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Milano, bioinformatica da valorizzare, tra ricerca e business


Applicare linformatica alla ricerca biologica e genetica non è solo una nuova frontiera ma un business concreto con consistenti risparmi, nella ricerca stessa e nello sviluppo di prodotti.

Applicare l'informatica alla ricerca biologica e genetica non è solo una nuova frontiera ma un business concreto con consistenti risparmi, nella ricerca stessa e nello sviluppo di prodotti.

E' quanto rilevato oggi da Luigi Ricciardi, direttore di Biopolo (www.biopolo.it), società consortile senza scopo di lucro costituita per promuovere attività ed iniziative nel settore delle biotecnologie (attuali azionisti Biosearch Italia spa, Zambon Group spa, Primm Srl e Hydra srl), intervenendo al convegno su bioinformatica, bioindustria e biomedicina svoltosi oggi a Bresso (Milano).

Secondo i dati (fonte Burrill 2003) illustrati dal Ricciardi, la bioinformatica sarà in grado di far risparmiare consistentemente nella creazione di nuovi farmaci (28% del tempo 32% del costo) e nell'impatto sullo sviluppo dei farmaci stessi (25% del tempo e 22% dei costi).

"La realtà italiana della bioinformatica è in linea con i finanziamenti messi in campo a livello nazionale dal '98 al 2000", dice a Reuters Ricciardi, lamentando il fatto che quasi nulli siano stati gli investimenti pubblici nazionali sulla genomica (studio del genoma), cui è legata la bioinformatica.

INVESTIMENTI CONSISTENTI SOLTANTO IN LOMBARDIA

"La Regione Lombardia ci ha creduto di più, in 3-4 anni ha finanziato sia infrastrutture per la ricerca che la ricerca stessa", dice Ricciardi.
Ricordando che l'Università Bicocca ha fruito di 2 milioni di euro in attrezzature, l'Ifom (Istituto Oncologia Molecolare) di 5 milioni per una nuova struttura.

Eppure la ricerca italiana in questo campo, dice ancora il direttore di Bipolo, ha registrato buoni risultati, preceduta solo da Gran Bretagna, Germania e Francia quanto a progetti partecipati e acquisiti nell'ambito del sesto programma quadro Ue.

"Nel privato, purtroppo le industrie fanno pochissima ricerca", dice ancora Ricciardi. Lamentando l'eccessivo frazionamento di energie, cui si cerca ora di ovviare creando reti di laboratori con i quali sviluppare piattaforme tecnologiche.

Nel campo della genomica e della bioinformatica, sono 2 i centri più importanti, all'Ifom con 200 ricercatori, e all'Università Bicocca, altro centro di genomica e postgenomica, finanziato dalla Regione Lombardia, con una ventina di ricercatori impegnati nella genomica funzionale (studio dei geni per capire loro funzione).

Col taglio della ricerca in molte grandi aziende, al momento, spiega ancora Ricciardi, non ci sono più centri di ricerca di multinazionali sul territorio italiano. Anche se molti dei centri di ricerca hanno dimostrato di poter sopravvivere come società indipendenti. E' il caso di Biosearch, sorta dopo la chiusura del laboratorio Hoechst Marion e oggi diventata Vicuron, dopo la fusione con la società omonima, specializzata in antibiotici e quotata al nuovo mercato italiano ed al Nasdaq.

Il convegno ha fatto seguito al progetto della Regione Lombardia per finanziare la ricerca in campo bioinformatico. Proprio nel comune di Bresso verrà realizzata una struttura dedicata a informatica e bioinformatica, dove verranno tenuti corsi postlaurea per la formazione di bioinformatici.

All'estero intanto, la bioinformatica marcia a spasso spedito. I sette colossi mondiali del settore, Celera Genomics in testa, in testa, vantavano secondo stime Burrill 2003 una capitalizzazione di oltre 1.600 milioni di dollari.

"In Francia, i GenoPole sono nati dalla selezione di una decina di centri, ognuno dei quali finanziato con oltre 10 milioni di euro, in funzione già prima del 2000... restare indietro è penalizzante. Ma non ci sono scorciatoie, prima di tutto occorre formare la gente, dice ancora Ricciardi. Rilevando che mentre le università hanno fatto molto per liberalizzare un settore prima ingessato da regolamenti che bloccavano i trasferimenti di tecnologia, quel che manca ancora è il venture capital italiano, che proprio non esiste, e manager di settore, visto che i pochi esistenti si sono formati da sè con esperienza sul campo.

Fonte: Reuters (12/02/2004)
Pubblicato in Analisi e Commenti
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