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Fibre ottiche come sensori biologici


Il filo di vetro e’ ricoperto con un sottilissimo strato di oro e con un altro strato di molecole or

Avete mai immaginato un metallo trasparente? Probabilmente no, perché anche se non siamo dei fisici, intuitivamente tutti immaginiamo che un metallo sia opaco, oppure riflettente, ma non trasparente. Forse alcuni ricorderanno che nel film "Contact" si vedeva una capsula metallica diventare translucida e poi trasparente lasciando trasparire il paesaggio esterno. E' un effetto speciale molto suggestivo proprio perché va contro la nostra naturale concezione di metallo opaco. La cosa è spiegabile intuitivamente tenendo conto che la luce è di fatto un campo elettrico e, se il materiale è conduttore, l'energia luminosa mette in moto correnti elettriche e viene così dissipata. Quindi la luce è assorbita o in particolari condizioni riflessa, e il materiale risulta opaco. Viceversa, si deduce che materiali che conducono luce - quindi trasparenti, come vetri, plastiche etc. - non possono essere buoni conduttori di elettricità. In realtà un modo molto particolare di rendere i metalli trasparenti alla luce esiste. Si chiama Surface Plasmon Resonance (SPR). Nei metalli gli elettroni sono liberi, anche per questo essi sono ottimi coduttori di elettricità; si tratta quindi di usare la luce in maniera tale da mettere in oscillazione (risonanza) gli elettroni del metallo, esattamente come un flauto mette in risonanza le molecole dell'aria al suo interno. Dosando opportunamente la luce, l'angolo con cui incide sul metallo, e calibrando altri parametri, gli elettroni risuonano e il metallo si comporta in maniera completamente diversa.
Diventa otticamente trasparente, come nella capsula del film «Contact». Questo fenomeno è un modo originale per studiare la fisica fondamentale dell'interazione luce metallo e può essere usato per realizzare sensori ottici supersensibili di nuova concezione. Al Dipartimento di Scienze elettroniche all'Università di Kyoto (Giappone), abbiamo realizzato un biosensore che sfrutta appunto questo fenomeno. Questi sensori sono comunemente usati da una decina di anni sotto il nome di SPR. Sono in genere apparati molto grossi, bracci e snodi dove sono montati prismi, lenti e laser. Il continuo bisogno di integrazione su scale millimetriche o microscopiche ci ha spinto a cercare nuove soluzioni per integrare questo tipo di biosensori. Siamo riusciti a realizzare un dispositivo di questo genere realizzato interamente con una singola fibra ottica. Il sistema quindi è di dimensioni piccolissime, paragonabili a quelle di un capello umano, è compatto, flessibile e leggero e può servire a mille usi. Con la collaborazione tra la Kyoto University e una ditta specializzata in biosensori di Kyoto (la Teramecs Ltd, www.teramecs.co.jp), stiamo realizzando un dispositivo che usa questa tecnologia per avere altissima sensibilità e fare rilevazioni in campo biologico e ambientale. Il dispositivo è in pratica una fibra ottica su cui si è depositato un sottilissimo film metallico (oro) spesso poche decine di nanometri (un nanometro è la milionesima parte di un millimetro). Sullo strato dorato viene cresciuto uno film di molecole organiche che funge da interfaccia. Un fascio luminoso è inserito nella fibra ottica ad un angolo opportuno. La luce subisce varie riflessioni interne e genera il fenomeno di risonanza SPR più volte, amplificando la sensibilita' del dispositivo. E' possibile poi crescere sulle molecole organiche di interfaccia un antigene/anticorpo in grado di reagire alla presenza della molecola di interesse. Il sensore risponde selettivamente e velocemente al semplice contatto della sua superficie con il liquido da analizzare. Le molecole da rivelare si legano all'antigene, e alterano lo spessore del film organico sul metallo. Come succede nella risonanza della colonna d'aria di un flauto che viene alterata al cambiare della lunghezza, così la risonanza elettronica di cui parlavamo varia con la presenza delle molecole organiche. In questo modo il dispositivo è in grado di operare come immunosensore e di realizzare una quantità di funzioni. Ad esempio, è possible analizzare molecole associate ad un fenomeno canceroso presente nel sangue, oppure sostanze tossiche, come diossina o altro, nelle urine. A differenza dai dispositivi SPR del passato, questi nuovi sensori a fibre fibre ottiche sono di dimensioni ridottissime, molto leggeri e flessibili, e di costo molto inferiore a quello degli strumenti finora disponibili: si spera quindi che possano dare un nuovo impulso alla ricerca nel campo dei sensori biologici e ambientali.

Fonte: TuttoScienze (02/09/2004)
Pubblicato in Biochimica e Biologia Cellulare
Tag: ottic
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