Il progresso tecnologico degli ultimi decenni (biotecnologie, neuroscienze, intelligenza artificiale) ha messo in discussione le nostre convinzioni fondamentali sulla distinzione tra naturale e artificiale e consente di intervenire sui processi biologici dell'esistenza, dal sorgere della vita fino ai confini della morte. I riferimenti valoriali sono ben definiti nella Costituzione italiana: sono il rispetto della persona umana e del suo diritto a essere curata ma anche di non esserlo affatto rifiutando o chiedendo di interrompere le cure (articolo 32). Occorre distinguere la libera ricerca degli scienziati, da incoraggiare, sostenere e rispettare, e i rischi reali (piuttosto che quelli potenziali che chiunque può inventarsi) insiti nell'utilizzo dei suoi risultati. Gestire questi rischi solleva inediti quesiti etici e giuridici la cui gestione richiede una stretta collaborazione tra scienza e politica, se si vuole evitare che se ne prenda carico il mercato o che si affermino derive tecnofobiche e illiberali. È l'intera comunità civile che, attraverso il dibattito pubblico e le istituzioni democratiche, deve definire nuove pratiche di governo capaci di mettere l'immenso potenziale scientifico e tecnologico al servizio di ogni persona. Nel solco del citato articolo 32 sono contrario ad una eutanasia che preveda un ruolo attivo del medico nell'interrompere la vita. Purtroppo sul tema del fine vita l'attuale Parlamento ha elaborato e approvato nelle prime due letture, con il voto del PD compattamente contrario, un testo inaccettabile e incostituzionale, non rispettoso della dignità della persona, che ora si trova al Senato per l'ultima lettura.
Ci auguriamo non segua il destino della legge 40, altra legge ideologica e odiosamente classista approvata due legislature fa a colpi di maggioranza e ora pezzo per pezzo smontata dalle sentenze di tribunali europei e italiani, con drammi giudiziari e personali, che dovremo certamente correggere se avremo la maggioranza nella prossima legislatura. Per ben 17 volte i giudici hanno ordinato l'esecuzione delle tecniche di fecondazione secondo i principi Costituzionali. E il 28 agosto 2012, pochi mesi fa, è arrivata anche la bocciatura della Corte Europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo che ha dichiarato incoerente l'impianto della legge. Le conseguenze delle restrizioni imposte hanno reso molto complicato l'accesso alle terapie e per questo molte coppie con problemi di sterilità, se hanno le risorse economiche per farlo, scelgono di andare all'estero. Il cosiddetto "turismo procreativo" è in costante crescita: solo nel 2011 quattro mila coppie sono andate in altri Paesi (Svizzera, Spagna, Inghilterra) dove, data l'alta affluenza, sono stati organizzati dei servizi sanitari con personale che parla italiano. Noi vogliamo porre fine a questo triste fenomeno. Proporremo una legge che garantisca controlli e sicurezza ma che ridia alle coppie italiane la possibilità di ricorrere alla fecondazione artificiale senza andare all'estero, senza pagare somme esagerate e senza doversi rivolgere ogni volta a un tribunale. La fecondazione assistita, in tutti i Paesi più avanzati viene regolata sulla base di linee guida di buona pratica clinica e quindi con la garanzia di ridurre al minimo i rischi per la donna, il nascituro e la stabilità della famiglia. Ci impegneremo in tal senso nella consapevolezza che solo un metodo scientifico appropriato può permettere di affrontare temi così delicati coniugando l'interesse generale con quello delle singole persone.
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