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La vitamina D contro i tumori

Vitamina D


E aiuta anche a soffrire meno di diabete, ipertensione e sclerosi

La vitamina D non solo fa bene alle ossa, ma frena anche la proliferazione delle cellule maligne nei tumori. Il legame fra questa sostanza - sintetizzata in buona parte dalla pelle durante l'esposizione al sole - e il cancro è una sorpresa, ma solo fino a un certo punto. Vari studi nel passato sembravano suggerire un'azione simile. Una pubblicazione dell'American Journal of Public Health del febbraio 2006 lo conferma.
I suoi autori dell'università della California sono andati a scandagliare tutti gli articoli apparsi sulla stampa scientifica dal 1996 al 2004 e hanno concluso che l'assunzione di quantità elevate di vitamina D è in grado di prevenire i tumori di una trentina di tessuti diversi, soprattutto al colon (meno 50 per cento), al seno e alle ovaie (meno 30 per cento). Il meccanismo di protezione però rimane ancora un mistero.
I volontari studiati avevano assunto 25 milligrammi di vitamina D al giorno, una dose molto superiore rispetto a quella consigliata normalmente (10-15 milligrammi). Le fonti tradizionali sono l'esposizione al sole da un lato e gli alimenti dall'altro (soprattutto olio di fegato di merluzzo, ma anche prodotti caseari, fegato, pesci grassi come tonno o salmone e tuorlo d'uovo).
Oltre a ridurre l'incidenza dei tumori, la vitamina D aiuta anche a soffrire meno di diabete, ipertensione e sclerosi multipla.
Ma il ruolo principe di questa sostanza rimane quello di rafforzare le ossa e prevenire malattie come il rachitismo nei bambini e l'osteoporosi negli anziani. La vitamina D funziona infatti come un messaggero per l'intestino, ordinandogli di assorbire dagli alimenti il calcio e il fosforo che rappresentano i mattoni delle nostre ossa.
La carenza di questa vitamina in passato aveva provocato in Italia epidemie di rachitismo e per questo si usava far ingurgitare ai bambini cucchiaiate di olio di fegato di merluzzo. Oggi questa malattia è molto diffusa per esempio in una città come Il Cairo, in cui il Sole non manca, ma è schermato da una cappa di inquinamento.
Gli alimenti da soli, senza esposizione al Sole, difficilmente bastano a garantirsi il giusto fabbisogno. Un bicchiere di latte per esempio copre solo un decimo della quantità giornaliera consigliata. E usando gli integratori in commercio si rischia di superare il tetto dei 50 milligrammi giornalieri, oltre il quale si provocano più danni alla salute che benefici, in particolare a fegato e reni. Per calcolare il giusto tempo di esposizione all'aria aperta bisogna tenere conto anche del colore della pelle. I neri per esempio pagano il prezzo di una buona difesa dai raggi ultravioletti con una ridotta produzione di vitamina D. Proprio per ovviare a questo deficit sembra che i primi uomini che popolarono l'Europa settentrionale abbiano acquisito il gene che ha dato una colorazione più chiara alla pelle. A parità di esposizione al sole, i pallidi godevano di una minore protezione contro i danni degli Uv ma di una produzione più abbondante di vitamina D.
In genere per raggiungere una buona dose di questa sostanza i medici consigliano almeno un quarto d'ora di sole al giorno. Ma se braccia e busto sono coperti o se il Sole è coperto dalle nuvole occorre raddoppiare il tempo da passare all'aria aperta. Con un doppio vantaggio: per il buonumore e la prevenzione del cancro.

Fonte: LaRepubblica (31/12/2005)
Pubblicato in Medicina e Salute
Tag: vitamina
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