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La "memoria" del sistema respiratorio


Il nostro corpo si ricorda come adattare la respirazione in caso di carenza di ossigeno

Studiando il sistema respiratorio, un gruppo di ricercatori dell'Università del Wisconsin di Madison ha identificato una proteina chiave, chiamata BDNF e coinvolta nell'apprendimento, responsabile della capacità del corpo di mantenere una respirazione appropriata anche in condizioni difficili. La scoperta, pubblicata il 14 dicembre sulla rivista online "Nature Neuroscience", potrebbe fornire spunti per l'ideazione di nuovi farmaci, cure o metodi per prevenire disturbi potenzialmente letali come l'apnea del sonno, la sindrome della morte improvvisa del neonato e alcune lesioni legate al midollo spinale.
Ogni pochi secondi, inspiriamo e poi rilasciamo una boccata d'aria. Se per una qualsiasi ragione questa routine venisse ostacolata, per esempio se i livelli di ossigeno fossero troppo bassi o se le vie respiratorie venissero bloccate, i nostri corpi risponderebbero di conseguenza.
Nel caso della privazione di ossigeno, i neuroni del cervello invierebbero messaggi alle cellule motorie, ordinando ai muscoli coinvolti nella respirazione di lavorare di più. Come risultato, la persona farebbe respiri più profondi.
Se il difetto di respirazione viene sperimentato con regolarità, il sistema respiratorio memorizza questo fatto e in futuro risponderà più vigorosamente. Questo cambiamento di comportamento è chiamato dai ricercatori "plasticità neurale". In alcuni casi, tuttavia, il sistema respiratorio non sembra in grado di ricordare le esperienze passate. Gordon Mitchell, principale autore dello studio, sostiene che i pazienti che soffrono di apnea del sonno - un disturbo nel quale la respirazione si arresta mentre si dorme - potrebbero presentare "memorie" del respiro inadeguate.
Per studiarne il meccanismo, i ricercatori hanno esposto alcuni topi a intervalli di tre o cinque minuti di ipossia, ovvero a un calo di ossigeno. Misurando in seguito l'attività nel nervo frenico associata alla respirazione, hanno verificato che il nervo aveva sviluppato una memoria della carenza di ossigeno. Per scoprire che cosa provocava questo ricordo, gli scienziati hanno analizzato segmenti del midollo spinale, alla ricerca specifica di cambiamenti della proteina BDNF (fattore neurotrofico di derivazione cerebrale), che sostiene e addirittura stimola alcune funzioni neurali nel cervello. I risultati dimostrano che i periodi intermittenti di calo di ossigeno aumentano del 56 per cento le concentrazioni di proteina BDNF nel nervo frenico.

Fonte: Le Scienze (04/01/2004)
Pubblicato in Biochimica e Biologia Cellulare
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