Replicazione
I diversi ceppi di virus influenzale sono tutti capaci di replicarsi nella cavità amniotica di uova di pollo embrionate , che in laboratorio rappresenta il modo migliore per la propagazione del virus; inoltre molti ceppi si moltiplicano bene in diversi tipi di colture cellulari e nei tratti respiratori di furetti e topi.
L’ingresso del virus nella cellula avviene tramite l’interazione tra la proteina HA e l’acido sialico: questo comporta l’internalizzazione del virus tramite endosoma. La fuoriuscita del virus dalla vescicola avviene dopo l’acidificazione, che causa un cambio conformazionale nell’HA, causando l’esposizione del peptide fusogeno che fonde l’envelope virale e la mambrana dell’endosoma, liberando nel citoplasma il core. A differenza di altri virus a RNA, in Orthomyxovirus la replicazione è nucleare.
PB1, PB2 e PA hanno insieme la funzione di RNA-polimerasi RNA-dipendente (RNA-trascrittasi), e trascrivono il filamento di mRNA a partire dagli RNA a filamento negativo del genoma virale. Il virus utilizza meccanismi eucariotici per aggiungere il cap e la catena di poliA, per questo motivo ha necessità di entrare nel nucleo della cellula.
L’RNA messaggero trasloca nel citoplasma dove è tradotto, si formano le proteine del capside (NP) e gli enzimi PB1, PB2 e PA che saranno presenti nei virioni maturi, inoltre vengono trascritte copie dell’RNA a filamento negativo che sarà il corredo genomico del virus. La maturazione di HA e NA avvene a livello del Golgi, dove vengono glicosilate, per poi essere trasportate alla membrana cellulare. A questo punto avviene l’assemblaggio del virus: anche il nucleocapside è trasportato in membrana e il virus esce per gemmazione. La proteina NA esplica a questo livello il suo ruolo: taglia i residui di acido sialico in modo da evitare interfereze tra la membrana e i virus appena formati.
Patologia
A livello cellulare il virus può causare principalmente due effetti: inibizione della sintesi delle proteine cellulari (con annessa aumento della sintesi di quelle virali) e stress ossidativo.
Il primo effetto si ha sia sulla sintesi di nuove proteine, sia sul blocco della traduzione di proteine che stanno già nascendo. Il virus agisce sul complesso proteico CBP (Cap binding protein): esso è formato da tre subuntuà: eIF4E, eIF4A ed eIF4G, che insieme formano il CBP, o eIF4F. Avviene una fosforilazione della subunità 4A e una defosforilazione di 4E, come conseguenza abbiamo una aumentata efficienza di traduzione per gli mRNA virali e un’inibizione di quelli cellulari.
Il secondo effetto è dato dalla comparsa, durante l’infezione virale, di specie reattive dell’ossigeno.
A livello clinico la malattia si presenta come una polmonite, e i sintomi sono conosciuti da tutti, tanto da essere presi a confronto con quelli di altre malattie: febbre, dolori diffusi, stanchezza, inappetenza, che però non sono causati dal virus in sé, che raramente da viremie, ma da prodotti dell’infezione, come frammenti di cellule morte o citochine di origine leucocitaria. Normalmente è autolimitante, le situazioni più gravi si trovano in pazienti già debilitati oppure in presenza di sovrainfezioni batteriche.
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