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Lotta al tumore, la speranza dai nuovi farmaci


Grosse novità sono venute dal meeting dell’American Society of Clinical Oncology, il più importante appuntamento di cancerologia per il mondo scientifico, la comunità dei pazienti e quella finanziaria

Grosse novità sono venute dal meeting dell’American Society of Clinical Oncology, il più importante appuntamento di cancerologia per il mondo scientifico, la comunità dei pazienti e quella finanziaria. Gli antitumorali rappresentano un business mondiale da 24 miliardi di dollari l’anno, la terza classe di farmaci più venduti dopo gli anticolesterolo e gli antiulcera. Ma visto che sono farmaci che si accompagnano ad una forte emotività, hanno prezzi senza precedenti nella farmacologia, che consentono ghiotti margini di profitto non sempre giustificati in termini d’efficacia o minore tossicità. Le spese dichiarate come necessarie per lo sviluppo di un nuovo farmaco (800 milioni di dollari) sono notevoli: in media, 15mila euro per paziente.
L’individuazione delle alterazioni geniche delle cellule neoplastiche ha permesso di sviluppare farmaci in grado di controllarne crescita e proliferazione. Incoraggiante è poi l’accelerazione dei tempi nei cicli di sviluppo di nuovi prodotti, che alimenta le speranze dei malati e attiva le attese della borsa. Con questa nuova classe di farmaci antitumorali, i grandi player del biotech cercano di stimolare l’indice del settore, debole nel 2004. Prima dell’approvazione da parte della Fda le case farmaceutiche ravvivano le attese della comunità medica e degli analisti, con un flusso continuo d’informazione sui risultati dei trial. Minimi sviluppi positivi dei dati clinici si traducono in forti sbalzi dei corsi azionari.
Dalle presentazioni dei colossi farmaceutici riuniti all’Asco si coglie quanto vicina sia una nuova era nella lotta contro il tumore che, malgrado i miglioramenti nella diagnosi e nelle terapie, nel 2004 in Europa ha contato 2,9 milioni di nuovi casi e oltre 1,7 milioni di morti. La novità terapeutica del 2004 erano i farmaci mirati, le cosiddette ‘bombe intelligenti’, in grado di bloccare i primi segnali tumorali senza sparare nel mucchio. Bloccando il rifornimento di sangue alle cellule tumorali, intervengono sui geni coinvolti nell’insorgenza della patologia. Rispetto alle terapie tradizionali che distruggono anche cellule sane queste molecole agiscono selettivamente. Oggi, alcuni sono in commercio. Novartis distribuisce Gleevec per una forma rara di tumore gastrointestinale e ImClone Systems l’Erbitux. La californiana Genentech, pioniera nelle biotecnologie controllata da Roche, ha due farmaci sul mercato (Avastin e Tarceva) e uno, Herceptine, in fase avanzata di sperimentazione. L’Avastin è utilizzato in sinergia con la chemioterapia nella cura del carcinoma colorettale ma ora si dimostra anche efficiente nei tumori della mammella e dei polmoni. Tarceva, approvato nel 2004 dalla Fda nei trattamenti del cancro al pancreas, è stato sperimentato positivamente anche sui tumori dei polmoni non microcitoma.
Ad insidiare il primato di Genentech arriva ora la seconda generazione di farmaci intelligenti: gli antitumorali multitarget con maggiori potenzialità benefiche e minore tossicità. Oltre a selezionare gli obiettivi da attaccare, sono anche capaci di aggredire diversi bersagli simultaneamente. Sempre basati sull’inibizione della crescita tumorale, attaccano anche le proteine che agevolano la degenerazione del male, sia nelle stesse cellule colpite che nei vasi sanguini sfruttati dal cancro. Sono somministrati in pillole al contrario della maggior parte degli altri anticancro generalmente assunti per via intravenosa. Astra Zeneca, Amgen, Novartis e Eli Lilly sono in gioco con molecole cellulari che rientrano in questa classe di farmaci, così come Pfizer (che investe 1 miliardo di dollari in antitumorali) e Bayer. Il Sutent della Pfizer impiegato nei tumori stromali gastrointestinali, rara forma di cancro allo stomaco, ha dimostrato effetti anche nei carcinomi delle cellule renali, così come il sorafenib della Bayer.
Altro nuovo paradigma terapeutico è la combinazione di farmaci mirati per ottenere gli effetti di uno d’ultima generazione: il malato di tumore al rene viene trattato un cocktail di Avastin e di Erbitux. Ma un trattamento del genere costa anche 50mila dollari al mese: è il problema di tutti questi farmaci innovativi, che hanno un costo maggiore rispetto ai trattamenti standard, a volte eccessivo se si pensa che il miglioramento della sopravvivenza e della qualità della vita il più delle volte non sono così certi.

Fonte: LaRepubblica (23/05/2005)
Pubblicato in Cancro & tumori
Tag: tumore, farmaci, Avastin, Erbitux
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