L’universo di virus e batteri

Inside Micro

14 febbraio 2008 - 11:17 am

Virus influenzale (3/3)

Vaccinazioni e trattamenti

Ogni anno, nel periodo autunnale, comincia la campagna di vaccinazioni contro l’influenza, che normalmente è indirizzata soprattutto agli anziani e ai più piccoli: il fatto che non basti un vaccino per tutta la vita come succede per molte altre malattie è dato dall’estrema variabilità del virus, che ogni anno si presenta con mutazioni sui vari antigeni che rendono inefficace la precedente immunizzazione. Il vaccino influenzale può essere formato da virus interi inattivati, da parti dello stesso o da specifici antigeni come l’emoagglutinina o la neruaminidasi. Ovviamente però, questo vaccino non mette al riparo da infezioni di altro tipo, che possono andare dal raffreddore (rhinovirus e altri), alle comunemente note come “influenze intestinali” che possono essere dati da vari patogeni sia virali che batterici (il nome è popolare, in gergo tecnico nessuno si sognerebbe mai di chiamare una gastroenterite da Rotavirus “influenza intestinale”), passando per altre polmoniti con eziologia diversa.

I trattamenti per l’influenza generalmente sono sintomatici: antipiretici per abbassare la febbre e analgesici per i dolori, la malattia è quasi sempre autolimitante. Per i casi più gravi esistono alcuni farmaci come l’amantadina e il ribavirin che agiscono inibendo la replicazione virale in vari stadi, inoltre da qualche tempo si cominciano a testare prostaglandine ciclopentenoniche.

Influenza aviaria

Il virus influenzale ha il suo serbatoio naturale negli uccelli, che normalmente non presentano i sintomi dell’infezione. E’ quindi normale, se deve nascere un nuovo ceppo patogeno per l’uomo, aspettarselo di origine aviaria. Il virus aviario che si sta diffondendo nei paesi asiatici e che qualche hanno fa è arrivato fino ai confini europei è chiamato H5N1, dal tipo di proteine Ha e Na che presenta. Porta una polmonite molto più grave del virus umano comune, con una mortalità globale che si aggira intorno al 74% (fonte). Tuttora è presente una epidemia molto diffusa in Indonesia, dove attualmente si registrano 103 morti su 127 casi (fonte). Siamo di fronte al nuovo virus pandemico, che andrà a scalzare il virus della spagnola dal suo triste primato? Alcuni sono convinti di sì, ma esistono molte ragioni per essere in pensiero, non angosciati.

Prima di tutto, se si vanno a vedere bene le statistiche, si nota che la maggior parte dei decessi è a carico di popolazioni povere, con condizioni igieniche molto scarse e in cui il contatto con animali potenzialmente infetti è quotidiano e molto stretto.
Secondo: il virus ha mostrato di seguire le rotte migratorie degli uccelli selvatici, questo porta di sicuro ad un rallentamento dell’epidemia, anche se in questo modo viaggia molto velocemente: non sono stati riportati casi, fin ora, che presentino infezione umana da parte di un uccello selvatico, ma solo da pollame domestico, quindi il virus prima deve infettare dei polli, poi può passare all’uomo.
Terzo: il contagio interumano per ora è escluso, o almeno molto difficile. Nel 99,9% dei casi ci vuole un contatto diretto con animali infetti, e questo è un altro ostacolo alla pandemia

Il vaccino per l’aviaria ancora non esiste, ma esistono studi che suggeriscono una parziale copertura anche da parte del vaccino comune, inoltre la vaccinazione permetterebbe di rendere ancora più difficile l’evento di antigenic shift, perché ostacola la diffusione del virus umano.

In conclusione, l’aviaria è una malattia per ora tenuta sotto controllo, non c’è alcun motivo di allarme, anche se non è consigliabile abbassare la guardia.

Fonti:
R. Dulbecco, H.S. Ginsberg: Virologia

http://www.who.int/eng/

http://www.flu.iss.it/vaccinazione.htm

Tags: antigenic shift, emoagglutinina, influenza, neuraminidasi, orthomyxovirus
10 febbraio 2008 - 11:35 am

Virus influenzale (2/3)

Replicazione

I diversi ceppi di virus influenzale sono tutti capaci di replicarsi nella cavità amniotica di uova di pollo embrionate , che in laboratorio rappresenta il modo migliore per la propagazione del virus; inoltre molti ceppi si moltiplicano bene in diversi tipi di colture cellulari e nei tratti respiratori di furetti e topi.
L’ingresso del virus nella cellula avviene tramite l’interazione tra la proteina HA e l’acido sialico: questo comporta l’internalizzazione del virus tramite endosoma. La fuoriuscita del virus dalla vescicola avviene dopo l’acidificazione, che causa un cambio conformazionale nell’HA, causando l’esposizione del peptide fusogeno che fonde l’envelope virale e la mambrana dell’endosoma, liberando nel citoplasma il core. A differenza di altri virus a RNA, in Orthomyxovirus la replicazione è nucleare.
PB1, PB2 e PA hanno insieme la funzione di RNA-polimerasi RNA-dipendente (RNA-trascrittasi), e trascrivono il filamento di mRNA a partire dagli RNA a filamento negativo del genoma virale. Il virus utilizza meccanismi eucariotici per aggiungere il cap e la catena di poliA, per questo motivo ha necessità di entrare nel nucleo della cellula.
L’RNA messaggero trasloca nel citoplasma dove è tradotto, si formano le proteine del capside (NP) e gli enzimi PB1, PB2 e PA che saranno presenti nei virioni maturi, inoltre vengono trascritte copie dell’RNA a filamento negativo che sarà il corredo genomico del virus. La maturazione di HA e NA avvene a livello del Golgi, dove vengono glicosilate, per poi essere trasportate alla membrana cellulare. A questo punto avviene l’assemblaggio del virus: anche il nucleocapside è trasportato in membrana e il virus esce per gemmazione. La proteina NA esplica a questo livello il suo ruolo: taglia i residui di acido sialico in modo da evitare interfereze tra la membrana e i virus appena formati.

Patologia

A livello cellulare il virus può causare principalmente due effetti: inibizione della sintesi delle proteine cellulari (con annessa aumento della sintesi di quelle virali) e stress ossidativo.
Il primo effetto si ha sia sulla sintesi di nuove proteine, sia sul blocco della traduzione di proteine che stanno già nascendo. Il virus agisce sul complesso proteico CBP (Cap binding protein): esso è formato da tre subuntuà: eIF4E, eIF4A ed eIF4G, che insieme formano il CBP, o eIF4F. Avviene una fosforilazione della subunità 4A e una defosforilazione di 4E, come conseguenza abbiamo una aumentata efficienza di traduzione per gli mRNA virali e un’inibizione di quelli cellulari.
Il secondo effetto è dato dalla comparsa, durante l’infezione virale, di specie reattive dell’ossigeno.

A livello clinico la malattia si presenta come una polmonite, e i sintomi sono conosciuti da tutti, tanto da essere presi a confronto con quelli di altre malattie: febbre, dolori diffusi, stanchezza, inappetenza, che però non sono causati dal virus in sé, che raramente da viremie, ma da prodotti dell’infezione, come frammenti di cellule morte o citochine di origine leucocitaria. Normalmente è autolimitante, le situazioni più gravi si trovano in pazienti già debilitati oppure in presenza di sovrainfezioni batteriche.

Tags: core, emoagglutinina, envelope, influenza, neuraminidasi, orthomyxovirus, RNA-trascrittasi
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8 febbraio 2008 - 11:04 am

Virus influenzale (1/3)

La fine della prima guerra mondiale coincise con una catastrofe sanitaria che portò più vittime della stessa guerra: 20 milioni di morti in meno di un anno. Tra la fine del 1918 e l’inizio del 1919 l’influenza colpì con una violenza mai vista, espandendosi rapidamente in tutto il mondo e facendo il doppio delle vittime rispetto alla guerra appena finita. Questa epidemia fu chiamata “la spagnola”, non perché fosse originata in Spagna, ma perché la Spagna era neutrale e non era sottoposta a censure sui giornali, così diede per prima la notizia. Non fu certo la prima, e nemmeno l’ultima tra le gravi epidemie di influenza, ma di sicuro fu quella che causò più danni.

Struttura e classificazione

Il virus influenzale (Orthomyxovirus) è l’agente eziologico della classica influenza stagionale, che si presenta tipicamente come una infezione delle vie aeree superiori  o con una polmonite. Sono stati isolati tre tipi di virus: A, B e C, l’ultimo dei quali molto raramente causa epidemie, inoltre esistono moltissimi sottotipi, alcuni umani, altri aviari, altri ancora che infettano altri mammiferi.
La forma e le dimensioni del virus possono essere vari, ma generalmente si presentano come sferici o ovoidali, con un diametro di circa 100 nm (qui delle foto). Il virione si presenta rivestito da un envelope lipidico su cui troviamo varie proteine strutturali (le proteine di matrice o M), non strutturali (NS) e due glicoproteine transmembrana: emoagglutinina (HA) e neuraminidasi (NA), importanti per l’adsorbimento e l’ingresso del virus nella cellula.
All’interno dell’envelope troviamo il core virale, dove è contenuto il genoma, formato da 8 molecole di RNA a singolo filamento a polarità negativa, nucleoproteine del capside (NP) associate ad essi, e tre proteine importanti per la replicazione del genoma: PB1, PB2 e PA.

Antigenicamente si distinguono delle varianti all’interno dei gruppi A e B, le quali però non sono associate tanto alla traduzione delle proteine, quanto agli zuccheri associati alle glicoproteine. Inoltre però esistono, all’interno del gruppo A, ulteriori differenziazioni che fanno riferimento alla struttura primaria delle due proteine HA e NA, dando così origine a vari gruppi di virus quali H1N1 (responsabile della spagnola), H2N2, H5N1 e così via.
Il virus influenzale può cambiare antigenicamente tramite due meccanismi: antigenic drift e antigenic shift. Il primo tipo di variazione causa i cosiddetti cambiamenti antigenici minori, e si basa sul meccanismo classico delle mutazioni puntiformi del genoma. Il secondo invece è detto anche cambiamento antigenico maggiore, ed è causato da un fenomeno di ricombinazione.

Antigenic shift. La ricombinazione virale può esistere solo nel caso in cui due virus diversi infettino la stessa cellula: nell’assemblamento dei virioni alcuni frammenti di RNA del primo virus si mischieranno con altri del secondo, dando origine così ad un nuovo virus, con caratteristiche diverse da quelli originali. Nel 1919 questo fenomeno ha portato alla pandemia che ha ucciso 20 milioni di persone: un virus umano e uno aviario si incontrarono in un ospite che poteva essere infettato da entrambi: il maiale. Dopo il fenomeno di antigenic shift avvenuto nel maiale, il virus acquistò la capacità di infettare esseri umani e di trasmettersi tra loro, senza bisogno di passaggi intermedi in altri animali.
Questa è la paura odierna nei riguardi dell’H5N1: il virus, normalmente aviario, ha acquistato la capacità di infettare anche gli uomini, ma non di propagarsi tra loro. La malattia portata dall’H5N1 è più grave dell’influenza classica, ma è di difficile diffusione, se dovesse incrociarsi con un ceppo umano ci potrebbero essere molti problemi nel contenerla.

Fonti:
R. Dulbecco, H.S. Ginsberg: Virologia

Tags: antigenic shift, core, emoagglutinina, envelope, influenza, neuraminidasi, orthomyxovirus
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