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Domande all' X-fragile (Sindrome di Martin-Bell)

L’ X-fragile è un disturbo genetico ancora poco conosciuto per quanto riguarda la struttura psico-mentale e l’organizzazione bio-psicologica che sottendono ai meccanismi mentali ed ai comportamenti. Va anche tenuto in conto che, come per tutti i bambini, bisogna considerare quanto siano importanti i meccanismi che si instaurano durante il periodo dello sviluppo, che lasciano il segno e che determinano l’organizzazione definitiva che accompagnerà per tutta la vita.
Un bambino X-fragile è sicuramente un disabile ed un disadattato, ma può essere aiutato a superare le sue difficoltà che, per altro, non sono di natura prevalentemente psicologica perché è la struttura (il cervello) che gioca un ruolo fondamentale e predominante. Non dobbiamo pensare però che l’atteggiamento, il comportamento ed il funzionamento bio-psicologico non siano modificabili, se si inizia precocemente un trattamento adeguato si ha la possibilità di indurre modificazioni e modulazioni capaci di evitare quel cammino che sembrerebbe inesorabile e che porta all’insufficienza mentale grave nella pubertà.


1. Gli X-fragili hanno bisogno di modificare il loro comportamento?
Se il comportamento è disturbante, inquieto, incontrollabile e, a volte, aggressivo, questo è dovuto all’incontinenza emotiva che non ha sicuramente una origine psicologica (trauma), ma bio-funzionale. Per questo è imprescindibile un intervento terapeutico capace di contenere le scariche emotive che, per altro, non sono controllabili con l’uso di farmaci omeopatici od allopatici.

2. È utile modificare l’ambiente per adattarlo alle esigenze del bambino X-fragile?
Spesso i genitori, i caregivers e gli insegnanti sono portati a ridurre gli stimoli che provocano risposte emotive intense. Questo atteggiamento è sicuramente sbagliato. Non è l’ambiente che deve adattarsi alla disabilità; è la capacità dei terapeuti che deve indurre cambiamenti al funzionamento bio-psicologico.

3. È possibile arrivare all’adattamento del bambino?
I tempi per raggiungere questo obiettivo sono sicuramente lunghi e tanto più se non si comincia a lavorare precocemente. Ai 2-3 anni il bambino deve già cominciare il trattamento.

4. Nella scuola, è la classe che si deve adattare alle problematiche del bambino X-fragile?
Sarebbe un errore perché il bambino ha le potenzialità per potersi adeguare, alle quali non deve rinunciare perché questo porterebbe a perdere la possibilità di uno sviluppo psichico e, soprattutto, mentale.

5. Il bambino X ha modalità proprie (caratteristiche della sindrome) per apprendere?
Il bambino-x non ha in sé particolari modalità di apprendere, ma queste non vengono utilizzate correttamente perché disturbate e coartate dall’invasività delle risposte emotive e dai comportamenti inadeguati che sono supportati da modalità ossessivo-ripetitive, crisi di agitazione, attacchi di auto ed etero aggressività, rinuncia ed isolamento.

6. è più efficace un insegnamento individuale o di gruppo?
Il rapporto educativo deve essere inizialmente individuale perché il bambino-x deve sentirsi protetto, ma bisogna passare al più presto al lavoro in piccoli gruppi e poi nel gruppo completo. Bisogna assolutamente evitare che il bambino possa interpretare di poter controllare e/o imporre il proprio modello inadeguato ed emarginante.

7. Il bambino-x dimostra limiti intellettivi che rendono troppo complesso l’apprendimento?
No: questi bambini hanno una capacità intellettivo-cognitiva del tutto normale. Al contrario, molte volte possono stupire per le loro potenzialità che però devono essere utilizzate e sfruttate, mai represse con atteggiamenti o programmi riduttivi. Certamente vanno cercate e sfruttate le strategie più efficaci a favorire l’apprendimento, ma è sempre sbagliati fare riferimento a un “minus”. Questo stato si instaura solo nella pubertà e quando la terapia e gli interventi riabilitativi sono risultati inefficaci e/o inadeguati. La variabilità personale e la predisposizione ad un piuttosto che ad altro metodo didattico sono qualità di ogni bambino (anche i normodotati) e, proprio per questo, anche gli X-fragili devono essere rispettati e supportati adeguatamente.

8. Gli X-fragili possono essere motivati dal rapporto interpersonale con i coetanei?
Questi bambini cercano l’approccio ed anche il confronto, ma risultano disturbati dalla loro anormale risposta emotiva per cui è da questa che devono essere liberati e mai dal rapporto intersoggettivo. Alla relazione tutti i bambini devono essere abituati ed aiutati per poter superare i sensi di vergogna, di inadeguatezza, di inferiorità oltre che a quelli persecutori.

9. È utile fare cercare i comportamenti più vantaggiosi per una buona relazione?
Questo è un compito fondamentale per il terapeuta e/o per l’educatore. Il bambino-x deve contare sull’aiuto per capire i suoi comportamenti abnormi e perché risultino fastidiosi agli altri, ma anche supportati per scoprire quelli che, al contrario, risultano giustificanti per gli altri ed anche per Sé.

10. È possibile prevedere un ambiente (scolastico, famigliare o sociale) più favorevole per l’apprendimento o per lo sviluppo psico-affettivo e psico-cognitivo dei bambini-x?
Seppure sia evidente che l’ambiente debba essere il più possibile consono alle necessità psico-fisiche e psico-affettive (come succede per tutti i bambini che si trovano in situazione di particolare “debolezza” proprio perché in via di sviluppo), non bisogna deformare l’ambito per adattarlo alle “problematiche” di questi bambini. La particolare struttura genetica determina una particolare organizzazione cerebrale che ancora conosciamo solo approssimativamente. Il vero problema che ne deriva è quello di agire in senso terapeutico-riabilitativo il più precocemente possibile. Bisogna utilizzare la plasticità cerebrale (attiva sino ai 10 anni, come dice Levi Montalcini) per indurre quei cambiamenti che sono necessari ed indispensabili per una maturazione psichica e nervosa. Se si ovattano tutte le esperienze, se si sceglie di ridurre l’ambito dell’esperienza, se si trattano questi soggetti come disabili cronici o come “diversi”, facciamo solo il loro male, il loro danno. L’esperienza terapeutica ci induce a pensare che moltiplicando le esperienze, cercando continuamente metodologie appropriate, instaurando un approccio multiplo (terapia e lavoro di gruppo) e diversamente variegato, si ottengono risultati sorprendenti, capaci, soprattutto, di frenare e di inibire quel cammino verso l’insufficienza mentale grave che le statistiche indicano come sbocco puberale della sindrome.




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