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Lo scandalo del mais geneticamente modificato


Per quattro anni consecutivi da quei laboratori del Research Triangle Park in North Carolina hanno sfornato centinaia di migliaia di tonnellate di semi di mais geneticamente modificato. Solo che invec

Per quattro anni consecutivi da quei laboratori del Research Triangle Park in North Carolina hanno sfornato centinaia di migliaia di tonnellate di semi di mais geneticamente modificato. Solo che invece di produrre la varietà che era stata autorizzata alla commercializzazione, e cioè il mais Bt11, ne hanno prodotto un altro, il Bt10. Una varietà che, al contrario, non ha mai avuto nessun tipo di autorizzazione e che contiene una particolare mutazione genetica che la rende resistente agli antibiotici, in particolare all’ampicillina. Il bello è che nessuno, tra il 2001 e il dicembre del 2004, si è accorto dell'errore. E il Bt10 è stato normalmente venduto in tutto il mondo come se si trattasse di Bt11, che, tra l'altro, è destinato anche all'alimentazione umana e non solo a quella animale.
Protagonista del clamoroso errore che ha suscitato allarme soprattutto in Europa, la Syngenta, una delle principali multinazionali produttrici di alimenti geneticamente modificati nel mondo. Insieme al colosso elvetico gli altri attori della vicenda sono tutte le autorità americane che dovrebbero controllare la produzione di questo tipo di prodotti e garantire la sicurezza dei consumatori Usa: l'Environmental Protection Agency (Epa), la Food and Drug Administration (Fda) e l'US Department of Agriculture (Usda). Tutte colpevoli di non essersi accorte di nulla e di aver cercato di nascondere l'accaduto per tre mesi.
Se non fosse stato per un fortuito caso, infatti, la produzione di Bt10 sarebbe andata avanti chissà per quanti altri anni ancora e il gene resistente agli antibiotici sarebbe continuato a finire nelle tavole degli americani, ma anche degli europei, sotto forma di farina, olio di semi e altri prodotti, come per esempio i tacos messicani.
L'episodio rivela quanto siano fragili i controlli nel settore e quanto poco le multinazionali riescano a controllare la loro stessa attività.
Ad accorgersi dell'errore, secondo la rivista scientifica «Nature» che ha per prima denunciato i fatti, alcuni ricercatori della stessa multinazionale. La scoperta è avvenuta a dicembre dello scorso anno. All'inizio del 2005 la Syngenta ha comunicato alle autorità americane quanto era avvenuto nei suoi laboratori. Ma è solo alla fine di marzo di quest'anno che lo scandalo è venuto a galla, grazie ad un articolo pubblicato su «Nature».
Le tre autorità americane di controllo, l'Epa, l'Fda e l'Usda hanno speso diversi mesi per stabilire come porre rimedio all'errore e soprattutto per decidere se rendere la cosa di pubblico dominio. Anche la Casa Bianca è stata messa al corrente.
La portavoce della multinazionale elvetica a Washington, Sara Hull ha cercato di smorzare sul nascere le polemiche. «Abbiamo avvisato le autorità - ha spiegato - non appena siamo venuti a conoscenza dell'incidente e questo sta ad indicare come i nostri sistemi di controllo siano efficaci. Del resto la quantità di semi geneticamente modificati non autorizzati è molto bassa». Tradotto in tonnellate le stime parlano di almeno 170.000 tonnellate di semi di Bt10 finiti sul mercato, non solo americano, ma anche internazionale. E proprio su questo fronte soprattutto in Europa il caso ha immediatamente suscitato un infinità di polemiche, anche perché nessuno a Washington ha pensato di avvisare Bruxelles di quanto accaduto. I responsabili della Commissione Europea hanno infatti appreso la notizia da «Nature».
Per almeno una ventina di giorni nessuno sapeva quante tonnellate di mais Bt10 fossero state vendute in Europa con l'etichetta del Bt11 e dove fossero finite. Soprattutto nessuno ha comunicato che il Bt10 era resistente all'antibiotico. Sulle prime sia la Syngenta che le autorità Usa hanno detto che il mais prodotto accidentalmente era innocuo e identico a quello autorizzato. Invece la modifica genetica che caratterizza questo mais è estremamente diversa e da molti è considerata anche la più rischiosa per la salute umana perché il gene della resistenza all’antibiotico potrebbe trasmettersi e creare una resistenza diffusa. Tanto che la legislazione europea in materia vieta espressamente che questi prodotti siano rilasciati nell'ambiente. Figuriamoci nei piatti.
Solo dopo l'aperta presa di posizione da parte del Commissario europeo per la Salute e la tutela dei consumatori Markos Kyprianou, affiancato dalle organizzazioni ambientaliste, Legambiente e Greenpeace su tutte, da Washington sono cominciate ad arrivare le prime risposte. In tutto dovrebbero essere circa mille le tonnellate di Bt10 finite al di qua dell'oceano. Ma nessuna di queste, assicurano al ministero delle Risorse agricole e forestali, dovrebbe essere finita in Italia. Nel nostro paese dal 2001 al 2004 era attiva la moratoria sugli Ogm voluta da Amato.

Fonte: l'Unità (10/05/2005)
Pubblicato in Biotecnologie
Tag: Bt10, Syngenta, mais, ogm
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