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MILANO - Pensare alla ricerca biotecnologica come a un mezzo per migliorare la salute e il benessere dell’uomo è giusto, ma non sufficiente. Oggi investire nella ricerca scientifica significa creare o

MILANO - Pensare alla ricerca biotecnologica come a un mezzo per migliorare la salute e il benessere dell’uomo è giusto, ma non sufficiente. Oggi investire nella ricerca scientifica significa creare occupazione, aiutare la crescita economica di un Paese, incrementarne la competitività e favorire lo sviluppo sociale. Lo hanno capito potenze mondiali come la Cina e l’India, che si affacciano sul mercato globale puntando a produzioni innovative a basso costo. Lo hanno capito gli Stati Uniti, che stanno abbandonando l’approccio lineare allo sviluppo scientifico e tecnologico, basato su una ricerca di base, prevalentemente condotta da grandi istituti di ricerca, e su una ricerca applicata che mette poi a disposizione delle imprese i risultati, per una nuova politica basata sul finanziamento di azioni congiunte fra università, enti di ricerca e imprese.
Europa e Italia si trovano ad affrontare una duplice competizione e rischiano di rimanere nelle retrovie se non affronteranno subito la sfida. «Ecco perché - sostiene Letizia Moratti - è fondamentale mantenere e accrescere l’eccellenza nella ricerca di base e nella formazione di capitale umano di alta qualificazione. E’ indispensabile rafforzare la collaborazione tra università, enti pubblici di ricerca e sistema industriale. Ed è inevitabile concentrare le risorse sulle aree più competitive, abbandonando la politica dei finanziamenti a pioggia».

Il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha parlato a Milano nel corso di una tavola rotonda, moderata dal condirettore del Corriere della Sera Paolo Ermini, che ha concluso una settimana di incontri e di iniziative sul futuro della ricerca post-genomica organizzata dall’Ospedale San Raffaele in collaborazione con l’Ibm, la Farmindustria e la Camera di Commercio di Milano.
«Nella Finanziaria 2004 - ha aggiunto Letizia Moratti - sono previsti 1,6-1,7 miliardi di euro in più per la ricerca, un incremento pari allo 0,1 per cento del Pil. L’investimento pubblico salirebbe così dall’attuale 0,53 allo 0,63 del Pil, contro una media europea dello 0,66». Nel 2004 si avrà, dunque, un incremento dei finanziamenti in ricerca a carico dello Stato pari a circa il 22-25 per cento.
I finanziamenti privati, invece, rimangono inferiori alle medie europee «ma ci auguriamo che con le misure fiscali e di incentivazione presenti nella Finanziaria, si colmi anche questo divario» ha aggiunto il ministro. La manovra interviene su più fronti, come, per esempio, la detassazione di parte dei costi per le imprese che fanno investimenti in ricerca e sviluppo, o il bonus fiscale a favore dei ricercatori che rientreranno in Italia nei prossimi anni.
Presente all’incontro anche il ministro per l’Innovazione e le tecnologie, Lucio Stanca, che a proposito dei finanziamenti pubblici ha ricordato: «Occorre selezionare le aree di intervento su cui concentrare gli investimenti, ma occorre anche tenere presente la multidisciplinarietà: il triangolo magico per il futuro saranno le bio-info-nanotecnologie».
A conclusione dei lavori Romano Prodi, presidente della Commissione europea, ha ricordato che l’Ue è destinata all’emarginazione se non attuerà una politica di incentivi alla ricerca. «Gli Stati dell’Unione europea - ha detto Prodi - si sono allontanati dall’obiettivo fissato a Lisbona di investire entro il 2010 almeno il 3 per cento del Pil in ricerca. Gli investimenti pubblici hanno tenuto, ma quelli privati hanno subito un crollo».
Di fronte a questo stato di cose, secondo Prodi, è evidente che l’Europa deve mettere a punto una nuova strategia per la ricerca che si muova sia dall’alto sia dal basso. La linea dal basso prevede il rafforzamento delle università che devono tornare ad «attrarre» gli studenti di tutto il mondo. «Dall’alto, invece - ha aggiunto Prodi - dobbiamo creare punti di eccellenza, per stimolare il desiderio di tornare a vincere».

Fonte: Corriere della Sera (18/11/2003)
Pubblicato in Percezione e problemi biotech
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