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Università di Pavia getta nuova luce sui meccanismi di interazione tra l’ossigeno e le proteine

Proteina hla


Lo studio è pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Science USA

Un gruppo di ricerca pavese coordinato dal professor Andrea Mattevi (Laboratorio di Biocristallografia, Dipartimento di Genetica e Microbiologia) pubblica questo mese sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences U.S.A. un lavoro svolto principalmente da un giovane dottorando, Andrea Alfieri, che descrive i dettagli della struttura tridimensionale di un enzima batterico (p-idrossifenilacetato idrossilasi o HPAH), destinati a chiarire meglio i meccanismi attraverso i quali la molecola dell’ossigeno interagisce con la materia vivente.
La molecola dell’ossigeno (O2) ha un ruolo fondamentale nella biosfera, che spesso viene un po’ riduttivamente associato al fenomeno della respirazione negli esseri viventi. La parola “respirazione” indica in senso lato la capacità degli esseri viventi, da quelli unicellulari più microscopici agli animali superiori come l’uomo, di utilizzare l’ossigeno dell’atmosfera per combinarlo con le sostanze chimiche assunte a scopo nutritivo e riuscire così ad estrarne energia sotto forma di elettroni. Questa energia viene poi utilizzata dagli organismi viventi per assolvere alle più disparate funzioni che nell’insieme vanno sotto il nome di “vita”. Tuttavia, un altro interessante impiego dell’ossigeno da parte degli esseri viventi consiste nell’ossidazione delle sostanze estranee al fine di renderle più solubili e quindi più facilmente eliminabili: questo processo è anche responsabile dell’attivazione e dell’inattivazione di un gran numero di sostanze di interesse farmacologico.
A questo proposito, gli interessi del Laboratorio di Biocristallografia del professor Mattevi si sono da lungo tempo concentrati sulla struttura di proteine che utilizzano ossigeno e flavina (una molecola essenziale e diffusissima, derivata dalla vitamina B2) per metabolizzare sostanze di interesse farmacologico. Nel caso di HPAH, il lavoro è nato da una collaborazione con biochimici della Facoltà di Scienze dell’Università Mahidol, Bangkok (Tailandia). HPAH è stato prodotto con tecniche di biologia molecolare a partire dal suo DNA; sono stati poi svolti tutti i successivi passi che nella cristallografia ai raggi X consentono di arrivare alla struttura dell’enzima: è stato cioè purificato e sottoposto a un gran numero di diverse condizioni sperimentali al fine di ottenerne cristalli adatti. I cristalli sono stati quindi sottoposti a irradiamento con raggi X di tipo speciale prodotti nel sincrotrone di Grenoble (Francia) e l’applicazione di procedure matematiche ha consentito di dedurre la struttura chimica dell’enzima con risoluzione atomica.
Allo stato attuale, nell’enzimologia strutturale sono ancora molte le questioni aperte riguardanti i meccanismi con i quali la molecola dell’ossigeno interagisce con gli enzimi. Alla luce dei risultati pubblicati in questo lavoro, i ricercatori di Pavia propongono che un motivo caratteristico comune a tutte le monoossigenasi come HPAH (enzimi capaci di introdurre in un substrato solo uno dei due atomi di una molecola di ossigeno) sia la presenza di una cavità sferica di natura idrofobica (cioè tappezzata di atomi privi di carica e tendente ad allontanare l’acqua), che appare perfettamente conformata per accogliere la molecola di ossigeno e indirizzarla sulla flavina, la molecola che ha il compito di legarla e bloccarla. I gruppi chimici circostanti dell’enzima agiscono poi per staccare uno dei due atomi di ossigeno e introdurlo nel substato (la molecola bersaglio, che in questo caso è il p-idrossifenilacetato ma spesso è un farmaco o un profarmaco o una sostanza tossica); l’altro atomo di ossigeno viene poi perso sotto forma di acqua (H2O). Questa specifica cavità, ben evidente nella struttura di HPAH, non è invece identificabile nelle altre categorie di flavoenzimi come le ossidasi e le deidrogenasi. La sua identificazione pone le basi per una classificazione più razionale dei flavoenzimi sulla base delle caratteristiche della loro struttura tridimensionale.

A.Alfieri, F.Fersini, N.Ruangchan, M.Prongjit, P.Chaiyen and A.Mattevi, Structure of the monooxygenase component of a two-component flavoprotein monooxygenase, in Proc Natl Acad Sci U.S.A., jan. 2007.
Università di Pavia


Approfondimenti: HPAH

Redazione MolecularLab.it (05/02/2007)
Pubblicato in Biochimica e Biologia Cellulare
Tag: ossigeno, proteine, monoossigenasi, HPAH
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