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Decolla l’istituto italiano di tecnologia


Il modello e’ il celebre MIT, tre i campi scelti dal governo per rilanciare la nostra ricerca a livello internazionale

Senza troppo concedere alla retorica del declino, si può dire con franchezza che la ricerca italiana è in grave crisi. Fate salve alcune nicchie, spesso frutto della collaborazione pubblico-privato, nel complesso Università e centri di ricerca pubblici producono sempre meno eccellenze. La «fuga dei cervelli» quasi non fa più notizia. Troppa burocrazia, scarso legame con il mondo produttivo, pochissima meritocrazia. E se molti dei nostri partono, difficile vederne arrivare da altri paesi. Un dato solo: oggi 50 mila studenti cinesi studiano in Inghilterra e Germania, 40 mila nelle università francesi, 35 mila in Irlanda. In Italia hanno scelto di studiare in seicento. Esiste qualche possibilità di invertire la tendenza? L'idea nata l'anno scorso nelle stanze del ministero del Tesoro è quella di passare attraverso un esperimento di rottura: costruire un trampolino per l'eccellenza con un parziale sostegno dello stato, ma fuori dal circuito delle università pubbliche. «L'Istituto Italiano di Tecnologia è una sfida nuova», dice il Ragioniere generale dello Stato Vittorio Grilli, che dell'Iit per il periodo di start-up è Commissario unico. Prima domanda da scettici: che c'entra la Ragioneria con questa iniziativa? La risposta è nel passato di Grilli: macroeconomista, prima di approdare al Tesoro nel gruppo dei «Ciampi-boys», il custode dei conti pubblici ha insegnato per 10 anni nell'università americana di Yale. Tutto nacque alla fine dell'estate 2004 durante gli incontri preparatori della legge Finanziaria con Giulio Tremonti e Letizia Moratti, e si pensava a strumenti innovativi per rilanciare la competitività e la cultura scientifica.
La strada sarà lunga, il nome è altisonante (Grilli non nasconde il richiamo all'Mit di Boston) ma il percorso è iniziato. Anzitutto la sede: a Genova, nell'enorme complesso dell'ex ospedale psichiatrico di Quarto. La Regione Liguria l'ha offerta in concessione gratuita e si è mossa per ottenere fondi anche con il contributo di privati. Quindi la forma giuridica: «Legalmente sarà una Fondazione», spiega Grilli. «In quanto tale avrà la capacità di accogliere donazioni di capitali pubblici e privati». I fondi pubblici stabiliti per legge - 50 milioni già stanziati per il 2004, 100 per ogni anno dei prossimi dieci - sono solo una dote da fare fruttare: «Questo rappresenta la garanzia di una concorrenza vera». Lo scorso febbraio è stato costituito il "comitato di indirizzo e regolazione", un gruppo di lavoro che sta costruendo il futuro dell'Istituto. Ci sono scenziati e uomini di affari di tutto il mondo: dagli italiani Pasquale Pistorio a Rita Levi Montalcini, dal numero uno di Mediobanca Gabriele Galateri a Giuseppe Vita di Schering. C'è qualche cervello scappato da tempo - Emilio Bizzi dell'Mit, Federico Capasso di Harvard, il Nobel per la fisica Riccardo Giacconi della Johns Hopkins - ma anche i vertici di centri di ricerca e università come il presidente di Stanford Robert Hennessy. E due Nobel per la medicina: Harold Varmus e Paul Greengard. Di venerdì scorso sono i primi passi operativi dell'Iit: dal piano scientifico ai tempi entro i quali bandire i primi PhD. Roberto Cingolani, 43 anni, esperienze in Germania al Max Planck e all’Università di Tokyo, 400 pubblicazioni e 13 brevetti, grande esperto di nanotech, è stato scelto come direttore scientifico. Le aree di ricerca dell'Istituto genovese sono tre: bio-nanotecnologie, neuroscienze, robotica. Tre piattaforme sinergiche sulle quali si stanno concentrando i più importanti istituti di ricerca del mondo e dalle infinite applicazioni: lo studio dell'interconnessione cellulare, nuovi metodi per il rilascio progressivo dei farmaci, ricerca sulle funzioni cognitive, studio dei tessuti artificali e riproduzione di funzioni e organi umani. Tutti campi di ricerca, sottolineano i promotori, che non duplicano realtà già presenti in Italia - elettronica, farmaceutica, meccanica, industria della difesa - ma che nel lungo termine darebbero un valore aggiunto e permetterebbero di essere presenti in settori ad alta potenzialità tecnologica. Ciò garantirebbe anche ricadute su diversi fronti: ricerca pura, innovazione tecnologica, produttiva e occupazionale. «Settori di frontiera», li definisce Grilli, che ha il suo chiodo fisso nella competizione e nella meritocrazia. «Quanto più il sistema delle eccellenze sarà in movimento, aumenterà le richieste di formazione e si eleveranno i criteri di selezioni dei ricercatori e dei progetti, tanto maggiore saranno l'accelerazione della produzione scientifica e la sua qualità a livello internazionale».

Fonte: TuttoScienze (15/10/2004)
Pubblicato in Analisi e Commenti
Tag: istituto, teconlogia, IIT, MIT
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