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«Fecondazione, la legge blocca la ricerca»


Del Pennino: grave il divieto di conservare embrioni e studiare le staminali

ROMA - «Sono regole che violano i diritti delle donne e bloccano la ricerca. La Corte costituzionale le farebbe a pezzi». Non usa mezza termini Antonio Del Pennino, nome storico dei Repubblicani, senatore del gruppo misto e relatore di minoranza per il disegno di legge sulla fecondazione artificiale che oggi torna in aula a Palazzo Madama.
Cosa vorrebbe cambiare in questo testo?
«La cosa più grave è che introduce, quasi di nascosto, una vera e propria controriforma della ricerca. Il divieto di conservare gli embrioni congelati e studiare le cellule staminali porterebbe l’Italia nel Medioevo: sarebbe più difficile, ad esempio, la lotta a malattie come l’Alzheimer o il Parkinson.
Per non parlare della violazione dei diritti».
Che cosa intende?
«Dalla procreazione assistita sono escluse le coppie portatrici di malattie genetiche. E’ già questa è una discriminazione, perché si taglia fuori un’intera categoria solo in base alle sue condizioni di salute. Non solo: si usa una tecnica di malasanità. Nell’utero vengono trasferiti tre ovociti. Se attecchiscono tutti e tre, ci si trova davanti ad un parto plurigemellare che non sempre ha esito facile. Se invece non attecchiscono, la donna viene sottoposta a ulteriori stimolazioni che non fanno bene alla sua salute. Tutto questo per affermare in assoluto il diritto alla vita dell’embrione sacrificando il diritto alla salute della donna».
Crede che il testo passerà così com’è?
«Spero di no. Mi appello alle coscienze liberali presenti in Parlamento: questa è una legge da Stato etico, una legge che vuole imporre ai cittadini scelte che devono essere lasciate ai singoli».
Chi ne sostiene l’approvazione, dice che è necessaria per mettere ordine nel caos che regna adesso. Parlano di far west.
«Ma che far west e far west! Ho qui davanti i dati dell’Iso, l’organismo internazionale sulla qualità. In Italia i centri di procreazione assistita superano gli standard internazionali nel 50% dei casi. Negli altri settori della sanità siamo sotto il 20%».

Fonte: Corriere della Sera (03/12/2003)
Pubblicato in Analisi e Commenti
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