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Quel batterio che accende la lampadina


Energia dolce. Sembra uno slogan di qualche movimento ecologista. Invece è lo scenario appena aperto da una scoperta effettuata da due ricercatori dellUniversità di Amherst, in Massachusetts, che han

Energia dolce. Sembra uno slogan di qualche movimento ecologista. Invece è lo scenario appena aperto da una scoperta effettuata da due ricercatori dell'Università di Amherst, in Massachusetts, che hanno pubblicato i loro risultati sulla rivista «Nature Biotechnology». Gli scienziati americani hanno creato un’autentica 'batteria batterica' usando un microrganismo scoperto da poco: il Rhodoferax ferrireducens. A prima vista non sembra fare niente di straordinario: assorbe e metabolizza alcuni tipi di zuccheri per usarli come fonte di energia, la cosiddetta respirazione. E' un processo comune a tantissimi esseri viventi, solo che il Rhodoferax è capace di compierlo in modo decisamente originale. Normalmente nella metabolizzazione di uno zucchero si generano degli elettroni che vengono poi assorbiti nella reazione che porterà alla formazione di anidride carbonica ed acqua. Però, vivendo in assenza di ossigeno, il microrganismo studiato da Derek Lovley e Swades Chauduri si ritrova a maneggiare degli elettroni liberi che, in mancanza di meglio, finisce per trasferire direttamente sui metalli che trova nell'ambiente. L'idea dei due ricercatori è stata di sistemare i batteri in un terreno di coltura che conteneva anche un elettrodo di grafite.
Poi hanno aggiunto glucosio, la più diffusa forma di zucchero esistente in natura. I Rhodoferax hanno cominciato il processo di metabolizzazione, ottenendo elettroni liberi che si sono poi depositati sulla grafite creando una vera e propria corrente elettrica tra questo elettrodo (anodo) ed un altro situato al di fuori della coltura (catodo). Il tutto è andato avanti senza problemi per venticinque giorni. Altri esperimenti simili condotti negli anni scorsi avevano già dimostrato la possibilità di ottenere energia dalla respirazione batterica. Lo stesso Lovley aveva usato altri microrganismi, i geobatteri, ottenendo un certo flusso di corrente. 'Però - dice lo scienziato - il Rhodoferax è l'unico attualmente conosciuto a poter compiere questo processo usando gli zuccheri'. Ed è anche il più efficiente in assoluto: nell'esperimento riportato su Nature Biotechnology oltre l'ottanta per cento dell'energia prodotta dalla metabolizzazione del glucosio è diventata corrente elettrica. E poi il batterio appena scoperto digerisce di tutto: oltre al glucosio è capace di metabolizzare anche fruttosio ed altri zuccheri. 'C'è un'altra caratteristica importante - dice ancora Lovley - il Rhodoferax è un organismo molto facile da coltivare, e vive bene in diverse condizioni ambientali'. Energia pulita e, venendo dagli zuccheri più comuni in natura, praticamente illimitata. Troppo bello per essere vero? Per il momento sì: il processo è lento, e questo vuol dire che si generano potenze molto piccole. La 'batteria' creata dagli scienziati di Amherst è infatti capace al massimo di far funzionare una piccola calcolatrice. Troppo poco per pensare di usare il procedimento su vasta scala. 'Per alcune applicazioni - spiega il ricercatore statunitense - potremmo usarlo sul serio entro pochi anni. Ad esempio un sistema del genere potrebbe fornire elettricità per alimentare apparecchi elettronici di rilevamento situati in zone molto remote. Per livelli di potenza più alti sarà sicuramente necessaria una maggiore ottimizzazione'. Certamente le prospettive sono affascinanti. I primi calcoli hanno già dimostrato che, in teoria, una tazza di glucosio sarebbe sufficiente per far funzionare una normale lampadina di casa per oltre quindici ore. Ad aspettarci potrebbe esserci un mondo in cui evitare i black out sarà molto facile: basterà avere qualche caramella a portata di mano.

Fonte: TuttoScienze (28/01/2004)
Pubblicato in Genetica, Biologia Molecolare e Microbiologia
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