Il Deserto del Sinai
Il nostro approccio con il deserto è stato
intimo e forse un po' avventato...
A differenza degli altri, abbiamo optato per un programma fuori
orario.
Siamo, infatti, partiti dall'hotel alle 21.00 con l'idea di voler
vedere le stelle da un posto non illuminato, godendo appieno della
meraviglia che stava sopra di noi, ma così coperto e nascosto
dalle luci della città..
Essendo solo noi tre, su un furgoncino, nella notte eravamo un po'
preoccupati, soprattutto quando siamo entrati in un cortile non
illuminato pieno di quad (moto a 4 ruote), dove c’era un gruppo
di persone coperte dal buio che parlottavano tra loro...
Ma dopo aver cercato di contrattare (non riuscendoci) il prezzo
di tre kefie, abbiamo coraggiosamente cavalcato le nostre moto:
una per Sara e Madda ed una per me, anche se dopo un pausa da noi
non prevista, la guida è salita con Sara, e Madda invece
è venuta con me.
Divertente è stato il tragitto nel deserto, per strade invisibili
(tanto che io e Madda accecati dalla polvere della moto di Sara,
avendo perso il percorso fatto dalla loro moto, abbiamo fatto una
deviazione... verso il baratro..) tra montagne di roccia e sabbia
e qualche sporadico albero.
Ci siamo fermati in uno spiazzo dove una bambina ci ha invitati
al bazar ed a prendere qualcosa di fresco (il che ci ha dato l'idea
di un programma troppo turistico e commerciale), nel silenzio più
assoluto del deserto. Poi una ragazza comparsa dal buio ci ha chiesto
se volevamo fare un giretto (di 20 mt di diametro), sul cammello.
Dopo ci siamo fermati (quasi a riflettere) con questa famiglia:
un anziano vestito di bianco con viso scoperto, sua moglie con una
tunica nera molto coprente... e i loro bambini di circa 4 - 8 -
15 anni rispettivamente. Il più piccolo dormiva accovacciato
su un largo tappeto, cullato dalla luna e da centinaia di stelle.
La più grande invece ha chiacchierato con noi, in un italiano
stentato imparato dai turisti; abbiamo discusso della discoteca
(così fuori luogo..), costruita li vicino con i suoi fari
di luce, ed indirettamente del fascino della vita occidentale, con
le sue opportunità e ricchezze, ma anche con le sua perdita
delle origini.
Poco dopo siamo ripartiti per strade che sarebbero potute essere
le stesse di prima, se non fosse che ci stavamo avvicinando di più
alle montagne rocciose. Ad un certo punto ci si ferma e pensiamo
che stia per fare una camminata nel deserto, illuminati solo dalla
luna, quasi a metà. Invece vediamo che la guida parla con
un giovane beduino, che ha una candela, e che ci guida verso un’entrata
di un sotterraneo, a prima vista. Siamo un po' preoccupati di quel
che ci potrebbe accadere.. ma seguiamo la guida e l'altra persona.
Se non che, arrivati poco dentro a questo cunicolo la luce si spegne..
lasciandoci soli, al buio dentro questa grotta… Vengono infine
a soccorrerci: tre metri più avanti ci sarebbe stata l'uscita.
Ci fanno accomodare su dei tappeti stesi, e poco dopo, arriva con
il famoso the beduino.. Preoccupati un po' per l'origine dell'acqua,
beviamo non pensando alle possibili contaminazioni batteriche (in
stile dissenteria, tanto per capirsi..). Era molto dolce, non filtrato
ma buono. Ne beviamo un altro bicchiere, dopo il quale ci viene
portato il narghilè... Succede che quindi impariamo anche
a “pippare”... appurando che le tonalità della
mela nascondevano il saporaccio del tabacco. Impariamo anche come
si usa la kefia, ed il modo con cui viene "montata" per
coprirsi il viso (cosa utile dato che durante la motorata succedeva
spesso che si smontasse facendoci arrivare in viso valanghe di polvere...).
Paghiamo per quanto ricevuto e cambio al beduino 5 € in moneta
che aveva, in carta.
Ripartiamo dunque per la Valle dell'Eco. Dove si arriva in fretta.
Siamo tra due catene di montagne, dove per montagne intendo dei
grossi cumuli di terra-roccia alti un centinaio di metri, aguzze
e ben diverse da morbide colline. In realtà siamo anche davanti
alla discoteca incriminata.. Attorno alla quale sono spuntati come
funghi appostamenti di beduini per far fare un giro sul cammello
ai turisti.
Non ci resta che urlare, ed è quello che facciamo, constatando
come le nostre voci si propagassero tra più montagne, come
se la risonanza non fosse solo tra noi e le montagne, ma tra le
varie creste di più montagne.
E poco dopo questi "sfoghi".. Ritorniamo verso il deposito
delle moto, ammirando per l'ultima volta le creste delle montagne
così nere su un cielo pesante di stelle ed illuminato da
questa mezza luna così nitida e pulita.
|