Prof. Duilio Siravo: la simulazione della applicazione delle lenti a contatto | Errori? | Recensione | Vota | Punteggio medio: - | Descrizione: Prof. Duilio Siravo: la simulazione della applicazione delle lenti a contatto
Pubblicato il luglio 19th, 2010 da Giovanna Manna
Il rapido sviluppo tecnologico degli ultimi anni ha cambiato radicalmente l’approccio alla contattologia.
La possibilità di acquisire immagini, di simulare patterns fluoriscinici e simulare la visione ha consentito di realizzare lenti a contatto sempre più sofisticate e personalizzate al fine di ottimizzare, non solo i vizi visivi più semplici, ma anche i difetti più impegnativi sia dal punto di vista morfologico che rifrattivo.
Il mercato oggi si sta spostando su due fronti ben diversi: da un lato assistiamo alla diffusione di lenti a ricambio frequente, realizzate per essere più o meno adatte a tutti ed appropriate a risolvere i casi più semplici, dove non è richiesta una particolare capacità applicativa; dall’altra assistiamo all’evoluzione di una contattologia avanzata, dove le lenti corneali sono destinate a risolvere tutti quei casi particolari e complessi, come difetti rifrattivi elevati, cheratocono, afachia, esiti di ferite e di chirurgia corneale.
Per questo settore della contattologia è richiesto un maggior grado di specializzazione da parte dell’operatore, in modo da poter gestire al meglio le potenzialità delle nuove tecnologie, che da sole, però , non possono sostituirsi all’abilità di un applicatore esperto.
Gli obiettivi fondamentali da raggiungere quando si applica una lente a contatto sono: la buona visione, il rispetto delle strutture oculari, la stabilità della lente e non ultimo il comfort del paziente.
Oltre trent’anni di pratica ha condotto ha una evoluzione delle filosofie applicative, dei materiali e soprattutto negli ultimi anni, delle geometrie. I moderni torni a controllo numerico permettono di costruire lenti a contatto con moltissime possibilità geometriche, mentre strumenti di misura sempre più sofisticati consentono di studiare nei dettagli la topografia corneale di ogni singolo individuo e simulare una applicazione.
I software di gestione che simulano il comportamento di una lente nota possono essere ampliati introducendo parametri nuovi che vengono rielaborati creando una lente completamente personalizzata, consentendo di effettuare applicazioni “virtuali” riducendo il numero di prove e soprattutto migliorando la qualità dell’ applicazione nei casi complessi non risolvibili con altre tecniche.
Nelle geometrie delle lenti RGP (rigide gas permeabili) tradizionali la curvatura e il diametro della zona ottica determinano le zone di appoggio e di sollevamento della lente sulla cornea.
Lo spazio che si forma tra la superficie posteriore della lente e quella anteriore della cornea si riempe di lacrime e la distanza fra superficie posteriore della lente e superficie anteriore della cornea può essere rappresentata dal profilo dello spessore del film lacrimale sotto la lente.
Questo spessore viene definito clearance ed è espresso in micron.
La valutazione della clearance viene fatta in modo qualitativo instillando fluoresceina e illuminando la lente con lampada di Wood o lampada a fessura con filtro blu cobalto. Questo metodo permette, ad un occhio esperto di apprezzare con sufficiente precisione la qualità dell’applicazione e del ricambio lacrimale.
L’uso dei topografi corneali e i sofisticati software di simulazione del pattern floresceinico, hanno migliorato la conoscenza morfologica della cornea da una parte , mentre dall’altra hanno permesso di trarre il massimo vantaggio dalle informazioni acquisite dalla mappa stessa per disegnare ed ottimizzare la geometria delle lenti tenendo conto non solo della curvatura corneale centrale ma anche della forma totale della cornea.
Prima dell’uscita dei topografi di ultima generazione, che consentono di misurare in modo preciso le curvature istantanee e altimetriche della cornea su tutta l’area coperta dalla lac, il solo metodo per calcolare la clearance e l’applicazione (fitting) era quello di appoggiarsi ad un modello matematico e derivarne le conseguenti altezze sagittali.
Il modello più avvalorato è stato quello di un profilo corneale ellittico i cui raggi di curvatura e il valore di eccentricità venivano ricavati da un autocheratometro, fotocheratoscopio, o un oftalmometro a letture periferiche.
Dedotti poi i valori, e se si avvicinavano il profilo corneale ad una conica, si potevano ottenere, mediante programmi di calcolo, i dati di tutti i parametri della lente necessari per ottenere la clearance desiderata. Questo tipo di modello, pur essendo un’evoluzione rispetto a quello sferico, è risultato essere troppo approssimativo.
I topografi più moderni permettono misure più dettagliate e in molti casi permettono simulazioni fluoroscopiche di buona precisione. Con i programmi a disposizione la scelta della lente può essere fatta in tre modi differenti e conseguentemente valutare l’applicazione e la clearance tramite applicazione virtuale.
• Si può selezionare una lente da un data base di lenti predefinite che includono tutti i prodotti standard dei diversi costruttori. La preferenza poi può essere fatta manualmente o tramite moduli autofit. Il vantaggio è quello di utilizzare lenti di produzione standard, lo svantaggio è di essere limitati dai modelli e geometrie scelte dal costruttore.
• Si può scegliere una geometria predefinita e personalizzare tutti i parametri della lente per raggiungere tutti i valori di clearance che si desiderano. Con questo metodo l’applicatore decide tutte le specifiche della lente da applicare in quanto questa può essere personalizzata in tutti i suoi parametri
• Si può creare un profilo polinomiale che soddisfi determinati livelli di clearance per costruire una lente del tutto personalizzata. In questo caso si ha la possibilità di costruire delle lenti con geometrie molto sofisticate, ma a volte difficilmente riproducibili.
Mediante la simulazione di applicazione si cerca la geometria ideale e una volta scelta la lente uno specifico software di gestione provvede a tradurre il progetto in linguaggio informatico ed a renderlo eseguibile da un macchinario.
Queste lenti così costruite oltre ad ricalcare esattamente l’elaborazione eseguita virtualmente vengono, in alcuni software, anche automaticamente corrette per ridurre le aberrazioni superiori indotte dalla faccia interna della lac, creando così un’ottica ad alta definizione in grado aumentare le potenzialità della funzione visiva.
Tuttavia rispetto alla lente teorica è probabile che siano necessari degli aggiustamenti poiché alcune variabili come, la tensione palpebrale, il rapporto della superficie anteriore della lente con la palpebra, il film lacrimale, le forze di frizione e di capillarità ed il peso della lente, possono condizionare il comportamento della lente sull’occhio e queste non possono essere simulate.
Ormai numerose ditte produttrici sono orientate verso un metodo di link informatico che unisca i dati topografici ad un progetto di lente personalizzata al fine anche di ridurre le aberrazioni ottiche.
Ad esempio le lenti personalizzate Wave (Eye Quip) hanno una superficie e anteriore e posteriore modificata ed adattata e correggono anche le aberrazioni corneali. Vengono progettate con il topografo Keratron (Optikon). Esse possono essere morbide o rigide con o senza prisma di stabilizzazione e sono disponibili con disegni sferici, torici, multifocali o destinate all’ortocheratologia .
Altre lenti di progettazione custom-made con link detto a “ calco” sono prodotte dalla Eikon che utilizza due topografi, Keratron Scout ( Optikon 2000) e Eye Top (CSO).
La procedura di esecuzione, con ambedue i topografi, è semplice. Dopo aver processato l’immagine cheratoscopica e pulita da imperfezioni ed errori, applichiamo il software.
Esistono dei set di prova virtuali disponibili, ma nell’eventualità in cui l’applicatore abbia la necessità di inserire delle modifiche il default è modulabile.
Visualizziamo quindi l’applicazione “virtuale” con simulazione fluoresceinica e cerchiamo l’appoggio migliore per il caso.
Possiamo variare, se vi è la necessità, istantaneamente tutti i parametri: diametro totale e parziale, la zona ottica, la tipologia del bordo e possiamo agire direttamente anche sulla asfericità interna della lente.
Da ricordare che la superficie interna asferica di una lente induce delle aberrazioni, ma il sistema prevede il calcolo automatico della correzione dell’aberrazione. Definita poi la lente più appropriata, i dati ottenuti vengono raccolti in un file ed inviati al costruttore per realizzare la lente eseguita virtualmente dall’applicatore.
Fino ad ora abbiamo visto come possiamo conoscere bene la morfologia della cornea grazie al topografo e come possiamo progettare lenti a contatto personalizzate la cui geometria è strettamente connessa con la cornea ottimizzando l’appoggio mediante la simulazione fluorescinica.
Altro argomento da non sottovalutare, e che è possibile simulare, è l’aberrazione indotta dalle lenti a contatto.
La modificazione delle aberrazioni ottiche dell’occhio è stato discusso per lungo tempo sia nella pratica corrente sia nella contattologia.
E’ ben noto come la qualità della visione è nettamente influenzata dal grado di aberrazioni ottiche di ordine superiore, in particolare in quei pazienti con cornee patologiche (cheratocono, post chirurgia corneale ecc.).
Numerosi studi hanno valutato l’impatto dell’uso delle lenti a contatto sulle aberrazioni ottiche.
Nel 2003 De Brabander ha evidenziato come l’uso delle lenti personalizzate potessero diminuire gli effetti delle aberrazioni ottiche e migliorare la qualità della visione, in particolare sulle cornee patologiche.
Le lenti a contatto, sferiche, asferiche, progressive o a fuochi multipli, producono aberrazioni di ordine superiore che si aggiungono a quelle dell’occhio; ma si è visto come le lenti con geometrie estremamente sofisticate possono minimizzare le aberrazioni o, al contrario, massimizzare il loro effetto di pseudoaccomodazione.
Oggi è possibile misurare e prevenire gli effetti delle aberrazioni ottiche delle lenti a contatto tramite un simulatore della visione Optique Adaptative Crx 1 (Imagine Eyes).
Il meccanismo dell’ Optique Adaptative è stato inventato da alcuni astrofisici per migliorare la qualità delle immagini dei telescopi terrestri, al fine di correggere le distorsioni indotte dalle turbolenze atmosferiche.
Questa tecnica, applicata all’oftalmologia, ci consente di correggere le aberrazioni oculari con una precisione sufficiente per fornire delle immagini in vivo della retina a una scala cellulare.
In ambedue le applicazioni, astrofisica e oftalmologia, il metodo di studio consiste nel deformare uno specchio riflettore al fine di ottimizzare la qualità d’immagine e correggere le differenti aberrazioni ottiche. Per cui i componenti chiave sono degli specchi deformabili che poi vengono rettificati e controllati da degli analizzatori di superficie d’onda.
Il simulatore della visione Crx 1 (Imagine Eyes) utilizza i risultati visivi per introdurre delle aberrazione nell’occhio, provvisoriamente e in maniera puramente ottica, testando acuità visiva, sensibilità al contrasto ecc. a diverse distanze di visione. Inoltre durante il test lo strumento permette di regolare il diametro della pupilla e il centraggio della correzione.
E’stato concepito come un aberrometro al quale sono stati aggiunti due componenti: una specchio deformabile capace di correggere le aberrazioni oculari e aggiungere delle aberrazioni create dall’applicatore, e uno schermo informatico in miniatura che, attraverso lo specchio deformabile, stimola la visione del paziente ad una determinata distanza regolata dall’operatore.
Ciò ci permette di misurare i risultati visivi derivanti da applicazioni di lenti a contatto con differenti geometrie. I risultati così ottenuti possono essere utili per ottimizzare le geometrie delle lenti asferiche e/o progressive.
Questo strumento potrebbe un giorno semplificare i processi di prescrizione, poiché permette di pre-testare rapidamente la visione di ogni paziente, inoltre potendo valutare le eventuali aberrazioni prodotte da un determinato tipo di lente e potendo modificare i parametri delle lenti personalizzandole, si può progettare una lente che soddisfi al meglio anche le esigenze visive.
Dunque l’obiettivo della contattologia moderna personalizzata è quello di realizzare una lente adatta morfologicamente alla cornea, ottimizzando l’applicazione per ogni singolo paziente, studiando accuratamente la topografia corneale e effettuando simulazioni fluoroscopiche ; inoltre la correzione delle aberrazioni ottiche prodotte dalle lenti a contatto possono migliorare la funzione visiva, per cui la nuova tecnologia, che ci permette di simulare il risultato di una progettazione, rappresenta un ulteriore vantaggio nella scelta della strategia da intraprendere nell’applicazione delle lenti a contatto soprattutto nei casi più complessi.
Bibliografia
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a cura del Prof. Duilio Siravo
Presidente Accademia Italiana di Oftalmologia Legale
Tag:chirurgia corneale, contattologia medica, difetti rifrattivi, lenti a contatto, lenti corneali, lenti RGP, occhi, Oculistica, topografi corneali, vistaInformazione Delicious Stumble digg Google Bookmarks Articoli Correlati
Occhiali addio!Possibile futuro impiego di Lenti a Contatto (LAC) Bioniche nella cura della IpovisioneSucco di mirtilli per migliorare memoria e apprendimentoOncomodulina e nervo otticoUn microcip nell’occhio per vedereTonometria Permanente con Lente a Contatto Nanosilver
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Possibile futuro impiego di Lenti a Contatto (LAC) Bioniche nella cura della Ipovisione | Errori? | Recensione | Vota | Punteggio medio: - | Descrizione: Possibile futuro impiego di Lenti a Contatto (LAC) Bioniche nella cura della Ipovisione
Pubblicato il settembre 5th, 2010 da Giovanna Manna
Stiamo lavorando sui possibili impieghi nella cura dell’IPOVISIONE sulla realizzazione effettuata dalla University of Washington di lenti a contatto in cui è inserito un micro circuito stampato con la capacità di emettere luce.
“I ricercatori dell’Università di Washington, grazie ad un finanziamento della National Science Foundation, hanno messo a punto una lente a contatto bionica composta da componenti elettronici miniaturizzati a livello di nanometri. I primi esperimenti sono stati fatti su cavie da laboratorio e, a detta dei ricercatori, la lente sarà presto in grado di mostrare all’occhio diversi pixel in grado di fornire informazioni visive all’utilizzatore. Il dispositivo è stato provato su dei conigli con un tempo massimo di utilizzo della lente pari a 20 minuti, i primi risultati sembrano non manifestare particolari effetti collaterali”.
L’esperimento è stato condotto con un circuito capace di illuminare leggermente l’ambiente circostante e, almeno in questa prima fase, testato solo su conigli per un tempo di 20 minuti senza osservare effetti indesiderati .”(1-2-3-4)
Ovviamente, la ricerca potrebbe essere condotta, attraverso i meccanismi classici di sperimentazione comportamentale animale con premio alimentare.
Se si allena un coniglio ad arrivare ad alimentarsi tramite un circuito del tipo corridoi alle cui pareti ci sono sensori che se toccati fanno scendere delle paratie che impediscono allo stesso la progressione verso il cibo, dopo reiterati tentativi si vede che lo stesso riesce ai arrivare velocemente al cibo senza mai toccare le pareti stesse dei corridoi.
Al coniglio così preparato, si occlude un occhio ed all’altro si ingenera una cataratta completa matura per puntura lenticolare.
Nell’occhio catarattoso, bypassando il bulbo con un ricevitore wireless impiantato in posizione strategica sulle vie ottiche e/o cerebrali, si potrebbe dimostrare se il coniglio ,precedentemente descritto, possa o meno arrivare al target alimentare.
“I circuiti elettronici inseriti nelle lenti a contatto sono costituiti da un nanostrato di metallo (quanto un millesimo del diametro di un capello umano) montato su un substrato organico flessibile per poter essere comodamente inseriti all’interno dell’occhio”.
L’ideatore, Babak Parviz, ha spiegato che non solo sarà possibile utilizzare lenti a contatto hi-tech per scopi “leggeri” come la navigazione web o altre immagini di interesse per l’utente, ma potrà diventare un metodo per correggere e aiutare la vista di persone ipovedenti,ed è realmente questo il target su cui stiamo cercando di razionalizzare i nostri intenti di ricerca nel mondo della ipovisione.”(1-2-3-4)
Possibili applicazioni
Una vista virtuale dai molti usi,NELL’ACCEZIONE MENO IMPORTANTE,ad esempio
come avviene con i caschi immersivi – HUD.
Lo scopo che ci si deve prefiggere in questa ricerca pero’ e’ sicuramente poter far vedere immagini a chi ne ha perso la possibilita’ con cecita’ indotta da destrutturazione del solo bulbo oculare con integrita’ delle vie ottiche!!!!
Potrebbe quindi essere un enorme passo avanti nell’IPOVISIONE e nei grossi traumatismi bulbari.
Bypassando un bulbo con un ricevitore impiantato in posizione strategica sulle vie ottiche e/o cerebrali si potrebbe aprire uno scenario di stimolazione visiva che è ovviamente il target primo della ricerca,il tutto senza ricorrere alle strutture impegnative come dimensioni quale quelle dell’occhio bionico!!
Infatti il “primo prototipo avanzato” di OCCHIO BIONICO presentato in Australia(La Bionic Vision Australia -BVA) e sperimentato anche dall’Università di New South Wales, è costituito da una videocamera montata su un paio di occhiali, un chip wireless inserito all’interno del bulbo oculare e un processore tascabile collegato senza fili con il chip oculare e con un cavo alla videocamera.Il chip è dotato di 98 elettrodi che stimolano le cellule del nervo ottico per far registrare dal cervello a grandi linee le forme circostanti. (6)
L’occhio bionico della compagnia americana Second Sight è dotato di una minuscola telecamera ed un videoprocessore collocati su occhiali che inviano le immagini ad un ricevitore, posto nella cintura del paziente. Da qui, attraverso la stimolazione di elettrodi posti sulla retina, il messaggio viene inviato lungo il nervo ottico fino al cervello, che è in grado di percepire luci e ombre.
Futuri sviluppi, su cui gli scienziati stanno lavorando, fanno ben sperare con l’aumento degli elettrodi (per il secondo prototipo, atteso per il 2013, si parla di mille) che dovrebbe permettere maggiore definizione, fino al riconoscimento di volti.
Per il momento l’occhio bionico australiano è quindi destinato esclusivamente ai non vedenti che hanno nervi ottici funzionanti,o come nel caso di quello della compagnia americana Second Sight,nella Retinite Pigmentosa di cui è affetto da circa trenta anni l’uomo inglese di 73 anni impiantato e reso cieco da tale patologia.
La differenza è nelle dimensioni che tali strutture hanno,assolutamente incomparabili a quelle di una lente a contatto(LAC).
Links Bibliografici
1) Augmented Reality in a Contact Lens
A new generation of contact lenses built with very small circuits and LEDs promises bionic eyesight
By Babak A. Parviz / September 2009
2) Contact: Emma O’Neill
eaoneill@unimelb.edu.au
61-383-447-220
University of Melbourne
Bionic Vision Australia puts bionic eye in sight
3) Lenti a contatto bioniche? Ci siamo. Quasi
Scritto da Giulia Boschi (Genova – IT)
domenica 24 febbraio 2008-MVPNETWORK
4) Lenti a contatto bioniche
Inserito da admin il Lun, 07/09/2009 – 11:23-Mondo-Expo
http://www.corriere.it/scienze_e_tecnol … aabc.shtml
5) http://drsiravoduilio.beepworld.it/contattologiamedica.htm
6) Occhio bionico, la strada australiana
Presentato un primo prototipo di neurostimolatore per i nervi ottici, che promette numerose possibilità di sviluppo(Claudio Tamburrino)(Punto Informatico- venerdì 2 aprile 2010)
Prof. Duilio Siravo
Presidente Accademia Italiana di Oftalmologia Legale
Tag:ipovisione, lente a contatto bionica, lenti bioniche, occhi, vistaInformazione Delicious Stumble digg Google Bookmarks Articoli Correlati
Prof. Duilio Siravo: la simulazione della applicazione delle lenti a contatto
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Un microcip nell’occhio per vedere | Errori? | Recensione | Vota | Punteggio medio: - | Descrizione:
Benessere – Guidone.itHome Estetica Medicina Salute Psicologia Fitoterapia Forma fisica Notizie Video Un microcip nell’occhio per vedere
Pubblicato il novembre 4th, 2010 da Giovanna Manna
I ricercatori dell’Università di Tubingia (Germania) e la società privata Retina Implant, con a capo il dottor Eberhart Zrenner hanno pubblicato i dati di uno studio su “Proceedings of the Royal Society B”, in sostanza si tratterebbe di una ricerca condotta sulla vista, dove un microchip inserito nell’occhio sarebbe in grado di farla tornare.
Il dottor Zrenner ha dichiarato che all’inzio il microchip non dava i risultati sperati, mostrandosi incapace di migliorare la vista dei volontari che si erano sottoposti alla prima sperimentazione.
Successivamente, le cose sono cambiate, gli scienziati hanno apportato modifiche a questo apparecchio cambiando anche la zona dell’impianto.
Ebbene nel secondo gruppo di volontari, il microchip è stato innestato dietro la retina, e si è notato subito una differenza.
Miikka Terho, 46enne paziente finlandese è uno dei volontari che si è sottoposto all’intervento per questo studio.
Queste le sue parole: “Quando dopo tre o quattro giorni dall’intervento l’occhio ha cominciato a ristabilirsi ho cominciato a vedere i primi flash di luce. Sono rimasto meravigliato. Poi nei giorni seguenti ho cominciato a vedere sempre più’ distintamente fino a ora che riesco a leggere distintamente le lettere”.
Tag:Eberhart Zrenner, intervento agli occhi, intervento alla retina, microcip nella retina, microcip per vista, occhio bionico, retina, Retina Implant, vistaInformazione Delicious Stumble digg Google Bookmarks Articoli Correlati
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Cirrosi epatica | Errori? | Recensione | Vota | Punteggio medio: - | Descrizione: Cirrosi epatica
La cirrosi epatica è un'infiammazione cronica del fegato che decorre con degenerazione e diminuzione numerica degli epatociti, formazione di setti connettivali e zone di degenerazione nodulare che porta ad un grave sovvertimento della normale architettura lobulare dell'organo.
La cirrosi puo' essere il punto di arrivo di differenti malattie:
-puo' essere la tappa finale di un'epatite come la cirrosi post-epatica che colpisce il 10% dei pazienti con epatite B con incapacita' di eliminare il virus del fegato.
Del visus, è stata dimostrata la esistenza e la replicazione con studi di ibridazione molecolare su campioni bioptici.
Non e' noto, purtroppo, il perche' della persistenza del virus in questi casi: si sa che la risposta immune comporta la distruzione degli epatociti infetti da parte dei linfociti attivati e poi la eliminazione del virus dal sangue tramite gli anticorpi specifici, ma in questi pazienti, in genere persistono alti livelli di HBsAg, di HBcAb e di HBeAb; puo' esservi tuttavia Australia-negativita' e questa è la regola nelle epatiti croniche non A e non B che si vanno facendo sempre piu' frequenti come nei casi di epatite post-trasfusionale che è oggi di tipo non A e non B.
Si realizza in questo caso attraverso la proliferazione connettivale a partenza dagli spazi portali ed il propagarsi di questa nell'interno dei lobuli che ne risultano dapprima "sbocconcellati" ai margini e poi frammentati dalla formazione di setti connettivali; le alterazioni degenerative e necrotiche degli epatociti sono rilevanti. Nei casi di epatite acuta con necrosi massiva si verifica invece la formazione di setti passivi da collasso del parenchima come nella cirrosi post-necrotica.
Con modalita' analoghe possono evolvere in cirrosi alcune malattie granulomatose e parassitarie del fegato come la schistosomiasi che puo' essere la tappa finale di una steatosi epatica inerente ad alcoolismo o malnutrizione.
E' dimostrata una correlazione statistica positiva fra consuno di alcool e mortalita' per cirrosi epatica.; il rischio aumenta con la dose e con il tempo; in chi beve piu' di 160 gr, di alcool al giorno, la probabilita' di cirrosi aumenta di molto.
L' alcool etilico viene metabolizzato per il 90% dal fegto dove è trasformato in aldeide acetica per azione di un alcool-deidrogenasi
CH3CH2OH+NAD----------------CH3CHO+NADH+H
La forte richiesta d'ossigeno necessario per la riossidazione di NADH impegna il ciclo di Krebs diminuendo la capacita' di ossidare degli acidi grassi i quali, esterificati a trigliceridi, si depositeranno come tali negli epatociti nella steatosi epatica.
La steatosi epatica , si manifesta con epatomegalia cioe' fegato indolente; le cellule epatiche sono piene di piccole gocce di grasso che spostano nucleo e citoplasma alla periferia ; nelle colorazioni istologiche comuni il grasso viene disciolto e gli epatociti come tante vesciche vuote come nella cirrosi microvescicolare.
La necrosi cellulare costituisce stimolo alla proliferazione delle cellule di Kappfer ed alla deposizione di collagene che si aggrega formando trabecole connettivali detti setti attivi, i quali sconvolgono le architetture lobulari ed in particolare la circolazione intraepatica.
La capacita' di rigenerare degli epatociti porta alla formazione di noduli epatici rigenerati ed anche ad una proliferazione di noduli biliari che e' stata interpretata in chiave rigenerativa.
Nelle fasi terminali il fegato si rimpicciolisce, di conseguenza diventa duro di consistenza ed a superficie irregolare: la sua sezione fara' rilevare in numeri piccoli noduli di color giallastro circondati da anelli di tessuto connettivo denso detto cirrosi anulare di Morgagni-Laennec.
Sono del parere, da ipotesi universalmente accettata, che l'alcool agisce attraverso una carenza proteica dannosa per gli epatociti, per dispepsia da gastrite atrofica degli alcoolisti abituali.
La disputa è sorta per analogia con altre situazioni di steatosi epatica da causa nutrizionale anche se solo una minoranza di questi casi evolve, a mio avviso, in cirrosi.
Nel digiuno protratto come nel malassorbimento intestinale e nell'obesita'
E' ovvio che carenze proteiche aggiuntive che colpisce popolazine di pover nel mondo, possono accelerare l'evoluzione cirrotica di una steatosi epatica alcoolica e puo' essere tappa finale di angiocolite con proliferazione connettivale pericolangitica degli spazi portali con formazione di setti connettivali che si spingono a disorganizzare i lobuli epatici ed a realizzare con loro interconnessione dei ponti fra zone portali e zone centrolobulari. Puo' essere la tappa finale di un'emocromatosi nella quale l'accumulo di ferro danneggia gli epatociti e stimola proliferazione connettivale. Puo' essere la tappa finale del morbo di Wilson nel quale l'accumulo di reme danneggia gli epatociti realizzando in fasi successive la steatosi, la necrosi portando a cirrosi a grossi nodi.
Puo' essere dovuto a difetto di alfa-1-antitripsina che e' una glicoproteina ad azione antitriptica ed antiplasmatica.
Si tratta di una rara malattia ereditaria autosomica recessiva che si manifesta nell'infanzia con cirrosi epatica ed enfisema polmonare.
| http://federico-cesareo.blogspot.com | Data Inserimento: 12/03/2011 | Visite: 27938 |
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Cirrosi epatica | Errori? | Recensione | Vota | Punteggio medio: - | Descrizione: Cirrosi epatica
La cirrosi epatica è un'infiammazione cronica del fegato che decorre con degenerazione e diminuzione numerica degli epatociti, formazione di setti connettivali e zone di degenerazione nodulare che porta ad un grave sovvertimento della normale architettura lobulare dell'organo.
La cirrosi puo' essere il punto di arrivo di differenti malattie:
-puo' essere la tappa finale di un'epatite come la cirrosi post-epatica che colpisce il 10% dei pazienti con epatite B con incapacita' di eliminare il virus del fegato.
Del visus, è stata dimostrata la esistenza e la replicazione con studi di ibridazione molecolare su campioni bioptici.
Non e' noto, purtroppo, il perche' della persistenza del virus in questi casi: si sa che la risposta immune comporta la distruzione degli epatociti infetti da parte dei linfociti attivati e poi la eliminazione del virus dal sangue tramite gli anticorpi specifici, ma in questi pazienti, in genere persistono alti livelli di HBsAg, di HBcAb e di HBeAb; puo' esservi tuttavia Australia-negativita' e questa è la regola nelle epatiti croniche non A e non B che si vanno facendo sempre piu' frequenti come nei casi di epatite post-trasfusionale che è oggi di tipo non A e non B.
Si realizza in questo caso attraverso la proliferazione connettivale a partenza dagli spazi portali ed il propagarsi di questa nell'interno dei lobuli che ne risultano dapprima "sbocconcellati" ai margini e poi frammentati dalla formazione di setti connettivali; le alterazioni degenerative e necrotiche degli epatociti sono rilevanti. Nei casi di epatite acuta con necrosi massiva si verifica invece la formazione di setti passivi da collasso del parenchima come nella cirrosi post-necrotica.
Con modalita' analoghe possono evolvere in cirrosi alcune malattie granulomatose e parassitarie del fegato come la schistosomiasi che puo' essere la tappa finale di una steatosi epatica inerente ad alcoolismo o malnutrizione.
E' dimostrata una correlazione statistica positiva fra consuno di alcool e mortalita' per cirrosi epatica.; il rischio aumenta con la dose e con il tempo; in chi beve piu' di 160 gr, di alcool al giorno, la probabilita' di cirrosi aumenta di molto.
L' alcool etilico viene metabolizzato per il 90% dal fegto dove è trasformato in aldeide acetica per azione di un alcool-deidrogenasi
CH3CH2OH+NAD----------------CH3CHO+NADH+H
La forte richiesta d'ossigeno necessario per la riossidazione di NADH impegna il ciclo di Krebs diminuendo la capacita' di ossidare degli acidi grassi i quali, esterificati a trigliceridi, si depositeranno come tali negli epatociti nella steatosi epatica.
La steatosi epatica , si manifesta con epatomegalia cioe' fegato indolente; le cellule epatiche sono piene di piccole gocce di grasso che spostano nucleo e citoplasma alla periferia ; nelle colorazioni istologiche comuni il grasso viene disciolto e gli epatociti come tante vesciche vuote come nella cirrosi microvescicolare.
La necrosi cellulare costituisce stimolo alla proliferazione delle cellule di Kappfer ed alla deposizione di collagene che si aggrega formando trabecole connettivali detti setti attivi, i quali sconvolgono le architetture lobulari ed in particolare la circolazione intraepatica.
La capacita' di rigenerare degli epatociti porta alla formazione di noduli epatici rigenerati ed anche ad una proliferazione di noduli biliari che e' stata interpretata in chiave rigenerativa.
Nelle fasi terminali il fegato si rimpicciolisce, di conseguenza diventa duro di consistenza ed a superficie irregolare: la sua sezione fara' rilevare in numeri piccoli noduli di color giallastro circondati da anelli di tessuto connettivo denso detto cirrosi anulare di Morgagni-Laennec.
Sono del parere, da ipotesi universalmente accettata, che l'alcool agisce attraverso una carenza proteica dannosa per gli epatociti, per dispepsia da gastrite atrofica degli alcoolisti abituali.
La disputa è sorta per analogia con altre situazioni di steatosi epatica da causa nutrizionale anche se solo una minoranza di questi casi evolve, a mio avviso, in cirrosi.
Nel digiuno protratto come nel malassorbimento intestinale e nell'obesita'
E' ovvio che carenze proteiche aggiuntive che colpisce popolazine di pover nel mondo, possono accelerare l'evoluzione cirrotica di una steatosi epatica alcoolica e puo' essere tappa finale di angiocolite con proliferazione connettivale pericolangitica degli spazi portali con formazione di setti connettivali che si spingono a disorganizzare i lobuli epatici ed a realizzare con loro interconnessione dei ponti fra zone portali e zone centrolobulari. Puo' essere la tappa finale di un'emocromatosi nella quale l'accumulo di ferro danneggia gli epatociti e stimola proliferazione connettivale. Puo' essere la tappa finale del morbo di Wilson nel quale l'accumulo di reme danneggia gli epatociti realizzando in fasi successive la steatosi, la necrosi portando a cirrosi a grossi nodi.
Puo' essere dovuto a difetto di alfa-1-antitripsina che e' una glicoproteina ad azione antitriptica ed antiplasmatica.
Si tratta di una rara malattia ereditaria autosomica recessiva che si manifesta nell'infanzia con cirrosi epatica ed enfisema polmonare.
Federico Cesareo
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Pubblicato il giugno 28th, 2010 da Giovanna Manna
Laureato in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Pisa nel 1983 con 110 e Lode e dignità di pubblicazione della tesi di laurea già di pertinenza oculistica sul senso stereoscopico negli afachici.
Specializzato in Oculistica presso l’Università degli Studi di Pisa nel 1987 con 70 e lode e dignità di pubblicazione della tesi di specializzazione su un progetto sperimentale di produzione di un sistema esperto di acquisizione di immagini del fondo oculare (EIES=Espert Intra Eye System) effettuato in collaborazione del C.N.R. di Pisa e nella fattispecie presso l’Istituto Elaborazione delle Immagini (I.E.I.) con il quale ha avuto una fattiva collaborazione di anni, distaccato come ricercatore dalla Clinica Oculistica dell’Università degli Studi di Pisa allora diretta dal Prof. Alberto Maria Wirth.
Assistente universitario volontario (dal 1983 al 1990), ha espletato per anni funzioni di ricercatore e di docenza (presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia e la Scuola di Specializzazione di Oculistica, degli Infermieri e dei Fisioterapisti) per incarico del Prof. AlbertoMaria Wirth.
Dal 1983 al 1996 ha avuto compiti di ricerca presso numerose Società Farmaceutiche specializzate in Oculistica per le quali ha sperimentato diversi farmaci con la produzione di innumerevoli pubblicazioni scientifiche anche in prestigiose riviste internazionali.
Per tali Società ha espletato conferenze, corsi di docenza presso i centri di ricerca e scientifici e per i dipendenti in tutta Italia ed all’estero (Brasile,Portogallo etc.etc.).
Ha partecipato ad innumerevoli Congressi Nazionali ed Internazionali di Oculistica come relatore ed organizzatore.
Autore di numerose pubblicazioni scientifiche e di una monografia.
Accademico ed Accademico Emerito dell’Accademia delle Scienze di Mosca.
- Professore a contratto docente Medicina Legale Oftalmologia Legale
- Scuola di Specializzazione In Oftalmologia Seconda Università Degli Studi di Napoli.
- Docente Oftalmologia-Oftalmologia Legale
- Degenerazioni Retiniche, Emergenze Oftalmologiche: Aspetti clinici e terapeutici Glaucoma, Ipovisione: Aspetti clinici e terapeutici, Università Degli Studi Di Bologna.
- Alma Mater Studiorum International Summer School.
- E’ Preferred Provider in Ophthalmology U.S. Army Health Clinic Camp Darby Livorno (TRICARE EUROPE PREFERRED PROVIDER NETWORK-PPN.).
- Responsabile dal 1988 al 2000 del Servizio di Oculistica, del Servizio Controllo Medico del C.A.M.E.N.(CENTRO APPLICAZIONI MILITARE ENERGIA NUCLEARE)(OFTALMOLOGIA LEGALE) di San Piero A Grado -Pisa (Poi diventato C.R.E.S.A.M ed attualmente C.I.S.A.M.).
- E’ Ufficiale Medico Croce Rossa Militare.
- Responsabile Oftalmologia Legale Consulenza Nazionale.
- Presidente Commissione Responsabilità Professionale Civile e Penale Medici Oculisti Italiani.
E’ membro:
- Consiglio Direttivo Società Italiana di Oftalmologia Legale (SIOL)
- Consiglio Direttivo Società Italiana Contattologia Medica (SICOM)
- Consiglio Direttivo European Society Simulation in Ophthalmology (ESSIO)
- Consiglio Direttivo Low Vision Academy
- Oftalmologo Legale – Low Vision Academy
E’ Esperto Nazionale Medicina Legale – Società Oftalmologica Italiana (SOI).
Da circa venti anni si occupa di OFTALMOLOGIA LEGALE consultato da Oculisti, Giudici ed Avvocati di tutta Italia per consulenze peritali in materia e per varie Commissioni in ambito di Responsabilità Professionale Oculistica.
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