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Intervista a Mario Renato Capecchi


Il premio Nobel spiega le molte affinità tra topi e uomo e come i topi potranno aiutare la ricerca

Perché ha scelto i topi?
Il genoma murino è al 99,9% simile a quello umano e quindi se modifichiamo un determinato gene in un topo, ci aspettiamo che l'effetto osservato rispecchi quello che avverrebbe nell'uomo. Perciò possiamo arrivare a capire la funzione del gene non solo nei topi ma anche negli esseri umani e questo vale per i geni che coinvolgono la fisiologia che per quelli relativi ai comportamenti.

Però il cervello dei topi è diverso dal nostro
E' vero è diverso in alcuni aspetti, è molto più piccolo e quindi non ci aspettiamo che sia intelligente come noi. Ma per molti comportamenti innati, quindi già codificati nel DNA (come ad esempio avere paura, fame e il fatto di pulirsi) ci aspettiamo che topi e umani siano identici.

Riguardo la paura, i topi sono molto pavidi di natura
Sì è vero e sono anche attivi soprattutto di notte. Ma anche noi dobbiamo essere in grado di valutare un pericolo e prendere la decisione di fuggire o di affrontarlo. Dobbiamo capire quando abbiamo fame o sete e provvedere di conseguenza. E dobbiamo anche pulirci, un'attività che è condivisa da tutti gli organismi.

Ma come si fa a capire se un topo ha disturbi psichici osservando i suoi comportamenti?
Esistono già alcuni test comportamentali per valutare, appunto, i comportamenti, ma credo che sia necessario svilupparne di nuovi. Esistono già altri mezzi per gli esseri umani. Ad esempio, si può praticare l'analisi dell'imaging funzionale.
Si può osservare il cervello, vedendo quali aree sono attive e quali inattive in reazione alla vista di una certa immagine o a certe attività. In futuro, speriamo di poter ottenere e interpretare i risultati dell'imaging sul cervello del topo e a partire da lì, trarne inferenze su che cosa stia pensando il topo.

Lei sta pensando di mettere i topi in una macchina per l'imaging?
Sì, per la RMI o nello scanner per la tomografia assiale, fare una risonanza magnetica funzionale insomma, osservare quali aree cerebrali hanno un'attività elevata nel topo, paragonarle con le configurazioni cerebrali che osserviamo negli esseri umani e dedurne quello che succede nel cervello del topo.

Nei topi l'attività cerebrale produce una cascata di reazioni chimiche
Sì infatti possiamo anche fare ricerca sui neurotrasmettori, sui neurorecettori. Tutte le analisi biochimiche si possono fare sia per i cervelli dei topi che per quelli umani.

Ma lei è un genetista e quindi penso che si occupi della componente genetica dei problemi psichici dei topi
Sì, solo che recentemente ci stiamo concentrando di più sul comportamento, e anche sullo sviluppo cerebrale perché penso che le due cose siano collegate. Secondo la mia opinione, risulterà che le funzioni cerebrali dipendono da come si è formato il cervello.

Però se io sono depressa, posso dirglielo, ma un topo non può parlare
Giusto, gli esseri umani possono parlare, valutare attraverso la comunicazione quali sentimenti o emozioni provano, mentre con i topi no. Tuttavia sono sicuro che anche i topi possono soffrire di depressione. La depressione è molto diffusa tra gli uomini, circa il 15% delle persone soffre a un certo punto di depressione acuta. Ma negli uomini e nei topi, ci sono sintomi in comune, come l'inattività. Con la depressione, le attività alle quali si dedica una persona/un topo di solito diminuiscono palesemente. Così possiamo utilizzare un indice di attività per misurare se un topo è depresso o no. E ci sono altri sintomi comuni alle due specie che ci possono servire per fare correlazioni.

I topi di laboratorio però sono allevati per essere tutti uguali, mentre il cervello umano ha una complessità individuale e cambia con l'ambiente. Questa non è una difficoltà per le due ricerche?
Esatto. Abbiamo ceppi di topi tutti imparentati, molto definiti. Anche io penso che ci sia una grande interazione tra ambiente esterno e i geni di cui siamo portatori.
Però studiando due gemelli umani omozigoti cresciuti in ambienti diversi, si scopre che hanno preferenze comuni non solo per certi colori, ma anche per certi modelli e persino in politica, e si comportano in modo molto simile. Per questo credo che nel comportamento ci sia una fortissima componente genetica ed è questo che dobbiamo scoprire.


Intervista di Sylvie Coyaud a Mario Renato Capecchi, trasmessa da Radio 24 nel corso della trasmissione 'Il volo delle oche'.

Redazione MolecularLab.it (11/10/2007)
Pubblicato in Genetica, Biologia Molecolare e Microbiologia
Tag: Capecchi, Nobel, ricerca
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