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Genetica molecolare 60 anni di splendore


Nacque nel febbraio 1944 grazie alle ricerche di oswald avery che svelarono il ruolo del DNA

Nel febbraio 1944, mentre in Asia e in Europa imperversava la guerra, un gruppo di ricercatori del Rockefeller Institute for Medical Research di New York pubblicava su una rivista medica una scoperta che avrebbe gettato le basi della genetica molecolare: scienza che a 60 anni di distanza continua la sua rapida espansione e mantiene il centro del palcoscenico con la codificazione del genoma, la clonazione e in generale l'ingegneria genetica. Oswald Avery, principale responsabile della ricerca, sperimentava da molti anni sugli pneumococchi - i batteri che provocano la polmonite - nell'intenzione di riuscire a sviluppare un vaccino. Negli Anni 20 Frederick Griffith, medico al ministero della Sanità britannico, aveva osservato un fatto sorprendente: la "trasformazione" in vivo di un tipo di pneumococco in un altro. Il carattere schivo e riservato di Griffith non contribuirono a dare risalto alla prima osservazione di una trasformazione di una specie in un'altra ma, negli anni successivi, in tutto il mondo i ricercatori si impegnarono a identificare cosa stesse alla base di quel misterioso principio trasformativo. All'epoca per la loro complessità strutturale, le proteine erano considerate i candidati più plausibili per la trasmissione dell’informazione ereditaria: i misteriosi geni. Lavorando nel laboratorio di New York con Colin MacLeod e Maclyn McCarty, Avery scoprì una realtà differente: le trasformazioni genetiche sembravano essere veicolate dal DNA. Gli acidi nucleici erano conosciuti da tempo: isolati da Miescher nel 1869, avevano ricevuto il loro nome da Altman nel 1889.
Al tempo della scoperta di Avery e collaboratori, prevaleva la convinzione che il DNA fosse una sequenza monotona dei quattro nucleotidi. Solo con le ricerche del biochimico Erwin Charghaff nel 1950 - stimolate dalla scoperta dei tre ricercatori del Rockefeller Institute - la comunità scientifica si rese conto che le proporzioni dei nucleotidi rimanevano identiche per ogni cellula di una singola specie mentre variavano ampiamente da specie a specie. Il generale scetticismo con cui fu accolta a suo tempo la scoperta di Avery, MacLeod e McCarty dovette molto al fatto che, quando fu presentata, la struttura del DNA non era ancora conosciuta. Sotto questo punto di vista essa fu certamente una scoperta "prematura". Anche la cautela con cui i ricercatori comunicarono i risultati della loro ricerca dovette contribuire a ridurne l'impatto: l'ipotesi del DNA era stata ottenuta per eliminazione ma era difficile escludere con certezza assoluta ogni traccia di contaminanti proteici negli esperimenti. Eppure le ricerche del 1952 di Alfred Hershey e Martha Case sui virus che infettano i batteri, anche se concepite in maniera meno rigorosa di quelli di Avery, furono accettate da molti come la prova definitiva che l'informazione ereditaria è codificata nel DNA. Avery si congedò dal Rockefeller Institute nel 1948 e morì nel 1955, due anni dopo che James Watson e Francis Crick avevano pubblicato sul settimanale scientifico Nature che il DNA si strutturava in una "doppia elica", facendo prevalere definitivamente questo modello sulle ipotesi che candidavano le proteine come i costituenti dei geni. Quando nel 1972 scomparve MacLeod, erano stati assegnati numerosi premi Nobel per ricerche basate sugli sviluppi successivi della loro fondamentale ricerca. Maclyn McCarty, 35 anni al tempo della scoperta, è l'ultimo sopravvissuto del gruppo che pubblicò lo storico articolo in cui si comunicava che la "trasformazione" degli pneumococchi avveniva attraverso il DNA. Professore emerito alla Rockefeller University, a 95 anni McCarty ha seguito tutti gli sviluppi che hanno portato dal laborioso riconoscimento della sua scoperta (da lui narrata in un libro del 1985, «The Transforming Principle») alla decifrazione del genoma umano. Anche se dopo la scoperta non si occupò più di queste ricerche non mancò di cogliere l'importanza dell'approccio strutturale di Watson e Crick: "Non mi fece molto piacere però - ha confessato lo scorso anno su Nature - constatare che mancarono di citare il nostro lavoro come una delle ragioni per indagare la struttura del DNA". In effetti, come ha osservato Joshua Lederberg della Rockefeller University (premio Nobel nel 1958 per i suoi studi di genetica molecolare), gli storici della scienza avranno molto da interrogarsi sulla mancata assegnazione di questo prestigioso riconoscimento a quella che è stata "la scoperta cruciale della biologia nel ventesimo secolo".

Fonte: TuttoScienze (28/01/2004)
Pubblicato in Appuntamenti
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