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Dopo vent’anni dall’introduzione dei computer sui banchi di scuola, tocca ora alla multimedialità. C’è una differenza rispetto al pc portato nelle aule dal piano Informatica varato dal ministero nel ‘

Dopo vent’anni dall’introduzione dei computer sui banchi di scuola, tocca ora alla multimedialità. C’è una differenza rispetto al pc portato nelle aule dal piano Informatica varato dal ministero nel ‘85 (il più grande progetto di innovazione mai tentato nella scuola italiana): più che le iniziative ufficiali, Internet, blog, wiki, podcasting stanno entrando nel mondo dell’insegnamento sulla scia della naturale evoluzione tecnologica. I primi atenei multimediali sono statunitensi ma anche in Italia alcuni istituti stanno saggiando la diffusione di materiale didattico in formato digitale. Una delle applicazioni più interessanti è indubbiamente il podcasting delle lezioni.
Uno sprone viene dalla Apple, pioniere nel settore dell’istruzione, che all’inizio dell’anno ha lanciato ufficialmente il progetto iTunes U. Dopo un anno di sperimentazione con cinque università statunitensi, l’azienda di Cupertino offre gratuitamente una piattaforma di distribuzione online che consente ai docenti di postare file audio e video in formato Mp3. Una conferenza registrata, una lezione in lingua straniera o magari la dimostrazione di un principio di biologia. Gli insegnanti possono creare un podcast che, oltre alla lezione tenuta in aula, assegni anche i compiti, quindi pubblicarlo per gli studenti. Tutti i file multimediali sono accessibili tramite piattaforma Windows e Mac, così come il trasferimento dei dati può effettuarsi su qualsiasi tipo di player multimediale. Allo stesso modo, gli studenti possono creare e pubblicare contenuti per inviarli ai propri insegnanti o ad altri compagni.
Non si tratta più dell’aula virtuale dell’elearning convenzionale, ma della formazione di una vera e propria comunità all’insegna della condivisione delle conoscenze e del lavoro cooperativo. Anche all’esterno del campus. Per esempio, Harry Lewis docente d’informatica alla Harvard University, è alla sua prima produzione di podcasting.
Le sue lezioni sono immediatamente scaricabili dagli studenti iscritti che accedono alla pagina personalizzata con le insegne dell’università attraverso una passaword. In seguito questi file vengono resi pubblici e possono essere ascoltati da chiunque. Tuttavia questa opzione solleva degli interrogativi tra gli accademici sulla proprietà intellettuale di una spiegazione in aula. "Il copyright è del docente, dell’istituto o di entrambi?" s’interroga Marc Loudon che insegna chimica alla Purdue University nell’Indiana dove il fenomeno del podcasting interessa 150 corsi e ha costituito un comitato per dirimere le sue implicazioni in tema di diritto d’autore. Rispetto a precedenti soluzioni digitali (dagli ipertesti ai clip, dalle mappe ai forum, ecc.), il podcast offre un contributo educativo specifico, perché integra strumenti diversi e fa da ponte verso gli strumenti di apprendimento convenzionali. «Rivolgendoci a studenti della generazione digitale con un radicato concetto di mobilità, dobbiamo sfruttare quelle tecnologie con le quali hanno dimestichezza che permettono di ampliare gli orizzonti didattici», spiega Don Knezek direttore di International Society for Technology in Education, un’organizzazione educativa nonprofit. I lettori audio sono nei campus indubbiamente l’interfaccia più familiare, oltre all’indubbio valore didattico che combina efficacia, flessibilità e mobilità. Se il podcast affonda le sue radici nell’evoluzione delle trasmissioni radiofoniche, in realtà ci propone una radio che si ascolta, si vede, si legge e si naviga. Un podcast contiene link a pagine web e immagini è di fatto un audiolibro. Gli studenti possono seguire le lezioni da casa, recuperare un corso o ripassare guardando le registrazioni sul pc o lettore audio. E’ la fine degli appunti e delle dispense. Per i docenti significa poter utilizzare efficientemente il tempo in aula. «Le basi della chimica organica sono sempre quelle. Piuttosto che ripetermi all’infinito, i miei studenti possono seguire secondo il loro andamento quella parte del programma, ed io mi posso dedicare su base individuale ad aspetti particolari», spiega JeanClaude Bradley professore alla Drexel University.
Qualcuno resta convinto che la ‘radio scolastica’ metta in pericolo l’apprendimento per interazione sociale in aula. «Conduce a modelli passivi di acquisizione di nozioni e sollecita l’assenteismo», dissente Lee Ohanian, docente di economia alla Ucla. In sei corsi dell’ateneo è entrata in funzione la webcam del progetto Bruincast. Effettivamente John Zaller docente di scienze politiche nello stesso ateneo, rileva che le presenze in aula sono passate dall’85 al 55% da quando il suo corso ‘Elezioni e opinione pubblica’ è disponibile in versione Mp3. «Bruincast non è un sostituto della frequenza ma un aiuto all’apprendimento», precisa Rob Rogers direttore del progetto. Permette di ripetere al proprio ritmo un passaggio matematico difficile, superare le difficoltà della lingua per gli studenti stranieri, seguire meglio la parlata a raffica di un docente. «Quando fu introdotto il computer nelle scuole, sembrava che questo avrebbe dato un contributo fondamentale all’apprendimento. Poi è arrivata Internet, e sembrava che fosse questo il meglio. Ora c’è il podcasting ma neanche questo è la soluzione ottimale: insomma bisogna integrare questi sistemi con la didattica tradizionale», raccomanda Alberto Pian, insegnante apripista del podcasting nella scuola italiana. Sono sue le prime prove di podcast scolastico in Italia. Si chiama Didanext: per ascoltarlo e curiosare tra i podcast esistenti, collegarsi al sito www.apple.com/it/ itunes/download.

Fonte: LaRepubblica (23/02/2006)
Pubblicato in Analisi e Commenti
Tag: didattica
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