Le buone intenzioni c’erano. Ma le riforme promesse dal ministro Fabio Mussi su Università e ricerca sono ancora lettera morta. E così, anche chi all’inizio aveva dato fiducia al ministro ora comincia a stufarsi, e si lamenta delle tante promesse non mantenute.
Nel giro di poche ore sono usciti un articolo dell’Espresso (Chi ricerca non trova- La riforma in un vicolo cieco), un appello firmato da 200 ricercatori pubblicato online dal Messaggero, e una bella lettera di Margherita Hack, Francesca Matteucci e Patrizio Dimitri.
In tutti i casi la lista delle doleances è simile: la riforma promessa da Mussi è in fase di stallo, e intanto l’intera ricerca italiana rischia la paralisi.
I fondi Prin (per i progetti di ricerca di base) che pure ci sono, rimangono bloccati per un cavillo burocratico, mentre il reclutamento dei nuovi ricercatori è congelato, in attesa che vengano varate nuove norme che dovrebbero garantire maggiore trasparenza e meritocrazia.
Ma quali saranno queste norme? Non è ancora chiaro a nessuno. Mussi sta cercando una mediazione con vassalli, valvassori e valvassini che siedono nel Consiglio Universitario Nazionale (CUN) e nella Conferenza dei Rettori, che continuano ad opporsi ad ogni proposta di cambiamento sostanziale del sistema dei concorsi, in linea con la loro politica gattopardiana del “tutto cambi perchè nulla cambi”.
Da parte sua, Mussi non sembra avere le idee chiare su cosa vuole fare, e continua a cercare soluzioni estremamente farraginose che non risolveranno il problema dei concorsi e che, per ora, scontentano tutti.
Fabio Mussi ha promesso che avrebbe messo mano al sistema dei concorsi universitari e all’assegnazione dei fondi per la ricerca. Per ora di parole se ne sono sentite tante. Di fatti, praticamente nessuno.
Da qualche parte, il gattopardo se la ride sotto i baffi.
Politiche e management della ricerca
Inside Research
Mussi, se ci sei batti un colpo.
Consilium Nationalis Ricercorum
A volte ricevo comunicati stampa e inviti che sembrano pesci d’aprile.
E invece sono veri, come questo.
IL CNR, insieme al Pontificio Comitato di Scienze Storiche, ha organizzato il convengo “Futuro latino: la lingua latina per la costruzione e l’identità dell’Europa con lo scopo di:
“rimarcare la rilevanza della lingua latina nella cultura contemporanea globalizzata, il suo ruolo nella formazione dell’Europa comunitaria, la sua attualità e il suo significato per lo sviluppo scientifico e culturale”.
Fra i temi di cui i parlerà , quello delle “politiche da sviluppare al fine di favorirne lo studio e la diffusione” e “sull’interesse attuale della Cina verso questa lingua”.
Giovani che leggete: lasciate perdere l’inglese!
Imparate il latino, tanto fra un pò anche nell’impero del dragone vi accoglieranno con un “Ave!”.
Altro che innovazione, brevetti e tutte quelle inutili perdite di tempo. E’ il latino che attirerà i cervelli in fuga!
Già immagino schiere di giovani laureati cinesi, coreani, indiani, fare la fila per entrare in Italia, attirati dalla lingua di Cicerone.
Sono fra coloro che pensano che il problema numero uno della ricerca italiana non sia la carenza di fondi, ma il modo con cui vengono spesi. Queste notizie non fanno che confermarlo.
Come chiosa ci starebbero bene alcuni noti versi di Catullo, ma lasciamo perdere.
La discesa dei Mongoli
A sessant’anni suonati, il professore mongolo era quasi riuscito a piazzare il colpaccio, alla faccia dei cinquecento giovani tornati dall’estero e rimasti a bocca asciutta grazie ad un fallimentare programma governativo di rientro dei cervelli.
Mentre i giovani continuavano ad incassare pareri negativi dal Consiglio Universitario Nazionale, Aldo Colleoni, console onorario della Mongolia, peraltro italianissimo, veniva chiamato dall’ università di Macerata a ricoprire un posto da professore ordinario per “chiara fama”.
Peccato che la “chiara fama” consistesse in una vantata posizione di professore all’università Zokhiomj di Ulaanbaatar (Mongolia). Peccato che, come hanno già appurato diverse inchieste giornalistiche, non solo il curriculum di Colleoni non giustifica la chiara fama, ma non esiste nessuna università Zokhiomj.
Non è un film di Totò, è la realtà tristissima della nostra accademia. Nell’ambiente dei giovani precari la storia era ormai una barzelletta amara, di quelle che dopo non sai se ridere o disperarti. Soprattutto per il fatto che il Consiglio Universitario Nazionale, così schizzinoso sulle candidature di tanti giovani, non ha battuto ciglio su quella dell’anziano aspirante professore.
Ora il ministro Mussi ha annullato per decreto la chiamata di Colleoni, ponendo fine (speriamo) alla ridicola vicenda.
Se fosse uomo di spirito, Mussi scriverebbe anche un lettera: “Amici Mongoli, lo so che avete fatto di tutto per rimandarci il nostro amato professore, ma per favore adesso riprendetevelo e mettetelo veramente a insegnare storia e geografia a Ulaanbaatar. Lo so che avete molti insegnati di valore, ma anche noi abbiamo tanti bravi giovani da sistemare. Al limite possiamo riprendercelo se promettete di assumerne un pò voi.”
Il professore mongolo non ce l’ha fatta per un pelo, ma quanti Colleoni sono invece riusciti a mettere radici nei nostri atenei?
Tags: CNR, Colleoni, ricerca, universitàPubblicità
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