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Scoperte le staminali del tumore al seno «Così le elimineremo»


I ricercatori: saranno possibili interventi mirati

Le chiamano mammo- sfere, sono piccoli aggregati di cellule staminali: lì dentro si sta leggendo il futuro della terapia contro il cancro alla mammella. Primi al mondo, i ricercatori dell’Istituto tumori di Milano sono riusciti a moltiplicare e studiare in provetta queste cellule e hanno presentato i risultati, appena pubblicati sulla rivista Cancer Research, a Milano in occasione degli ottant’anni della costituzione dell’Istituto, alla presenza del ministro della Salute Francesco Storace e del presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni.
Ricerca di base, ma che sarà fondamentale per trovare nuovi farmaci contro la neoplasia. Quello firmato da Dario Ponti, Grazia Daidone e Marco Pierotti è il terzo fondamentale lavoro sulle staminali della mammella: i primi due, pubblicati nel 2003 e condotti dal gruppo americano guidato da Mohamed Al Hajj di Ann Arbor, hanno dimostrato, rispettivamente, l’esistenza di staminali adulte «normali» nella mammella e di staminali «deviate » nel tumore mammario. Ora gli italiani sono riusciti a riprodurre queste ultime e a moltiplicarle in laboratorio così da ottenerne in quantità e analizzarle più facilmente.
«Le cellule del tumore sono molto eterogenee — spiega Pierotti —. Le staminali rappresentano l’1-5 per cento di tutte le cellule cancerose, ma sono quelle responsabili della sopravvivenza del tumore stesso; le altre sono sì tumorali,maprima o poi si estinguono.
Il problema è che, quando somministriamo i farmaci, curiamo la massa, cioè colpiamo inutilmente quel 95 per cento di cellule che comunque non sopravviverebbero, ma spesso "manchiamo" le staminali, di solito più resistenti alle terapie». Le staminali, dunque, sono all’origine del tumore e si può già oggi dire che quante più sono le staminali presenti in una neoplasia, tanto più quest’ultima sarà aggressiva e inattaccabile dai farmaci. Del resto per far attecchire un tumore in un topo è necessario inoculare un milione di cellule neoplastiche prese nel loro insieme, ma di staminali ne bastano soltanto mille. Ecco perchè lo studio di queste cellule porterà a una vera rivoluzione nella gestione del paziente. Non solo si potranno sviluppare test per la diagnosi di tumore, possibilmente in grado anche di stabilirne la prognosi, ma studiare nuovi farmaci o anticorpi mirati contro le staminali tumorali a differenza di quelli in uso che, invece, «colpiscono nel mucchio».
«Si può pensare non soltanto di mettere a punto nuovi composti — dice Pierotti — ma anche di studiare qualche trucco che permetta di utilizzare al meglio quelli già disponibili. Un esempio: le staminali possiedono geni capaci di "buttare fuori" dal loro interno i farmaci: basterebbe bloccare questa pompa e costringere i composti attivi a rimanere dove devono agire». All’Istituto tumori, Dario Ponti ha già cominciato a occuparsi di un altro tipo di staminali neoplastiche che sono all’origine del tumore al polmone e che si possono definire pneumo-sfere. «L’obiettivo è lo stesso — commenta Ponti —. Studiare dapprima la biologia molecolare di queste cellule con l’obiettivo di individuare interventi più efficaci».
Ma non ci sono soltanto cellule staminali «cattive»; esistono anche staminali cosiddette «buone» che non producono tumori, ma sono in grado di curarli. E’ il caso dei linfomi o delle leucemie, malattie che oggi vengono curate con il trapianto di cellule staminali da donatore. In Europa, nel 2003, sono stati eseguiti 20 mila trapianti e globalmente il 50 per cento dei pazienti guarisce.
«Fino ad oggi—spiega Paolo Corradini dell’Istituto tumori — i candidati ideali erano considerati le persone al di sotto dei 50 anni, anche perchè le terapie immunosoppressive, che si somministrano prima del trapianto, hanno un certo grado di tossicità. Ora, grazie alle staminali e a farmaci meno tossici, è possibile trapiantare con successo anche soggetti con più di cinquant’anni ». La dimostrazione in uno studio a firma dei ricercatori dell’Istituto in pubblicazione sul Journal of Clinical Oncology.
Adriana Bazzi

Fonte: Corriere (13/07/2005)
Pubblicato in Biotecnologie
Tag: seno, staminali
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