse possa trasferirsi nell'organismo umano".
"E' un paradosso: si levano gli scudi contro gli ogm e nessuno sembra accorgersi che la biodiversità é a rischio per colpa delle coltivazioni tradizionali" critica Sala. "Esempio eclatante é proprio il pioppo: ne coltiviamo moltissimo in Italia, circa 100 mila ettari, l'1,5% della superficie forestale, e quello selvatico si sta omogeneizzando a quello coltivato a causa dell'impollinazione. E' già estinto in Germania e nell'Europa del Nord. Ne restano pochi esemplari in Italia, nel parco del Ticino, in Sardegna e sui monti del Sud, un pò in Francia e in altre zone del Mediterraneo. Rischia l'estinzione".
Salvare la biodiversità equivale a salvare lo "stampo" da cui discendono le piante usate in agricoltura. Settore dove gli italiani sono bravissimi: "Dal riso al pioppo abbiamo selezionato le piante migliori, per produttività e qualità, quei prodotti tipici italiani che tutto il mondo ci invidia. Con un vizio d'origine però: il grande sviluppo dell'industria chimica, nel dopoguerra, ci ha illuso di poter risolvere il problema dei parassiti solo con l'uso di insetticidi e fungicidi. Così le piante non sono state spesso dotate dei geni di resistenza contro le aggressioni".
Esemplare é il riso Carnaroli, selezionato negli anni cinquanta e considerato uno dei migliori al mondo. Buono e produttivo, ma oggi sensibilissimo all'attacco del fungo Pyricularia oryzae: "I coltivatori sono obbligati a spruzzare, preventivamente, due volte i raccolti con un potentissimo fungicida, altrimenti é difficile che si arrivi al raccolto", spiega il professore. " E pochi sanno che la mela subisce anche 30 trattamenti antiparassitari prima di essere raccolta". Casi simili ce ne sono a decine, nell'agricoltura italiana: il pomodoro San Marzano, orgoglio degli agricoltori del Sud, e la vite Nero d'Avola sono a rischio estinzione a causa di virus contro i quali non c'é arma chimica che tenga, le viti dell'Oltrepò Pavese sono uccise dal nuovo flagello, la Flavescenza dorata, mentre il melo della Valle d'Aosta é minacciata dalla larva di un insetto, la Melolontha, che ne mangia le radici.
La soluzione del professore Sala é di affidarsi al biotech tutte le volte che questo risulti indispensabile "per salvare i prodotti Dop senza perdere il marchio di tipicità, come invece avverrebbe utilizzando la tecnica dell'incrocio". E soprattutto riavviare le ricerce interrotte.
"L'Istituto di Cerealicoltura di Bergamo ha individuato un gene di mais che conferisce resistenza al fungo Pyricularia, é riuscito a clonarlo e integrarlo nel Dna del riso Carnaroli, sono arrivati con successo fino alle prove in serra. Poi é arrivato l'altolà del ministro Alemanno", racconta. "Ancor più grave la situazione del San Marzano, che rappresenta appena l'1% della produzione di pomodori in Campania (era il 30% pochi anni fa). La soluzione transgenica é semplice e a portata di mano: negli anni Novanta due istituti pubblici, la Metaponto Agrobios e un laboratorio del Cnr di Roma, hanno messo a punto piante San Marzano ogm resistenti al virus. Hanno passato tutte le fasi sperimentali, anche in campo, poi la ricerca s'é arenata". E lo stesso sta accadendo per gli olivi transgenici dell'Università di Ancona, i prototipi salva melo messi a punto dallo stesso professore Sala. "I critici sostengono che gli ogm ci rendono schiavi della Monsanto e delle multinazionali. Eppure questi sono tutti prodotti nazionali, in grado di salvare i Dop italiani. Però preferiamo importare pelati e pomodori coltivati nel Terzo Mondo, con ingente uso e spreco d'acqua, con impoverimento del suolo e distruzione della biodiversità, con garanzie e controlli sanitari certo inferiori ai prodotti ogm" polemizza il biologo.
Sala era pronto a offrire il frutto (e i semi) dei suoi esperimenti alla Svizzera. Dopo il "no" referendario, non gli resta che guardare alla Cina, dove nel frattempo hanno fiutato il business: "il pioppo transgenico va a ruba. Per ora la superficie coltivata é ancora limitata ma prevedo che il progetto, finanziato dal governo, si svilupperà in modo esponenziale".
Quali garanzie di sicurezza offrono i cinesi? "Al contrario di quanto si pensi, sono molto cauti. Noi, per esempio, abbiamo studiato delle contromisure per salvaguardare la biodiversità, di piante e anche insetti: alternando filari di pioppo ogm con filari di pioppo non ogm, si decima la popolazione di larve rendendola innocua, senza però azzerarla. Tutti gli alberi, ogm e non, crescono perfettamente sani. Il passaggio successivo é quello di renderli sterili, cioé modificati geneticamente in modo che non sviluppino fiori. Ciò eviterà il rilascio di polline e semi e, quindi, ogni interferenza con le piante circostanti, come purtroppo sta già avvenendo anche in Italia fra pioppi industriali non ogm e pioppi selvatici".
E' la soluzione suggerita dal biologo anche per rispondere ai dubbi di chi teme che gli ogm siano una strada senza ritorno: "Io stesso concederei il via libera alle coltivazioni di alberi forestali ogm (pioppo, conifere) in Italia, soltanto per le piante sterili. Il famigerato gene Terminator, utilizzato in questo modo, sarebbe di fatto una garanzia per la biodiversità vegetale del pianeta. Il futuro del biologico é nell'ogm", conclude provocatoriamente il professore Sala.
"L'unica arma che può ridurre drasticamente l'uso di prodotti chimici in agricoltura, diminuendo così l'impatto dell'agricoltura sulla natura".


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