L’universo di virus e batteri

Inside Micro

3 aprile 2008 - 9:49 pm

I vaccini

La vaccinazione ha origini molto antiche, basti pensare che già nel 1700 si sapeva che persone che avessero contratto il vaiolo e che fossero riuscite a sopravvivere, sarebbero diventate immuni. Alla fine del diciottesimo secolo, in effetti, ebbe inizio quella che potremmo definire come l’era delle vaccinazioni, con il discutibile ma senza dubbio fondamentale esperimento di Edward Jenner. Nel 1796 questo medico inglese prese del pus da una mungitrice che aveva contratto il vaiolo bovino (forma meno grave del vaiolo umano) e lo inoculò tramite due incisioni in un braccio in un bambino di 8 anni, per poi infettarlo, sei settimane più tardi, con il virus umano. Ripeté l’esperimento più volte, ottenendo sempre lo stesso risultato, e basandosi sui suoi studi la Francia napoleonica fu completamente vaccinata nel 1806.

Perché il contatto col virus bovino (o vaccino, da cui il nome) impedisce il contagio con il virus umano? Al di là delle implicazioni etiche del suo metodo, Jenner ha applicato una legge oggi molto nota della immunità: il sistema immunitario “ricorda” gli antigeni con cui viene a contatto ed è pronto a difendersi al ripresentarsi dello stesso corpo estraneo. Jenner ha usato il virus del vaiolo vaccino, che nell’uomo causa immunità al vaiolo umano dando una malattia molto più lieve, quindi più sicura. Al giorno d’oggi esistono vaccini di diversi tipi, più o meno efficaci ma tutti utili a contrastare molte malattie ancora oggi ritenute molto pericolose.

Microrganismi inattivati

E’ fatto da batteri uccisi o virus inattivati (cioè incapaci di riprodursi). L’inattivazione virale avviene spesso tramite formaldeide, che lascia la struttura proteica inalterata e quindi non interferisce con il riconoscimento degli epitopi da parte delle immunoglobuline. L’inoculazione del vaccino porta alla produzione di IgG, con una scarsa memoria, quindi c’è bisogno di inoculi ripetuti (i richiami).
Uno dei vaccini inattivati più famosi è il vaccino antipoliomielite di Salk: virus inattivati in formalina e somministrati per via parenterale in grosse quantità e più volte.

Microrganismi attenuati

E’ come nell’esperimento di Jenner: si usano patogeni che replicano nell’uomo ma per qualche motivo non sono gravi, o perché sono adattati ad un organismo diverso, oppure perché sono stati fatti crescere in cellule diverse da quelle che usano normalmente come bersaglio. La vaccinazione con patogeni attenuati porta molti vantaggi ma anche molti più rischi: il vaccino più famoso è di nuovo antipolio ed è stato sviluppato da Sabin. La somministrazione di questo vaccino è molto più simile ad un’infezione vera (per via orale o per inalazione) e fa produrre, oltre le IgG, anche IgA, che impediscono l’infezione virale anche a livello intestinale, impedendo quello che può succedere con il virus di Salk: una persona infetta con il virus della poliomielite può essere un portatore sano, perché il virus replica nel suo intestino ma è fermato nel sangue (dalle IgG). I lati negativi di questo tipo di vaccinazione sono facilmente intuibili: dopotutto si usano patogeni vivi, il pericolo di ammalarsi proprio a causa del vaccino non può essere trascurato.

Altri tipi di vaccino

Oltre all’utilizzo di patogeni inattivati e attenuati esistono molti altri tipi di vaccino, anche questi con punti a favore e punti contro.

Tossoidi: si usano per il tetano e la difterite. In queste infezioni l’importante non è evitare il diffondersi del patogeno nell’organismo, che per sua natura non è portato a farlo, quanto limitare o meglio annullare l’azione delle tossine da essi prodotti. Per questi vaccini si usano tossine fissate in formalina.

Vaccini a subunità: non serve inoculare un intero virus o un intero batterio, spesso basta inoculare una sua parte, un frammento di parete o una proteina esterna, perché venga riconosciuta dagli anticorpi e possa creare immunità. Ad esempio è usato questo tipo di vaccino per la Neisseria gonorreae, l’immunità è data dall’inoculo delle sue fimbrie, parti importanti per l’adesione alle cellule dell’ospite; per lo Streptococcus pneumoniae contro la capsula; per Hepadnavirus contro il cosiddetto antigene Australia, un complesso che comprende alcune proteine esterne del virus.

Vaccini sintetici: identificando un epitopo e il gene che lo produce posso far produrre quell’epitopo inserendolo in un plasmidie e legandolo ad un carrier. Poi inoculo in un coniglio, creando così degli anticorpi protettivi contro quell’epitopo.

Ci sono inoltre anche altre possibilità, come quella di utilizzare le tecnologie del DNA ricombinante o quella di creare piante transgeniche che producano il vaccino, in fin dei conti l’unica arma veramente efficace che abbiamo per contrastare i microrganismi è il nostro sistema immunitario, e bene o male va allenato. Ogni possibilità è una nuova arma a nostro favore.

Fonti: http://www.xagena.it/medicina/azguide/storia1.html
appunti di lezione
Creative Commons License Photo credit: Inferis

Tags: vaccino
5 febbraio 2008 - 5:24 pm

Neisseria meningitidis (2/2)

Epidemiologia

Il meningococco abitualmente si trova nel nasofaringe umano senza creare problemi, questa condizione è molto importante sia per la sua diffusione, sia per lo sviluppo di difese immunitarie da parte dell’ospite. I portatori sani sono in una percentuale compresa tra il 5 e il 30% e solo pochi sviluppano malattia, questo porta a supporre che siano più importanti le condizioni dell’ospite, rispetto a qualche caratteristica batterica, per sviluppare la malattia.
Occasionalmente ci sono episodi epidemici, in genere tra l’inverno e la primavera da diversi ceppi a seconda della zona geografica.

Diagnosi

La meningococciemina si presenta con una eruzione cutanea, che può essere localizzata, in caso di malattia lieve, o più diffusa. La meningite porta con se sintomi che sono difficilmente riconoscibili, se non ci si trova in stato di epidemia, e in genere la diagnosi è possibile solo tramite esame di laboratorio, su campioni di sangue, liquido cerebrospinale e tamponi nasofaringei, in cui si cerca di individuare il batterio.

Controllo

Esistono vaccini basati sui polisaccaridi della capsula, che però non hanno effetto nei bambini molto piccoli, o hanno durata nel tempo limitata (in quelli di età compresa tra 1 e 4 anni). Il vaccino non è obbligatorio, perché nei paesi industrializzati l’incidenza della malattia è sempre molto bassa, la maggior parte delle volte il contagio è familiare (da 500 a 800 volte più probabile rispetto al contagio nella popolazione generale), quindi solo i familiari in genere subiscono trattamenti profilattici.

Statistiche italiane e situazione attuale

Il sito EpiCentro riporta le statistiche dell’Istituto Superiore di Sanità riguardanti i casi di meningite. Come si può vedere, i casi di meningite ogni anno sono circa 900, e stando ai dati ufficiali un terzo di questi causati dal meningococco, un terzo da pneumococco (che vedremo prossimamente) e l’ultimo terzo da svariati altri batteri meno comuni.
Considerando i numeri, quindi, si può verificare la sensatezza della corsa al vaccino contro la meningite, e l’allarme generale dato dai mass media. Arrotondando un po’ i conti, ci accorgiamo che 900 casi all’anno sono circa 2 o 3 al giorno (ma sappiamo che in genere le epidemie si concentrano tra inverno e primavera), inoltre solo un caso su tre è dato dal meningococco.
Andando a stringere, tutti gli anni c’è un caso al giorno in tutta Italia di meningite da meningococco, che ha tra le 500 e le 800 possibilità in meno di diffondersi nella popolazione di quante non ne abbia di diffondersi nella famiglia di quel caso specifico. La pressione dei media spinge centinaia di persone a chiedere il vaccino contro il meningococco, che da solo è solo un terzo dei batteri che causano meningite, portando quindi ad un allarmismo decisamente ingiustificato.

Fonti:

http://gsbs.utmb.edu/microbook/ch014.htm

Tags: attualità, Italia, meningite, meningitidis, Neisseria, vaccino
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