Politiche e management della ricerca

Inside Research

22 giugno 2007 - 12:30

Mussi, se ci sei batti un colpo.

Mussi(4)
Le buone intenzioni c’erano. Ma le riforme promesse dal ministro Fabio  Mussi su Università  e ricerca sono ancora lettera morta. E così, anche chi all’inizio aveva dato fiducia al ministro ora comincia a stufarsi, e si lamenta delle tante promesse non mantenute.
Nel giro di poche ore  sono usciti un articolo dell’Espresso (Chi ricerca non trova- La riforma in un vicolo cieco), un appello firmato da 200 ricercatori pubblicato online dal Messaggero,  e una bella lettera di Margherita Hack, Francesca Matteucci e Patrizio Dimitri.
In tutti i casi  la lista delle doleances è simile: la riforma promessa da Mussi è in fase di stallo, e intanto l’intera ricerca italiana rischia la paralisi.
I fondi Prin (per i progetti di ricerca di base) che pure ci sono, rimangono bloccati per un cavillo burocratico, mentre il reclutamento dei nuovi ricercatori è congelato, in attesa che vengano varate nuove norme che dovrebbero garantire maggiore trasparenza e meritocrazia.
Ma quali saranno  queste norme? Non è ancora chiaro a nessuno.  Mussi sta cercando una mediazione con  vassalli, valvassori e valvassini che siedono nel Consiglio Universitario Nazionale (CUN) e nella Conferenza dei Rettori, che continuano ad opporsi ad ogni proposta di cambiamento sostanziale del sistema dei concorsi, in linea con la loro politica gattopardiana del “tutto cambi perchè nulla cambi”.
Da parte sua, Mussi non sembra avere le idee chiare su cosa vuole fare, e continua a cercare soluzioni estremamente farraginose che non risolveranno il problema  dei concorsi e che, per ora, scontentano tutti.
Fabio Mussi ha promesso che avrebbe messo mano al sistema dei concorsi universitari e all’assegnazione dei fondi per la ricerca. Per ora di parole se ne sono sentite tante. Di fatti, praticamente nessuno.
Da qualche parte, il gattopardo se la ride sotto i baffi.

Tags: CNR, finanziamenti, fuga cervelli, MIUR, Mussi, ricerca, università
17 aprile 2007 - 00:49

La discesa dei Mongoli

Leader-GenghisA sessant’anni suonati, il professore mongolo era quasi riuscito a piazzare il colpaccio, alla faccia dei cinquecento giovani tornati dall’estero e rimasti a bocca asciutta grazie ad un fallimentare programma governativo di rientro dei cervelli.

Mentre i giovani continuavano ad incassare pareri negativi dal Consiglio Universitario Nazionale, Aldo Colleoni, console onorario della Mongolia, peraltro italianissimo, veniva chiamato dall’ università  di Macerata a ricoprire un posto da professore ordinario per “chiara fama”.

Peccato che la “chiara fama” consistesse in una vantata posizione di professore all’università  Zokhiomj di Ulaanbaatar (Mongolia). Peccato che, come hanno già  appurato diverse inchieste giornalistiche, non solo il curriculum di Colleoni non giustifica la chiara fama, ma non esiste nessuna università  Zokhiomj.

Non è un film di Totò, è la realtà  tristissima della nostra accademia. Nell’ambiente dei giovani precari la storia era ormai una barzelletta amara, di quelle che dopo non sai se ridere o disperarti. Soprattutto per il fatto che il Consiglio Universitario Nazionale, così schizzinoso sulle candidature di tanti giovani, non ha battuto ciglio su quella dell’anziano aspirante professore.

Ora il ministro Mussi ha annullato per decreto la chiamata di Colleoni, ponendo fine (speriamo) alla ridicola vicenda.

Se fosse uomo di spirito, Mussi scriverebbe anche un lettera: “Amici Mongoli, lo so che avete fatto di tutto per rimandarci il nostro amato professore, ma per favore adesso riprendetevelo e mettetelo veramente a insegnare storia e geografia a Ulaanbaatar. Lo so che avete molti insegnati di valore, ma anche noi abbiamo tanti bravi giovani da sistemare. Al limite possiamo riprendercelo se promettete di assumerne un pò voi.”

Il professore mongolo non ce l’ha fatta per un pelo, ma quanti Colleoni sono invece riusciti a mettere radici nei nostri atenei?

Tags: CNR, Colleoni, ricerca, università