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La cultura della ricerca non lascia tempo agli scienziati per dedicarsi al pubblico

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Secondo quanto rivela una recente relazione della Royal Society britannica, la tendenza a destinare periodi di tempo sempre più lunghi allo svolgimento di attività di ricerca impedisce agli scienziati

Secondo quanto rivela una recente relazione della Royal Society britannica, la tendenza a destinare periodi di tempo sempre più lunghi allo svolgimento di attività di ricerca impedisce agli scienziati di dedicarsi alla comunicazione dei loro lavori al pubblico.

Lo studio, dal titolo "Factors affecting science communication: a survey of scientists and engineers" (Fattori che incidono sulla comunicazione scientifica: un'indagine fra scienziati ed ingegneri), ha comportato la realizzazione di un sondaggio online, cui hanno partecipato quasi 1.500 ricercatori di istituti di istruzione superiore, nonché di 41 colloqui approfonditi con un campione rappresentativo degli intervistati e di altre parti interessate.

Gli autori hanno osservato che nelle università britanniche la cultura "orientata alla ricerca" ostacola in modo significativo la comunicazione da parte degli scienziati dei risultati dei loro lavori al pubblico; quasi due terzi degli intervistati ha individuato nell'esigenza di dedicare più tempo alla ricerca il fattore principale che impedisce loro di partecipare più ampiamente alle attività di comunicazione. Secondo la relazione, nel Regno Unito si ritiene che una carriera scientifica abbia successo se è coronata da pubblicazioni e dalla concessione di finanziamenti a fini di ricerca. Non essendo un'attività lucrativa, la comunicazione scientifica non costituisce una priorità elevata per le università.

Fra gli altri fattori di impedimento è stato citato lo scarso apprezzamento manifestato da parte di molti membri della comunità di ricerca nei confronti del coinvolgimento del pubblico. È emerso che il contatto con il pubblico era considerato come un'attività "non impegnativa" e "di poco conto", prerogativa solo di quanti non erano "abbastanza bravi" per intraprendere una carriera accademica.
In particolare, molti erano preoccupati dal fatto che questa tendenza potrebbe consolidare gli stereotipi negativi contro le donne che desiderano impegnarsi in attività di comunicazione. D'altro canto, è più probabile che a partecipare alle attività di comunicazione siano coloro che hanno colleghi impegnati in tal senso.

Fra le altre tendenze, è stato evidenziato il fatto che gli scienziati più anziani, quelli finanziati dai governi o da istituti filantropici e gli scienziati con mansioni didattiche avevano maggiori probabilità di intraprendere attività di comunicazione rispetto ai colleghi più giovani, a quelli sovvenzionati dai consigli delle ricerche e a coloro che svolgono esclusivamente compiti di ricerca.

Per quanto riguarda gli aspetti positivi, lo studio ha rivelato che, a dispetto degli ostacoli incontrati dagli scienziati che partecipano alla comunicazione, tre quarti di essi hanno svolto attività di questo tipo negli ultimi anni, fra cui conferenze pubbliche, colloqui con i responsabili delle politiche, visite presso scuole, stesura di articoli per un pubblico non specializzato e partecipazione a dibattiti pubblici.

Inoltre, quasi la metà degli intervistati desiderava dedicare più tempo ai contatti con il pubblico, sebbene la maggior parte non avesse seguito una formazione in materia di mezzi d'informazione, comunicazione o relazioni con il pubblico.

"È incoraggiante che un numero così elevato di scienziati, nonostante tutti gli ostacoli osservati, abbia preso parte ad attività di comunicazione scientifica", ha osservato Sir David Wallace, vicepresidente della Royal Society. "È necessario elevare il profilo di questo tipo di lavoro in seno ai ministeri affinché venga considerato come una parte particolarmente integrante di una carriera completa".

Gli autori della relazione hanno esaminato inoltre quali incentivi potrebbero indurre gli scienziati a dedicarsi maggiormente alla comunicazione. In cima all'elenco delle risposte figuravano, e ciò non sorprende, i fondi a favore del dipartimento, seguiti da riconoscimenti o premi. È stata menzionata anche l'assistenza per l'organizzazione di manifestazioni pubbliche. Gli intervistati più giovani hanno dichiarato che il sostegno da parte del loro responsabile di dipartimento li incoraggerebbe ad impegnarsi in attività pubbliche. Gli scienziati più anziani, infine, hanno citato in particolare la necessità che il Research Assessment Exercise britannico individui meglio le attività non inerenti alla ricerca.

Gli autori dello studio raccomandano di approfondire ulteriormente i legami fra la cultura della ricerca esistente nel Regno Unito e la volontà degli scienziati di impegnarsi in attività pubbliche. Essi sostengono che proprio i giovani scienziati dovrebbero seguire una formazione in materia di comunicazione al pubblico a partire già dagli studi universitari. Invitano inoltre le istituzioni e gli enti di finanziamento a sostenere maggiormente gli scienziati impegnati in attività pubbliche, ad esempio attraverso l'organizzazione di attività di coinvolgimento del pubblico da parte delle altre agenzie in cui gli scienziati erano stati invitati a partecipare, nonché l'assistenza diretta tecnica o un mentorato per quei dipartimenti che intraprendono attività in proprio.

Fonte: Cordis (06/07/2006)
Pubblicato in Analisi e Commenti
Tag: divulgazione
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