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Un ambiente ricco di stimoli può aiutare il recupero della memoria

Cervello


Topi con deficit mnemonici da malattie neurodegenerative riacquistano memoria se vivono in un ambiente stimolante

Una ricerca condotta da neurologi dello Howard Hughes Medical Institute sembra indicare che la memoria, persa a causa di un danno neuronale, può essere recuperata grazie ad un ambiente stimolante. Durante lo studio, alcuni topi che avevano perso moltissimi neuroni a causa di processi neurodegenerativi sono riusciti a riacquistare la memoria a lungo termine e tornare ad apprendere dopo che sono stati immessi in un ambiente arricchito con giocattoli e altri stimoli sensoriali. I risultati ottenuti in questo modo sono paragonabili a quelli ottenuti in un altro gruppo di topi, con danni cerebrali analoghi, trattati solo con specifici farmaci che stimolano la crescita neuronale.
Già da tempo si sapeva che un ambiente ricco di stimoli sensoriali riesce a migliorare la capacità di apprendimento dei topi ma questo studio ha dimostrato che questo vale anche quando vi è un danno e quindi un gran numero di neuroni è andato perso. I risultati sembrano indicare che, in realtà, il deficit mnemonico tipico di alcune patologie neurodegenerative, non sia una vera e propria "perdita di memoria". In tal proposito, Li-Huei Tsai, uno degli autori dello studio, ha spiegato: "I ricordi sono ancora lì, ma sono resi inaccessibili dalla degenerazione neuronale.
Penso che queste scoperte possano avere un significato particolare per il trattamento delle persone sofferenti di una malattia neurodegenerativa allo stato avanzato."
E' stato scoperto anche che un fattore fondamentale per il recupero funzionale della memoria è rappresentato da un processo di rimodellamento della cromatina nelle cellule nervose. I ricercatori, negli ultimi cinque anni, sono riusciti a ricreare un modello murino della malattia di Alzheimer. Per prima cosa sono riusciti a dimostrare che la proteina p25 contribuisce al processo neurodegenerativo. In seguito hanno ingegnerizzato una linea di topi per i quali era possibile attivare l'espressione del gene p25 a diversi stadi dello sviluppo. Dopo sei settimane dall'attivazione di p25, i topi manifestano perdita di memoria e difficoltà di apprendimento inoltre si osserva un impoverimento sinaptico e totale inefficienza del meccanismo di potenziamento a lungo termine, essenziale per la creazione della memoria a lungo termine.
Negli esperimenti più recenti, i ricercatori hanno attivato la proteina p25 in topi anziani, inducendo un'atrofia cerebrale e una vasta perdita di neuroni con conseguente crollo delle prestazioni. Un gruppo di questi è stato poi messo in un ambiente pieno di oggetti stimolo (giocattoli di varia forma, colore e struttura sostituiti quotidianamente con dei nuovi; ruote; ecc.). Dopo un certo tempo è stato osservato un miglioramento delle loro facoltà mnemoniche e intellettive. Al contrario, il gruppo di topi lasciato in un ambiente normale non mostravano alcun miglioramento. Analizzando il cervello dei topi sottoposti agli stimoli ambientali, i ricercatori no hanno osservato lo sviluppo di nuovi neuroni ma vi erano dei riscontri anatomici e biochimici di un aumento delle connessioni fra i neuroni. I ricercatori hanno ottenuto un effetto analogo somministrando ad un terzo gruppo di topi, delle molecole, inibitori della istone deacetilasi, che provoca una riorganizzazione della cromatina all'interno delle cellule nervose. I risultati di questo studio sono pubblicati on line sul sito di Nature.

Redazione MolecularLab.it (06/06/2007)
Pubblicato in Biochimica e Biologia Cellulare
Tag: neurodegenerativo, p25, memoria, Alzheimer
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